AGCM, Relazione Annuale, sono questi i due temi di apertura del discorso del Presidente dell’Autorità Roberto Rustichelli durante la presentazione al Senato. “Sin dalla presentazione della mia prima relazione annuale nel luglio 2019 ho posto con forza un tema, quello della concorrenza fiscale sleale tra Stati membri, che costituisce uno dei più gravi fattori di distorsione di quel level playing field, che è a fondamento di una competizione equa. Il danno arrecato agli Stati che producono valore dal dumping fiscale posto in essere da taluni Paesi europei, divenuti oggi dei veri e propri paradisi fiscali con l’euro, si è ancor più aggravato. Secondo un’analisi recente1 , sono 27 i miliardi realizzati nel 2018 in Italia dalle multinazionali e spostati nei paradisi fiscali europei; 40 quelli spostati dalla Francia; 71 i profitti sottratti alla tassazione in Germania. A beneficiarne quasi sempre sei Stati: Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Belgio, Cipro e Malta, mentre l’Europa è la principale vittima dell’elusione delle grandi società, con oltre il 35% dei profitti spostati dal Vecchio Continente, a fronte di meno del 25% dagli Stati Uniti” E’ questo l’esordio del Presidente dellìAGCM Rustichelli ad illustrazione del primo punto della relazione annuale delle attività.
Global Tax e il tema dell’equità fiscale. A venire in rilievo è anche il dumping sul piano contributivo e delle tutele del lavoro proveniente da alcuni Paesi dell’Est Europa, continua il Presidente, che aggiunge che “il persistere di tali fenomeni contrasta in radice con il principio di solidarietà voluto dai Padri fondatori dell’Unione Europea e rischia di compromettere il progetto europeo”. Nella relazione si ricorda quanto uscito a margine del vertice del G20 tenutosi a Venezia lo scorso luglio, che si è concluso con un accordo di massima per l’introduzione di una global minimum tax pari ad almeno il 15%, che sebbene rappresenti un passo avanti nel contrasto al comportamento delle multinazionali e dei paradisi fiscali, non risolve fino in fondo il problema della concorrenza sleale all’interno dell’Unione Europea. “Non può continuare ad esistere un sistema nel quale si consente alle multinazionali di operare sfruttando le infrastrutture e i servizi pagati dai cittadini, senza dare il proprio contributo attraverso il pagamento delle tasse nei paesi ove viene prodotto il valore. Per di più, sempre più spesso il risparmio fiscale non si traduce in investimenti per aumentare la produttività, ma viene utilizzato a beneficio degli azionisti attraverso la corresponsione di lauti dividendi ed il riacquisto di azioni proprie”.
Nei mercati digitali one size does not fit all. La necessità di rafforzare la competizione e l’equità nei mercati digitali è il secondo tema trattato. “Le piattaforme digitali sono ormai divenute uno snodo fondamentale per gli utenti commerciali che intendono raggiungere i consumatori online e alcune di esse sono arrivate a godere di un potere di mercato consolidato e duraturo, che conferisce loro la facoltà di agire slealmente nei confronti dei soggetti che con esse si interfacciano. La concorrenza ne risulta spesso compromessa e, di conseguenza, i servizi innovativi generati dai concorrenti commerciali delle piattaforme potrebbero non giungere al consumatore, o il processo di accesso agli stessi da parte dei consumatori potrebbe essere rallentato, con conseguenze negative sul benessere individuale e collettivo” indica il Presidente, che prosegue affermando che pur apprezzando l’iniziativa assunta dalla Commissione Europea nel dicembre 2020 con le proposte del Digital Markets Act e del Digital Services Act, esistono ampi margini di miglioramento sull’attuale testo del DMA presenta ampi spazi di miglioramento. Fra le maggiori criticità individuate dell’Antitrust al riguardo, si è soffermato a ribadire che “il digitale non è un settore ma una tecnologia che pervade tutta l’economia, per cui è discutibile un approccio one size fits all, con l’introduzione di regole uguali per tutti di fronte a modelli di business molto diversi”; e ad indicare come la nuova disciplina europe proposta tenda a privilegiare un modello di enforcement centralistico, imperniato sulla competenza esclusiva della Commissione, non tenendo in debito conto delle esperienze delle autorità nazionali e delle forme di collaborazione sovranazionale sviluppate livello europeo, quale ad es. lo European Competition Network- ECN nell’applicazione condivisa delle regole europee di concorrenza.
All’interno della relazione si segnala il focus dedicato alle piattaforme digitali delle big tech e il ruolo predominante acquisito all’interno del mercato (si v. immagine che segue, p. 31 e 32 della Relazione).