40 operatori radiotelevisivi nazionali, 691 locali di cui 287 televisivi e 404 radiofonici: è questo l’universo di riferimento della 26esima edizione dello Studio Economico del Settore Radiotelevisivo Privato di Confindustria Radio Televisioni. Dallo scorso anno lo Studio raggruppa in un’unica pubblicazione l’analisi degli operatori radiofonici e televisivi nazionali e locali, a rispecchiare la rappresentanza associativa.
Lo Studio si basa sull’analisi dei bilanci pubblicati presso le Camere di Commercio territoriali e pertanto, oltre a limitarsi alle società che sono tenute a pubblicarli, ossia le società di capitali (sono escluse tutte le emittenti a carattere comunitario), tira la linea al 2018, poiché l’analisi dei dati di sistema (aziende nazionali e locali) attende il raggiungimento di un numero congruo di bilanci accessibili, fattore critico per le emittenti locali. Si tratta della fotografia della parte più strutturata dell’industria radiotelevisiva, all’interno della quale convivono realtà aziendali molto diverse, in un momento specifico della storia recente dove alcune riforme, fra cui quella del canone, quella dei contributi all’emittenza locale si sono inseriti in un momento di stabilizzazione del settore dopo due crisi economiche (2008 e 2012) all’interno di un mutato contesto competitivo (ascesa degli OTT).
Due anni sembrano un’era geologica, soprattutto a valle di un 2020 che è stato di forte discontinuità, economica, politica, sociale, in Italia e nel mondo, per l’irruzione della pandemia da Covid-19, con la quale stiamo ancora combattendo. Riteniamo tuttavia utile ragionare su alcuni dati della storia recente del nostro settore per capire da dove veniamo. Di seguito le maggiori rilevanze ricavabili dai primi dati macro dello studio, relativi al totale settore radiotelevisivo analizzato (radiotelevisioni nazionali e radiotelevisioni commerciali locali) sulle variabili ricavi totali, numero di operatori e occupati.
Nel 2018 i ricavi totali delle società radiotelevisive in Italia (nazionali + locali) ammontano a poco più di 9,8 miliardi di euro: la leggera flessione rispetto all’anno precedente (-0,7%), è principalmente attribuibile al comparto televisivo. Negli ultimi 5 anni (2014 – 2018), l’intero mercato era cresciuto di 241 milioni di euro circa con un tasso medio annuo pari a +0,6% sull’intero periodo, risultato in parte ridimensionato nell’ultimo biennio. Nel quinquennio hanno impattato in varia misura: la riforma del canone radiotv (2016), la riforma dei contributi per l’emittenza locale (2017), i cui effetti si leggono nel bilanci a partire dal 2018, l’andamento della pubblicità.
TV stabile, radio cresce. Il settore televisivo (Tv private nazionali + Tv di Servizio pubblico + Tv locali), che nel 2018 rappresenta circa il 94% per ricavi si attesta al di sotto della soglia dei 9,2 miliardi di euro, in calo di circa 100 milioni di euro rispetto al 2017 (-1,1%), nel medio-lungo periodo del quinquennio considerato il settore rimane sostanzialmente stabile.
Il settore radiofonico (Radio private nazionali + Radio di Servizio pubblico + Radio locali) mostra, al contrario, segnali di recupero con ricavi pari a 643 milioni circa (+5,5% rispetto al 2017), che negli ultimi 5 anni, si traduce in una crescita di oltre 70 milioni di euro ovvero un tasso medio annuo del +3,0%.
Emittenza locale si consolida. Il comparto locale (Tv + Radio) passa da 511 milioni di euro nel 2014 a 487 nel 2018: la perdita complessiva è di circa 24 milioni di euro che significa un tasso annuo del -1,2% nei 5 anni. In questo periodo, le Televisioni locali passano da 363 milioni di euro di ricavi totali nel 2014 a 304 milioni nel 2018 (tasso medio annuo negli ultimi 5 anni pari a -4,3%); le Radio locali, analogamente alle nazionali, mostrano invece un sensibile recupero che le porta nel 2018 a 183 milioni di euro (+8,9% sul 2017). A livello di emittenza locale (commerciale), la Televisione, pur maggioritaria, pesa per il 62% nel 2018, la Radio per il restante 38%, 5% circa di società sono attive in entrambi i settori. A livello di numero di operatori entrambi sperimentano dei cali (-8,3% sul 2017 Tv locali, -1,7% Radio locali).
All’interno del perimetro monitorato nel 2018 le società fallite sono 25 (erano 43 nel 2017), sono 3 (16 nel 2017) quelle incorporate per fusione in altre società, mentre quelle in liquidazione e/o in procedura concorsuale sono 81 (77 nel 2017). Una parte di società, pur non risultando ufficialmente “inattive”, non ha depositato il bilancio da diversi anni, al netto di quelle fallite e/o cessate.
Negli ultimi 5 anni le società fallite sono complessivamente circa 100 mentre quelle soggette a fusione per incorporazione sono oltre 30. L’analisi elaborata dall’Ufficio Studi CRTV permette di collocare gli operatori locali (commerciali, database CRTV) sul territorio.
Occupati. Nel 2018 il totale occupati delle società radiotelevisive attive in Italia (sia nazionali che locali, incluso l’operatore di servizio pubblico RAI), si attesta di poco al di sotto dei 25,4 mila unità, con un incremento dello 0,7% (+170 mila circa) rispetto all’anno precedente. Allargando l’analisi agli ultimi 5 anni, risulta che l’intero mercato radiotv ha perso circa 590 addetti con un tasso medio annuo del -0,6%. Le Tv locali rappresentano il comparto che ha registrato la perdita più significativa, con una contrazione delle risorse umane di oltre 740 unità (-5,4%).
Lo Studio è sviluppato nell’ambito dell’Osservatorio Nazionale previsto nel Contratto del settore radiotelevisivo privato, da cui prende il nome, in collaborazione con i sindacati Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom. L’analisi dei bilanci permette di avere dati oggettivi, verificabili e comparabili, parametri economici e industriali delle imprese monitorate, fra cui: dimensioni di impresa, margini dell’attività tipica, patrimonializzazione, occupazione, componenti dei ricavi, distribuzione sul territorio, fondamentali per i quali può attingere a dati risalenti al 1994.
ALLEGATO
26° Studio Economico del Settore RadioTV Privato (2020)