Il convegno “Restate con noi. Storie, identità e valori nella TV che cambia” ha posto sul tavolo del dibattito anche il tema dell’algoritmo, che nei contributi degli editori tv è stato legato al valore economico, ma soprattutto sociale dell’editore. Il tema della social equity della televisione, da misurare su parametri più ampi rispetto a quelli delle quote, e dell’algoritmo, potenzialità e limiti è stato impostato da una breve introduzione del Commissario Agcom Elisa Giomi.
Giomi, Agcom: nuovi parametri per misurare la social equity della TV. “La terza accezione di “valore” riguarda la dimensione economica; a tal fine, il convegno intende riflettere sul ruolo degli algoritmi” dice il Commissario Elisa Giomi, “quella audiovisiva è un’industria strategica perché orienta e muove le leve dell’immaginario collettivo, incidendo fortemente sulla coesione sociale e sulla possibilità di includere le differenze, ancora di più in uno scenario globalizzato come quello attuale. L’interesse collettivo” – prosegue – “passa per la capacità di tutelare la varietà degli investimenti privati nel settore, prevedendo interventi pubblici solo dove non arriva il mercato nonché per la valorizzazione del ruolo insostituibile del fattore umano di fronte alla crescente automazione dei processi produttivi, in particolare attraverso iniziative di formazione per tutte le categorie”. La Giomi ha anche lanciato degli spunti su nuovi paradigmi, quali coefficiente identitario, valore di filiera, diversity e inclusione: “L’identità culturale ha a che vedere con la dimensione autoriflessiva dell’appartenenza: le quote come oggi strutturate hanno la funzione di sostenere l’industria AV, ma non di promuovere l’identità culturale”. La Giomi ha fatto riferimento ai dati elaborati dall’ Osservatorio AV europeo, che parlano per l’ AVOD, di opere USA e EU e ruolo dei blockbuster UK e provocando ha commentato: “si tratta di una rappresentazione “west”, il grande assente è il resto del mondo. Guardando al valore come social equity si parla per l’audiovisivo di valore di filiera e public value, per il servizio pubblico ma non solo, e anche di altri valori come ad es. la legalità, l’impegno civile”. Su algoritmo e produzione audiovisiva la domanda è stata: come si concilia la diversity (orizzontale e storica per es. ) e l’automazione (che tende a replicare, “more of the same” , l’inerzia dell’algoritmo)? Diverse le declinazioni di questi concetti negli interventi (si v. video), riportiamo quelle dei broadcaster TV.
DI Chio, Mediaset, l’algoritmo dell’editore. Gli algoritmi hanno a che fare con l’engagement di pubblico e stakeholder con il prodotto, ma il discorso del valore sociale e della brand reputation è essenziale per un editore televisivo, “imprenditore che abbraccia i valori e fa mediazione culturale” ha detto Di Chio, Direttore Marketing Strategico, Mediaset. “Nel mondo lineare l’editore televisivo struttura la propria offerta attraverso un’ attività di selezione, organizzazione, proposta e promozione del prodotto, di cui il palinsesto è l’esempio all’interno dei singoli canali. Nel mondo non lineare tale funzione è svolta dall’algoritmo”. Ciò premesso, ha raccontato che Mediaset si è misurata con i sistemi di raccomandazione da editore, affidandosi ad un fornitore specializzato: “Partendo dalla descrizioni dei contenuti (griglia/tag), si è svolta un’attività ciclopica – 19000 contenuti descritti attraverso metadati giunti ad accompagnare l’85% del prodotto trasmesso – su cui si è costruito un sistema di raccomandazione di mercato. La constatazione è stata che ci sono almeno 3 limitazioni: non funzionava con tutte le variabili editoriali; spesso non si comprendeva la logica dei risultati (forse esigenze fornitore, riservatezza/lavorative di esternalizzazione); infine non era editabile, per es. per spingere alcuni contenuti. Si è quindi passati all’applicazione a Mediaset Infinity, per dei sistemi di raccomandazioni e si è scelto di utilizzare un algoritmo proprietario orientato da scelte editoriali. “La scoperta è stata che esiste una narrazione dominante sulle funzionalità degli algoritmi – riduzione della complessità, neutralità, possibilità di arrivare dove neanche un esperto arriva – sono appunto narrazioni, che denunciano un approccio se non altro deterministico –“ l’algoritmo restituisce la verità, finalmente ci liberiamo dalle ipotesi/domande di ricerca” – ha argomentato Di Chio con citazioni, che ha concluso: “La metafisica dell’algoritmo sottrae dal giudizio di operatori/regolatori. La nostra esperienza è di scrittura, orientamento: siamo orgogliosi di selezionare, scegliere, offrire con parzialità e di farlo con trasparenza e mettendoci la faccia”.
Dolores. Social equity nella narrazione e nei linguaggi, curation editoriale dell’algoritmo. Marcello Dolores, Vice President Corporate Legal and Regulatory Affairs For Southern Europe, Discovery sulla social equity ha detto che nell’esperienza di Discovery nuove storie e narrazioni hanno successo solo se socialmente rilevanti – magari al tempo stesso se si tratta di temi poco trattati – e se si utilizzano nuovi linguaggi: “La scelta dei temi meno raccontati – es. diversity, tutela ambiente, consumi anche alimentari, sostenibili, flussi migratori in entrata e uscita con il linguaggio del factual entertainment, che permette un approccio leggero ma profondo, si è rivelato premiante. Sull’algoritmo” ha concluso “anche Discovery lo utilizza, soprattutto per la crescita dei servizi FAST (Free Ad Supported Television) online: anche noi abbiamo riscontrato dei grossi “ma”, nell’oggettività e nei risultati. Per questo è fondamentale una attenta “curation editoriale” dello stesso, perché l’algoritmo è uno strumento piatto, è la “curation” quella che crea lealtà, affidabilità, credibilità”.