Nella seduta di giovedi 10 marzo la Commissione VIII “Lavori Pubblici e Comunicazioni” del Senato della Repubblica si e’ pronunciata sulla “Proposta di Decisione della Commissione UE circa l’utilizzo della banda UHF 470-790 MHz nella UE (COM (2016) 43 def)”, e quindi sul rilascio anticipato della banda 700 alla banda larga mobile rispetto alle raccomandazioni contenute nel Rapporto Lamy. Tali raccomandazioni, poi fatte proprie dal RSPG, hanno prodotto un parere motivato nel merito e nella conformità ai Trattati (principi di sussidiarietà e di proporzionalità) rivolto sia alla Commissione, sia al Governo come atto di indirizzo (v. Il testo riportato piu’ avanti).
Il parere contiene elementi condivisibili (in parte ripresi da un contributo scritto richiesto agli operatori di rete DTT associati in CRTV) in quanto riconosce come il vincolo del cambio destinazione della banda 700 entro il termine inderogabile del 2020 appaia eccessivamente stringente e che sia necessario prorogarlo al 2022. Tuttavia il testo approvato contiene una non condivisibile flessibilità riconosciuta agli Stati membri nel valutare caso per caso la possibilità di utilizzare la banda sub700, oltre che per i servizi televisivi, anche per quelli mobili in modalità “downlink only”, in base alle esigenze di mercato e alla porzione di spettro effettivamente disponibile.
Tale approccio infatti non assicura alla piattaforma terrestre DTT quell’orizzonte certo per uno sviluppo sostenibile e ordinato del settore, già previsto dal Rapporto Lamy, dall’organo consultivo della Commissione in materia di politiche del radio spettro RSPG e dalla Conferenza di Ginevra WRC 2015. Tutti concordi nel ritenere che ogni eventuale, diversa e anche limitata destinazione non debba neppure essere discussa prima del 2023/2025.
La posizione CRTV-Operatori di Rete DTT sulla banda 700 rappresentata in audizione alla Camera dei Deputati: banda 700 alle telco non prima del 2022 e sub700 ai “broadcaster” fino al 2030. Transizione coordinata con i Paesi confinanti e condivisa con gli operatori nell’interesse di cittadini e imprese.
Mercoledì 9 marzo era stata invece la Commissione IX “Trasporti, Poste e Telecomunicazioni” della Camera dei Deputati, impegnata in un’analoga attivita’ istruttoria e di consultazione, a riservare agli operatori di rete DTT associati in CRTV una specifica audizione durante la quale e’ stato prodotto un articolato documento di posizione pubblicato integralmente sul sito Internet dell’Associazione:
[www.confindustriaradiotv.it/documentazione/testi].La delegazione era composta dal Presidente di CRTV Franco Siddi, dal Vice Presidente Stefano Selli, dal Coordinatore del comitato operatori di rete DTT associati in CRTV Bianca Papini e dal DG Andrea Franceschi.
L’ampio intervento del Presidente Franco Siddi ha illustrato i capisaldi del documento di posizione CRTV ricordando che un passaggio tecnologico non graduale e non coordinato costringerebbe, da un lato, gli operatori a rivedere i propri piani industriali e finanziari – in tempi stretti economicamente non sostenibili – e, dall’altro, le famiglie a sopportare i costi di un nuovo “switch-off” tecnologico. Una soluzione di sistema richiede quindi equilibrio tra disciplina tecnica, esigenze industriali e riconoscimento del valore sociale della televisione – assolutamente centrale – che, se non adeguatamente considerati e tutelati, metterebbero a rischio il sistema della tv nazionale e locale “free”. La proposta di decisione della Commissione Europea, nella sua attuale formulazione, non prende infatti nella debita considerazione le specificità dell’Italia e la sua identità culturale, non tenendo conto del ruolo e dell’importanza della TV digitale terrestre quale mezzo più efficiente, più diffuso e più capillare per la fruizione dei contenuti audiovisivi in chiaro.
