Semplificazione del sistema delle quote e sottoquote, abbassamento delle quote obbligatorie di investimento, revisione della definizione di produttore indipendente aggiornata alla nuova situazione di mercato che vede grandi produttori internazionali “indipendenti” o collegati a gruppi media esteri (e quindi non sottoposti alla normativa italiana) beneficiare di gran parte delle risorse destinate allo sviluppo della produzione italiana ed europea attraverso le quote e i benefici fiscali, a danno delle filiere nazionali. Queste in estrema sintesi le osservazioni e proposte contenute in una segnalazione di Agcom al Governo per una revisione di alcuni aspetti della vigente disciplina di tutela e promozione della produzione audiovisiva europea e indipendente (d. lgs. 8 novembre 2021, n. 208, Tusma, che ha recepito la direttiva SMAV novellata) e del regime di credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica e audiovisiva (legge 14 novembre 2016, n. 220, cosiddetta legge cinema), “plessi normativi distinti per genesi normativa e ambito di applicazione, ma con la medesima finalità principale: quella di incentivare la crescita e lo sviluppo della produzione audiovisiva indipendente comunitaria e nazionale” indica Agcom nel documento. La necessità di semplificazione di quote e sottoquote e la revisione della definizione di produttore indipendente sono al centro della richiesta di revisione per aggiornare la normativa al nuovo contesto tecnologico e di mercato.
La prima complessità individuata dall’Agcom riguarda il sistema delle quote e sottoquote nella normativa italiana. “Il quadro normativo stratificatosi nel tempo, prevede un complesso sistema di obblighi, di programmazione e investimento, diversificato a seconda della natura del fornitore di servizi di media audiovisivi, lineari e non, che rendono l’Italia uno dei sistemi più prescrittivi in tale ambito” aggiungendo che “si tratta di uno dei quadri normativi più impositivi e meno lineari (nel senso di complessi) tra gli Stati membri europei. […]In un’arena competitiva in cui partecipano soggetti attivi globalmente, l’eccessiva rigidità del sistema di quote e sottoquote rischia di vincolare eccessivamente l’attività dei fornitori di servizi di media italiani, pregiudicandone l’espansione e la capacità competitiva e, in ultima istanza, eventualmente influenzando gli equilibri sul mercato a livello europeo e globale, con conseguente possibile frustrazione, in ultima battuta, degli obiettivi stessi della norma. Lo spirito della normativa nazionale e della matrice europea è quello di assicurare una tutela rafforzata al comparto produttivo dell’audiovisivo e, conseguentemente, di tale obiettivo si deve necessariamente tener conto nell’ottica di una revisione della stessa2.
Le criticità individuate dall’Agcom riguardano anche la definizione di “produttore indipendente” “specialmente laddove si considerino assetti proprietari complessi o che coinvolgono società stabilite in più Paesi, facenti capo, però, ad una medesima holding. In questi casi, infatti, la verifica sulle quote di controllo, gli incroci proprietari ed i collegamenti tra diverse società può rivelarsi non agevole: inoltre, non necessariamente un produttore e l’emittente che lo controlla, o a cui può risultare collegato, operano nello stesso mercato geografico“. Al riguardo è particolarmente interessante il paragrafo 3.1 del documento di segnalazione che documenta come la distribuzione delle risorse alla luce di un mutato mercato globale della produzione dei contenuti audiovisivi veda grandi multinazionali, strutturalmente collegate o meno a gruppi media o broadcaster, beneficiare della maggior parte dei contributi previsti per il rilancio delle produzioni europee. Problematica e particolarmente penalizzante risulta la nozione di controllo prevista nella normativa italiana dove il semplice collegamento al fornitore sarebbe sufficiente ad escludere la qualifica di produttore indipendente.
“Sulla base delle evidenze sopra riportate, secondo l’Autorità emerge un’aporia nel sistema come descritto che induce a ritenere opportuno un ripensamento più generale del plesso normativo in materia, in modo da allargare la possibilità di ricorrere ai benefici fiscali previsti dal tax credit anche a produttori non indipendenti”.
L’Autorità , recitano le conclusioni, ritiene di evidenziare “la necessità di un generale ripensamento dell’impianto del sistema delle cd. Quote europee, teso a una maggiore semplificazione, flessibilità e trasparenza e al superamento del sistema di sottoquote eccessivamente prescrittivo”. Con riferimento al tax credit, il cui intento originale era volto a sostenere le piccole imprese nazionali di produzione audiovisiva, “si porta all’attenzione la problematica relativa alla dimensione internazionale dei principali destinatari attuali di tale misura che comporta un rischio di discostamento rispetto ai principi e obiettivi alla base del regime di agevolazione“.