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Censis 15° Rapporto. Tagliavia (Rai), gli influencer, media company tascabili

15 Ottobre 2018

Aumento dell’uso di internet, ma anche del consumo di tv su web e social, estensione della reach della radio via web e radiovisione, conferma della cesura generazionale nella dieta mediatica degli italiani: come ogni anno il Rapporto sulla Comunicazione del Censis, giunto alla sua 15esima edizione, registra i movimenti nei consumi dei media e ne interpreta le “trasformazioni indotte nel corpo sociale del Paese”. La presentazione odierna del Rapporto, a Roma è stata seguita dal dibattito in sala presenti, fra gli altri Gina Nieri (Mediaset), Paolo Tagliavia (Rai), Massimo Porfiri (TV 2000).

L’intervento di Tagliavia Chief Digital Officer della RAI si è incentrato sulla morte dello star system come tradizionalmente inteso e sulle caratteristiche delle nuove star della Rete.  In apertura Tagliavia ha confermato l’avanzata dei consumi digitali   degli italiani documentata nel rapporto è  in assoluta aderenza rispetto all’esperienza sul campo in Rai: “il mondo dei media digitali è in fase di maturazione. Rispetto ai due pilastri fondamentali della nostra attività di ogni giorno, la distribuzione dei contenuti e i contenuti stessi, l’anno scorso il Censis aveva messo molta enfasi sulla parte distributiva (algoritmo, modalità di distribuzione), quest’anno ritorna la centralità del contenuto”. E prosegue: “mentre fino all’anno passato la nostra comunicazione aveva bisogno di una serie di elementi di spiegazione di che cosa è un sistema OTT o  un prodotto on demand, appesantita da elementi “di servizio” (ad es. sul sistema operativo dell’ applicazione, su quale store si può trovare url), per spiegare dove si trovava il nostro RAI Play, in soli dodici mesi queste modalità fruitive si sono consolidate e una parte crescente della popolazione ha preso coscienza dell’ esistenza di questi servizi nuovi servizi; finalmente ora si torna a parlare del contenuto come elemento di differenziazione competitiva”. Quindi il discorso si è concentrato sullo star system tradizionale e gli influencer del web, partendo dalla definizione di stella mutuata dall’astronomia: una stella è lontana e ‘brilla’, si guarda dal basso verso l’alto, a volte si vede a volte no: “tradizionalmente Il gioco tra assenze e presenza è stato un elemento fondamentale nello star system, per evitare quella che oggi sembra una parola assolutamente dimenticata che è la sovraesposizione.

Censis Media 2018

La cesura è nata in TV, ricostruisce Tagliavia, con il “Grande Fratello” seguito dall’ ”Isola dei Famosi” e altri reality e ora è sul web: persone qualunque osservate nella loro quotidianità (la stanzetta per i social), sovraesposte per scelta (chi non si espone e comunica nel mondo social è morto); assente l’elemento aspirazionale,  a favore della ‘autenticità’ del personaggio, in una proiezione social assolutamente artefatta (si pensi al selfie); fondamentale infine, la tempestività (il fatto di postare per primo fa una grandissima differenza). Tali caratteristiche “costitutive” dei nuovi personaggi invitano a ragionare su quale modello di business attivano. Secondo Tagliavia “un influencer non è altro che una media company tascabile, perché controlla i mezzi di produzione, (basta un telefonino), controlla la distribuzione (i social media creano una fan base direttamente);  scrive (può avere un autore di riferimento ma quando comincia scrive, sempre); e monetizza: sul product placement è a tutti gli effetti dei competitor): nel settore food e moda gli influencer hanno dei bilanci che sono più interessanti di alcune media company tradizionali”. Questi nuovi personaggi, che sono “cultori dei contenuti ‘caldi’ – cioè contenuti che hanno dei picchi di rilevanza e poi sostanzialmente scompaiono, anche dal punto vista distributivo (si pensi alle storie su Instagram) – che tipo di scalabilità hanno dal punto di vista della produzione dei contenuti ‘freddi’?” Si domanda Tagliavia: “per contenuti ‘freddi’ intendiamo contenuti scritti, che possano essere appetibili per il cinema, per la televisione o per gli stessi OTT: questo è il grande tema. Perché se la loro notorietà è evidente, sul fatto che questi contenuti possano essere patrimonializzati c’è invece un grosso punto interrogativo”.

 

 

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Tags | Censis, Rai, Rapporto sulla Comunicazione
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