Si è poi concentrato sulle richieste degli operatori di rete: rivedere il termine ultimo per il rilascio della banda 700 MHz ai servizi mobili a larga banda al 2022, conformandosi alle previsioni del Rapporto Lamy e dei gruppi internazionali di gestione dello spettro, garantendo alla piattaforma terrestre nella banda sub 700 un orizzonte certo fino al 2030, con una rivalutazione tecnologica e di mercato al 2025. Avviare, su impulso del MISE e dall’AGCom, il processo di elaborazione di un percorso di transizione condiviso con gli operatori e la relazione operosa con i Paesi confinanti (in particolare la Francia, molto avanti nel processo di transizione), attivando, sin da subito, un tavolo di confronto politico-istituzionale, in grado di governare il processo, salvaguardando le esigenze dei cittadini e delle imprese del settore.
A queste osservazioni si sono aggiunte quelle del Coordinatore del comitato Operatori di Rete DTT associati in CRTV Bianca Papini che ha risposto alle domande di alcuni parlamentari interessati a comprendere l’impatto, da un lato, sui cittadini in termini di eventuali disservizi e, dall’altro, sul mondo delle TV locali. Tra i diversi temi tecnici affrontati, – al fine di individuare una soluzione Paese – Papini ha sottolineato la necessità di accelerare il processo di naturale sostituzione dei circa 50 milioni di apparti di ricezione (TV e decoder) con interventi di sostegno e agevolazione per i cittadini chiamati a sostenere costi legati all’adeguamento tecnologico verso l’HD e UHD, in un contesto – quello italiano – ad alta intensità d’uso della piattaforma DTT rispetto al resto d’Europa. Per questo è indispensabile attivare rapidamente un tavolo istituzionale che coinvolga “broadcaster”, operatori mobili, istituzioni e utenti.
Il Vice Presidente di CRTV Stefano Selli è poi intervenuto ribadendo come CRTV chieda da tempo di definire, senza forzature, in un tavolo tecnico con il MISE e l’Autorità, una “roadmap” ragionata e ragionevole, ora resa ancora più urgente, per gestire la transizione tecnologica tenendo conto della situazione italiana. Selli ha in particolare sottolineato il valore culturale e sociale della TV. Non si può infatti sottacere che la TV terrestre è oggi largamente maggioritaria rappresentando l’unica offerta gratuita per 18 milioni di famiglie su 24 milioni e che in Europa raggiunge 250 milioni di cittadini, i quali – secondo l’impostazione della Commissione – rischiano in futuro di pagare quantomeno i costi di connessione per fruire di contenuti spesso omologati su scala globale, distanti dall’identità culturale (italiana ed europea) che viceversa va protetta e promossa, assieme ai prodotti di qualità che genera, malgrado le difficoltà che attraversa il settore.
SCHEMA DI RISOLUZIONE PROPOSTO DAL RELATORE SULL’ATTO COMUNITARIO N. COM (2016) 43 definitivo
L’8a Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) del Senato della Repubblica, esaminato, ai sensi dell’articolo 144, l’atto comunitario n. COM (2016) 43 definitivo sottoposto al parere motivato sulla sussidiarietà, relativo proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell’Unione,
premesso che:
- la proposta in esame prevede la destinazione, entro il 30 giugno 2020, ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri (WBB), della banda di frequenza dei 700 MHz (694-790 MHz), attualmente utilizzata per le trasmissioni in digitale terrestre (DTT), le quali passerebbero nella banda inferiore (470-694 MHz), dove gli Stati membri potrebbero eventualmente autorizzare anche i servizi di downlink; - con il passaggio alle tecnologie televisive digitali che utilizzano lo spettro in modo più efficiente, la banda degli 800 MHz (790-862 MHz o “dividendo digitale") è stata la prima porzione della banda di trasmissione UHF (470-862 MHz) ad essere ridestinata ai servizi a banda larga senza fili nell’Unione;
- il rapporto Lamy del 2014, richiesto dalla Commissione europea per addivenire a una posizione comune sul futuro sfruttamento della banda UHF, ha raccomandato di ridestinare la banda dei 700 MHz alla banda larga senza fili, sostenendo nel contempo il modello audiovisivo europeo mediante garanzie atte ad assicurare alla trasmissione terrestre l’accesso allo spettro della banda di frequenza al di sotto dei 700 MHz. I partecipanti alla consultazione pubblica sul rapporto Lamy svolta dalla Commissione europea nel primo semestre 2015 si sono inoltre espressi a favore di un’azione coordinata a livello dell’Unione;
