Agcom, 2021. Per il settore media necessaria una politica industriale e una regolazione equa ed efficace dell’ambiente digitale. Mancanza di una politica industriale per il settore media, in difficoltà per il contesto competitivo allargato (e da ultimo per gli effetti della pandemia), ma nonostante questo virtuoso nel rispetto del pluralismo sociale e culturale e degli obblighi di filiera. E necessità di un intervento regolamentare tempestivo, efficace e coordinato a livello continentale per rilanciare un ecosistema digitale equo: dalla presentazione solenne della Relazione Annuale 2021 dell’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni alla Camera dei Deputati è questo il commento di contesto che l’Associazione registra e che emerge, fra altri, dalla relazione di sintesi del Presidente Lasorella. Il resoconto annuale delle attività tira le fila dopo il periodo della pandemia che ha avuto effetti economici importanti sui settori monitorati dall’Autorità: per lo specifico radiotelevisivo si constata una accelerazione dei processi di mercato in atto e dei mutamenti dei consumi e delle abitudini del pubblico che richiedono un’attenta politica industriale e una gestione regolamentare attenta a tali sviluppi.
Dalla relazione, i dati delle quote TV (2019) e l’impasse della radio (2020). Sulla necessità di una politica industriale, abbiamo scelto dalla corposa Relazione che documenta attività e evoluzione dei mercati, due dati: quelli relativi agli obblighi di programmazione in opere europee e di produttori indipendenti della televisione e quelli relativi alle risorse della radio.
Il valore medio della programmazione di opere europee da parte delle emittenti nazionali è del 64%, in aumento rispetto all’anno precedente, ossia è ampiamente superata la soglia del 50% fissata dalla legge anche con riferimento alle opere europee recenti, 43%, queste ultime in linea con quello dell’anno precedente.
Fonte: Agcom, Relazione annuale 2021
Riguardo agli obblighi di investimento in produzione di opere europee di produttori indipendenti le quote risultano pari a circa il 21% (media), registrando un ulteriore, seppure lieve, incremento rispetto all’anno precedente: anche questo dato è ben superiore alle soglie minime di legge (ai sensi della normativa vigente nel 2019, 10% per le emittenti private e 15% per la concessionaria del servizio pubblico). Valori sostenuti analoghi, ben oltre le soglie previste dalla legge si registrano nella programmazione VOD (free e pay) degli operatori italiani.
Fonte: Agcom, Relazione annuale 2021
La pandemia ha prodotto effetti rilevanti sul mercato radiofonico, con una flessione del 22,7% delle risorse complessive passate da 692 milioni di euro a 535 milioni: la contrazione ha interrotto la dinamica di crescita che aveva contraddistinto il settore negli anni precedenti e per il quale gli effetti congiunturali e sociali della pandemia hanno comportato un’inversione di tendenza.
Fonte: Agcom, Relazione annuale 2021
“L’evoluzione dei ricavi evidenzia le difficoltà di un comparto strettamente correlate alle peculiarità del modello di business del mezzo, caratterizzato dalla rilevanza della pubblicità quale fonte prevalente di ricavo il cui andamento è a sua volta strettamente correlato alle fasi del ciclo economico” indica la relazione Agcom che sottolinea anche che il comparto aveva dimostrato una certa dinamicità con processi di concentrazione industriale e di ricerca di alleanze strategiche e commerciali intervenute a partire dal 2016, e con la graduale – e ancora in corso – transizione alla tecnologia digitale (DAB, DAB+ e DMB-VR): anche qui gli effetti della pandemia hanno sospeso (concentrazione/alleanze) o rallentato ulteriormente (transizione al digitale) i processi in atto.
Dati e considerazioni che devono far riflettere sul ruolo che una politica industriale può giocare per il settore radioTV (e oltre).