Tema centrale per radio e TV è gestire l’accessibilità (intesa come discoverability) e la preminenza nell’ambiente digitale e connesso partendo dei punti di forza dei mezzi: la varietà, la professionalità, la diretta. Sono due le ricerche del Censis presentate in questi ultimi giorni: il 17esimo rapporto sulla comunicazione in Italia denominato “ I media dopo la pandemia” e “La transizione verso la radiovisione”, secondo rapporto dedicato alla radio e la radiovisione. Entrambe le ricognizioni, effettuate con interviste a campioni rappresentativi della popolazione italiana, constatano l’accelerazione dello spostamento dell’utenza italiana verso la rete durante e dopo la pandemia, con conseguente accresciuto ruolo dei grandi disintermediatori, OTT e social. Ma riconfermano al tempo stesso il ruolo dei media, radiotelevisivi per il nostro specifico, poichè offrono contenuti diversi e plurali, ideati e programmati da professionisti responsabili, e per questo autorevoli, legati alla nostra cultura, storia, territorio, e riconoscibili. È questo il punto di forza da cui ripartire per gestire il cambiamento già in atto della personalizzazione nell’ambiente connesso e social, ma reso repentinamente strutturale per fasce allargate della popolazione.
Il 17esimo rapporto sulla comunicazione parla di accentuazione del paradigma biomediatico della comunicazione. Una comunicazione socializzata dalla condivisione in rete sempre più pervasiva. La rete avanza, soprattutto sui device che più facilmente permettono connessione, personalizzazione e socializzazione, come smartphone e smart TV. Ma in tempo di crisi, come è successo durante l’emergenza Covid le scialuppe di salvataggio nel mare magnum della Rete si sono confermati i media “tradizionali”: è quanto sostiene Gina Nieri, nel suo intervento a commento del 17esimo rapporto sulla comunicazione (ma su questo tema si era espresso a più riprese anche AGCOM), che aggiunge che, a fronte di una concorrenza pressante di entità globali che dettano le proprie regole privatizzando spazi pubblici (come quelli politici, ad es. l’ascesa e l’isolamento di Trump) o privati (violazione e manipolazione di dati sensibili, è il caso Facebook), urge trovare regole che gestiscano questi nuovi spazi informativi. Il problema è etico, ma anche competitivo, ha detto la Nieri, agli editori radiotelevisivi, ai quali deve essere garantito il diritto di competere nell’ambiente digitale. Sulla stessa linea, necessità di una politica che protegga i broadcaster nazionali, anche Roberto Nepote, direttore Marketing Rai intervenuto al convegno per l’emittente di servizio pubblico. Fra i convenuti, oltre ai rappresentanti del Censis, anche Vincenzo Morgante, direttore di rete e delle testate giornalistiche di Tv2000.
Verso la radiovisione. Più di 4 milioni di italiani seguono ogni giorno la radio dagli schermi televisivi. + 4,7% nel primo semestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019, saltuariamente sono oltre 11 milioni. Più di 5 milioni nell’ultimo anno e mezzo hanno scoperto per la prima volta la radiovisione sugli schermi televisivi, e sono oltre 19 milioni quelli che seguono i programmi radiofonici da device diversi da quelli tradizionali. Complessivamente l’81,4% degli italiani è convinto che la “radiovisione” sia un vero e proprio nuovo media che combina i contenuti di qualità della radio con la visione in diretta su una molteplicità di schermi: televisore, pc, tablet e smartphone.
Sono queste le principali evidenze dell’approfondimento del Censis sulla cosiddetta radiovisione, approfondimento che giunge quest’anno alla sua seconda edizione. Nel convegno che si è svolto in data odierna, oltre ad esponenti del Censis, Luca Bernabei, Amministratore Delegato Lux Vide, che come noto ha di recente iniziato una collaborazione produttiva con RTL 102.5 per la produzione di podcast. Il produttore di grandi serie fiction di portata internazionale ha nel portfolio della nuova divisione creata a questo scopo: i podcast nascono da alcune delle serie più iconiche della Lux Vide, ma sono previste anche nuove storie originali di fiction radiofonica. Al grande network commerciale, che ha avviato la partnership con la Lux Vide si deve il conio del termine “radiovisione”, inteso come palinsesto audiovideo ad hoc che si affianca alla programmazione radiofonica.
La pubblicazione del rapporto è anche l’occasione per fare un carotaggio sullo stato di salute del mezzo radiofonico, per il quale si constata una rinnovata affezione degli italiani – per l’82,6% degli italiani la fiducia nella radio è rimasta invariata nell’ultimo anno, per il 6,1% è aumentata e più di tutti gli altri media (tv, + 5,8%, stampa +2,7%, web solo per il 2,5%); un’ottima reputazione, basata sul riconoscimento della qualità e autorevolezza dei contenuti, declinati su vari “generi” fra cui spiccano per interesse le notizie di politica nazionale al primo posto al 40,1%.
Ma forse la rilevanza più interessante del rapporto è quella relativa a quello che potremo definire il valore aggiunto radiofonico, che in estrema sintesi si sostanzia nella professionalità degli editori radio (a fronte della personalizzazione algoritmica), e il live come occasione di socializzazione. Secondo l’indagine Censis, infatti, il 63,1% degli italiani è convinto che il futuro dei contenuti audio non saranno le piattaforme online di musica, che offrono lo streaming on demand di brani selezionati in base ai gusti personali dell’utente (la pensa così anche il 51,7% dei più giovani). Si apprezza la professionalità delle redazioni radiofoniche (90,1%) che offrono palinsesti di musica alternata a contenuti informativi, e che mantengono un contatto diretto e personale con il loro pubblico attraverso la programmazione live (85,2%).