- parallelamente, il gruppo Politica dello spettro radio (RSPG), istituito con la decisione 2002/622/CE e composto da esperti degli Stati membri e della Commissione europea, il 19 febbraio 2015 ha adottato un parere, anch’esso a favore di un approccio coordinato dell’Unione alla fornitura di servizi a banda larga senza fili nella banda di frequenza dei 700 MHz, considerata un contributo limitato, ancorché necessario, alle necessità della rete delle telecomunicazioni mobili (IMT), destinate ad aumentare sempre più nel prossimo futuro;
- in tale parere il gruppo RSPG al punto 1 raccomanda condizioni tecniche armonizzate e un termine comune per l’utilizzo effettivo della banda dei 700 MHz ma, contemporaneamente, al punto 3, pur raccomandando agli Stati membri di destinare il prima possibile la banda dei 700 MHz ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili (WBB), ritiene tuttavia che gli Stati membri debbano poter decidere, per giustificati motivi e senza necessità di deroga, di ritardare tale destinazione per ulteriori due anni oltre la data del 2020;
- questo margine di flessibilità non è stato però recepito nella proposta in esame, che all’articolo 1, paragrafo 1, obbliga gli Stati membri a concludere la transizione entro il 30 giugno 2020, senza possibilità di deroga;
rilevato che:
- le disposizioni contenute nella proposta in esame, pur condivisibili, non tengono nella giusta considerazione la situazione, spesso molto differenziata, dei singoli Stati membri relativamente all’utilizzo delle frequenze della banda dei 700 MHz;
- nel caso particolare dell’Italia, la situazione è molto più complicata di altri Paesi, in quanto la banda dei 700 MHz è completamente utilizzata per la televisione digitale terrestre (DTT) e ben 6 canali nazionali sono allocati in questa porzione di risorsa spettrale, a causa della ridotta diffusione della ricezione via cavo, della trasmissione via satellite limitata alla sola televisione a pagamento e di un minor grado di penetrazione della IPTV rispetto agli altri Paesi europei. I canali nazionali hanno inoltre avuto assegnati nel 2012 diritti d’uso per queste frequenze che scadranno solo nel 2032. Pertanto, il passaggio di questa banda ai servizi radiomobili non potrà che avvenire dopo la liberazione delle frequenze dai servizi televisivi e richiederà la definizione di un piano di transizione per lo spostamento degli operatori di rete nelle frequenze che rimarranno disponibili per il sistema televisivo (banda VHF-III e UHF sub-700 MHz);
- tale processo richiede necessariamente anche il coordinamento transfrontaliero delle frequenze con i Paesi confinanti, per il quale l’articolo 1, paragrafo 2, della proposta impone la conclusione entro il 31 dicembre 2017 nel caso di Stati membri dell’Unione, mentre il paragrafo 3 consente una deroga nel caso di Paesi terzi. Anche da questo punto di vista però la situazione nazionale è molto complessa, posto che l’Italia, per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, registra situazioni di notevole criticità interferenziale: in Toscana e in Liguria nei confronti della Francia, nel sud della Sicilia nei confronti di Malta e di Tunisia, Libia e Algeria, nel Mar Adriatico nei confronti di Slovenia, Croazia e Albania;
- in questo contesto, giova anche ricordare che, seppure un Paese fosse pronto a utilizzare la banda dei 700 MHz per i servizi di telefonia mobile, ma un altro confinante continuasse a trasmettere segnali televisivi su quelle stesse frequenze, le interferenze delle trasmissioni televisive (emesse da impianti più grandi e potenti) coprirebbero facilmente le trasmissioni telefoniche. Nel caso dell’Italia, è appunto quello che accadrebbe in Corsica e Costa Azzurra se la Francia, che è già molto avanti nella transizione, partisse con i servizi di telefonia mobile nella banda 700 senza un preventivo coordinamento;
