Con la sentenza 7708/19 la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Milano e ha posto fine ad un risalente contenzioso tra RTI e il gigante Yahoo!. La suprema Corte ha affermato alcuni principi estremamente importanti al fine di individuare la responsabilità dell’hosting provider, fissando in particolare, alcuni paletti alla presunta “non responsabilità” dell’hosting provider passivo per i contenuti messi in rete dagli utenti, ai sensi dell’art. 16 D.lgs. 70/2003(responsabilità nell’attività di memorizzazione delle informazioni-hosting).
La sentenza ha intanto escluso che in capo a Yahoo! fossero ravvisabili i requisiti del c.d. hosting attivo: mancavano nella specie, secondo la Suprema Corte, le condotte attive che si sostanziano in un concorso del provider nell’illecito; la stessa Corte ha riconosciuto, in generale, sussistente la responsabilità dell’hosting provider “passivo” laddove questi non abbia provveduto all’immediata rimozione dei contenuti illeciti ricorrendo tre condizioni: a) conoscenza legale dell’illecito; b) illiceità della condotta ragionevolmente constatabile; c) sia stato reso edotto in modo sufficientemente specifico per potersi attivare utilmente.
Per quanto riguarda, in particolare, la conoscenza dell’illecito, è stato escluso che occorra una formale diffida del soggetto leso, bastando una comunicazione che consenta al provider di verificare, con la diligenza che è lecito attendersi da un operatore professionale, l’esistenza di manifeste violazioni dei diritti altrui.
La parola passa ora alla Corte d’Appello di Milano, quale giudice di rinvio, che dovrà valutare se, al tempo dell’illecito, vi fosse la possibilità tecnica per Yahoo! di individuare i video illeciti mediante i dati trasmessi a suo tempo da RTI (che aveva indicato i programmi da cui erano stati tratti, ma non gli url dei video).
La sentenza è rilevante in quanto, pur facendo rientrare il motore di ricerca Yahoo! nel generale regime di esenzione di responsabilità previsto per gli hosting provider passivi, ha affermato il principio per cui anche questi ultimi, se hanno la possibilità di intervenire ragionevolmente sui contenuti, non possono sottrarsi all’obbligo di rimuoverli se manifestamente illeciti.