L’intervento di Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione Mediaset, si è concentrato sull’importanza per gli editori radiotelevisivi di mantenere una intermediazione autorevole e credibile con l’utente, facilitando tutte le forme di contatto attraverso terminali, piattaforme e servizi gratuiti che rinsaldano questo patto di fedeltà. Dopo aver ricordato i grandi risultati della declinazione in rete dei contenuti del Gruppo (es. TGCom, secondo sito di informazione), la Nieri ha sottolineato come la forza e l’impegno di Mediaset vadano nella direzione di valorizzare i punti di forza degli editori radiotelevisivi: “la nostra cifra è quella di avere mantenuto comunque una intermediazione con il nostro utente, lavoriamo per continuare a mettere l’ accento sulla credibilità e l’ autorevolezza e per arricchire l’esperienza di visione e di servizio ai telespettatori e gli utenti pubblicitari. La nostra strada è puntare sui grandi eventi locali, intesi come nazionali, offerti al pubblico attraverso una distribuzione massiva in tutte le declinazioni free”. Secondo la Nieri l’investimento del gruppo nella transmedialità documentata dal rapporto si sostanzia in una nuova nuova customer experience lineare e non: “abbiamo preso l’occasione dei mondiali di Russia per lanciare Mediaset Play multi piattaforma presente sia sul main screen dove c’è l’esperienza quotidiana classica, che sulle applicazioni mobili (tablet, smartphone., ecc.) Tutta la nostra attenzione è dedicata a questo mix: continuare a essere quelli che siamo con questa capacità di mantenere intorno ai nostri marchi una percezione di affidabilità sia per quanto riguarda l’informazione che per i contenuti in generale. Questo mix secondo noi è la modalità con cui la televisione sviluppa una resilienza importante nella competizione con i grandi player della OTTV”.
Riguardo alla disintermediazione nella comunicazione politica, pratica invalsa anche oltreoceano (Trump) attraverso la condivisione social di messaggi estemporanei, che secondo il Rapporto è apprezzata da metà degli italiani, la Nieri ha messo in guardia: “la disintermediazione non è neutra, dietro questa comunicazione diretta tra politico e elettori non c’è uno spontaneismo, ci sono delle organizzazioni straordinariamente sofisticate che fanno sì che questi tipi di messaggi arrivino profilati per cluster di 3-5 persone con metodologie mirate a creare consenso”: un monito in vista delle prossime elezioni europee.
Copyright a tutela della creatività per le future generazioni.
Colpita dalla bassa sensibilità degli intervistati nei confronti del copyright solo il 7,5%, al nono posto fra le criticità di internet, la Nieri ha dichiarato: “evidentemente non abbiamo saputo comunicare cosa c’è dietro al Copyright e quello che sta succedendo”, che dopo aver richiamato la massiccia e aggressiva campagna di disinformazione attuata dalle piattaforme a cavallo dell’estate sul voto del Parlamento Europeo ha aggiunto: “con la revisione della direttiva si vuole ottenere solo che i siti che hanno come loro obiettivo di mettere a disposizione dei contenuti, che poi sono sostanzialmente due Facebook e Google debbano ottenere delle licenze (economiche o non) per contenuti protetti da diritto di autore. Chi produce tali contenuti deve potere richiedere un pagamento o controllarne la diffusione. Non si tratta di un attacco alla libertà di espressione in Rete“. Sul “filtraggio preventivo” richiesto alle piattaforme, che peraltro non esiste nell’ultima versione del testo della direttiva che ora è in discussione al Trilogo (Commissione, Consiglio e Parlamento UE), ha aggiunto “Il filtraggio non è altro che un ulteriore algoritmo che le aziende internet applicano quotidianamente ma non vogliono utilizzare per il copyright nonostante tutte le informazioni riguardo ai contenuti, protetti e non, le abbiano”. Non si è riuscito a comunicare efficacemente cosa significa estendere la tutela del copyright alla Rete, ma soprattutto a comunicare le eventuali conseguenze sulle future generazioni: “si parla di contenuti generati dagli utenti che circolano liberamente: ma nessuno pagherà per la capacità creativa di chi li ha generati. Inoltre si prosciugheranno le risorse che afferiscono al il modello di business dell’audiovisivo soprattutto europeo che prevede che chi produce contenuti reinvesta in ulteriori contenuti “originali”, ossia che appartengono al sistema di valori identitari”.