- i negoziati per gli accordi di coordinamento transfrontaliero sono però difficili da realizzare, sia perché tecnicamente complessi, sia perché spesso in passato l’Italia non ha rispettato i vincoli del coordinamento internazionale, provocando continue interferenze, anche dopo il passaggio al digitale terrestre, in particolare nei confronti di Francia, Slovenia, Croazia e Malta, per cui l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) ha chiesto, anche in occasione della recente Conferenza mondiale delle radiocomunicazioni del 2015 (WRC-15), di risolvere quanto prima la situazione, liberando le frequenze oggetto di contestazione;
- l’Italia sta ottemperando alle suddette prescrizioni internazionali, attraverso il rilascio delle frequenze contestate da parte degli operatori televisivi che le utilizzano (soprattutto emittenti locali) e mediante un piano di compensazioni finanziarie e di ridistribuzione delle frequenze disponibili. Si tratta comunque di un processo complesso, che si somma ai problemi già esistenti;
- con il passaggio alle reti mobili della banda 700 MHz (corrispondente ai canali dal 49 al 60), i canali UHF a disposizione della televisione italiana si ridurranno dagli attuali 40 a 28, che dovranno essere condivisi paritariamente con i Paesi confinanti. Pertanto l’Italia avrà a disposizione, nella migliore delle ipotesi, solo 14 canali liberi gestibili autonomamente e altri 14 da utilizzare in coordinamento con gli altri Paesi;
- al fine di compensare la perdita dei 12 canali a 700 MHz e di consentire l’allocazione della totalità delle trasmissioni televisive attualmente in onda su un numero di frequenze così ridotto, tenuto anche conto delle crescenti esigenze di capacità trasmissiva richieste dalle nuove tecnologie televisive, l’Italia dovrà trasformare il sistema televisivo del digitale terrestre dall’attuale DVB-T al DVB-T2 e adottare eventualmente anche il sistema di compressione video HEVC (High Efficiency Video Coding), che consentono un uso più efficiente dello spettro. Per le ragioni anzidette, questo processo richiederà un periodo di tempo adeguato e dovrà essere precedente o almeno parallelo alla transizione della banda a 700 MHz, in quanto funzionale alla sua realizzazione;
- occorreranno inoltre adeguamenti tecnologici da parte delle emittenti, come pure l’acquisto di nuovi apparecchi televisivi da parte degli utenti: in proposito, è utile ricordare che, in Italia, dal 1º luglio 2016 potranno essere prodotti e, dal 1º gennaio 2017, potranno essere venduti solo televisori configurati per il sistema DVB-T2. Al fine di evitare inutili aggravi di costi per gli operatori televisivi e per i cittadini (in particolare per le persone economicamente svantaggiate), i due passaggi dei servizi radiotelevisivi al sistema DVB-T2 e alla banda sub-700 MHz dovrebbero avvenire in maniera coordinata o contestuale;
considerato che:
- in tale situazione, gli operatori televisivi italiani ritengono non realistico il termine del 30 giugno 2020 indicato nella proposta di decisione in esame per il completamento della transizione e chiedono di ampliare il periodo fino al 2022, al fine di consentire la definizione di tutte le problematiche dianzi ricordate (accordi per il coordinamento transfrontaliero, riassegnazione delle frequenze, adeguamenti tecnologici e passaggio al DVB-T2);
- anche gli operatori di telecomunicazioni, che sono i destinatari naturali delle frequenze della banda dei 700 Mhz liberate dai servizi televisivi, segnalano la necessità di allungare la scadenza del passaggio almeno fino al 2022, dovendosi risolvere preventivamente tutte le questioni ancora aperte in Italia in materia di frequenze, poiché in caso contrario non sarebbe garantita la piena ed effettiva disponibilità delle nuove risorse spettrali, rendendo così non conveniente l’acquisto delle stesse ed i relativi investimenti;
valutati i chiarimenti forniti dal rappresentante del Governo e gli elementi informativi trasmessi dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dalle associazioni degli operatori televisivi e delle telecomunicazioni:
tenuto conto delle osservazioni rese in sede consultiva dalla Commissione 14a;
rilevato che la base giuridica è correttamente individuata nell’articolo 114 del TFUE, che prevede la procedura legislativa ordinaria per adottare misure finalizzate al ravvicinamento delle legislazioni nazionali ai fini del funzionamento del mercato interno;
esprime, ai sensi del Protocollo n. 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea “Sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità”:
- avviso favorevole in ordine al rispetto del principio di sussidiarietà, in quanto solo un’azione europea di armonizzazione rende possibile conseguire l’obiettivo di destinare la banda di frequenza dei 700 MHz ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri (WBB), evitando divergenze negli approcci nazionali e limitando così le interferenze transfrontaliere;
- avviso contrario per quanto riguarda il rispetto del principio di proporzionalità, in quanto il vincolo della realizzazione del cambio di destinazione entro il temine inderogabile del 2020 appare eccessivamente stringente, nella misura in cui non consente di tenere adeguatamente conto della situazione specifica del settore televisivo dei singoli Stati membri - spesso molto differenziata -, imponendo quindi oneri eccessivi e sproporzionati per l’adeguamento, che potrebbero invece essere evitati consentendo un più ampio margine di flessibilità per raggiungere gli obiettivi indicati;
esprime inoltre avviso favorevole per i profili di merito, che rilevano nell’ambito del dialogo politico con le istituzioni dell’Unione, con le seguenti osservazioni:
- si condivide pienamente l’obiettivo di realizzare un rilascio coordinato, nel lungo periodo, della banda di frequenza dei 700 MHz, dalle trasmissioni in digitale terrestre ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili (WBB), riservando l’uso della banda sotto i 700 MHz per la trasmissione dei servizi televisivi;
- appare tuttavia opportuno inserire, all’articolo 1 della proposta di decisione, la possibilità per gli Stati membri di ritardare per un massimo di due anni, entro il 2022, per giustificati motivi, il suddetto processo di transizione, come proposto anche dal rapporto Lamy e dal parere dell’RSPG dedicato a una strategia a lungo termine sul futuro utilizzo della banda UHF nell’Unione europea, allo scopo di tenere meglio conto delle situazioni contingenti dei vari Stati membri e fermo restando il principio che tale scelta non dovrebbe creare alcun problema alle operazioni dei servizi di comunicazione elettronica (ECS) nei Paesi vicini entro il 2020;
- tale flessibilità è necessaria e funzionale al conseguimento degli stessi obiettivi della proposta di decisione, per consentire agli operatori di disporre di adeguate frequenze trasmissive a costi equi e proporzionati, sia nel settore dei servizi di comunicazione elettronica (dove ciò si lega anche al raggiungimento degli obiettivi dell'agenda digitale e del mercato unico digitale), sia nel settore delle attività televisive a livello nazionale e locale (dove l'ampiezza dell'offerta è anche garanzia di pluralismo e libertà di espressione);
- a tal fine, si raccomanda alle istituzioni dell’Unione europea di adottare ogni misura utile a facilitare la rapida definizione dei necessari accordi di coordinamento transfrontaliero per la risoluzione dei problemi interferenziali, sia tra gli Stati membri, sia tra questi ultimi e i Paesi terzi;
- in relazione all’articolo 4, paragrafo 2, della proposta, si ritiene corretto che gli Stati membri possano valutare caso per caso la possibilità di utilizzare la banda di frequenza 470-694 MHz, oltre che per i servizi televisivi, anche per quelli di downlink, in base alle esigenze di mercato e alla porzione di spettro effettivamente disponibile;
- si rileva poi che, in relazione alla riallocazione delle trasmissioni televisive nella banda sotto i 700 MHz, la proposta di decisione dovrebbe prendere in considerazione anche forme di compensazione per i costi di acquisto dei nuovi apparecchi televisivi da parte delle persone economicamente svantaggiate e per le spese di investimento sostenute dalle emittenti per i necessari adeguamenti tecnologici, in conformità con le norme sugli aiuti di Stato nell’Unione europea;
- si raccomanda infine al Governo italiano, nell'ambito delle sue competenze, di avviare da subito ogni iniziativa necessaria per coinvolgere tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, al fine di definire, entro la scadenza del 30 giugno 2017 prevista dal provvedimento in esame, il piano nazionale per la riassegnazione delle frequenze.
Il presente atto è da intendersi anche quale atto di indirizzo al Governo ai sensi dell’articolo 7 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.