Il ruolo del gestore di un sito di condivisione è neutrale solo in assenza di qualsiasi attività di catalogazione, indicizzazione e organizzazione del materiale diffuso illegalmente. La responsabilità è connessa al tipo di organizzazione adottato e al fatto che quest’ultima consenta, o non prevenga abbastanza, la violazione del copyright. Con due recentissime pronunce il Tribunale di Roma, entrambe su ricorso del gruppo Mediaset, è intervenuto su due casi di utilizzo di materiale televisivo protetto da copyright da parte di piattaforme on-line esplicitando alcuni importanti profili di responsabilità.
Nel caso affrontato nella prima pronuncia (n. 1049 del 20.1.2021), la società convenuta in causa gestiva una piattaforma video sharing che consentiva la condivisione di filmati e di altri materiali da parte degli utenti. Alcuni dei video condivisi erano in realtà rappresentati da programmi televisivi di proprietà di una emittente italiana, che ha agito per la rimozione degli stessi e il risarcimento del danno.
L’impresa che gestisce il portale ha eccepito di essere un semplice Internet Service provider passivo, esente da responsabilità per i contenuti condivisi da terzi. Il Tribunale, dopo aver ampiamente richiamato i riferimenti normativi e giurisprudenziali in materia, ha rigettato l’eccezione, affermando che la consapevolezza di condividere un’opera protetta dal diritto d’autore implica la piena responsabilità del provider che con il proprio portale consente di violare questo diritto. Inoltre, nel corso del giudizio è stato accertato che la piattaforma effettuava alcune attività di catalogazione e indicizzazione che hanno contribuito alla diffusione dei contenuti illeciti, rendendo notevolmente più facile all’utente individuare i contenuti cercati tra milioni di documenti; e che non è stato posto in essere alcuno sforzo per impedire l’ulteriore caricamento di estratti dai programmi dell’emittente, nonché l’eliminazione di quelli già presenti.
Assai interessante da un punto di vista strettamente giuridico è che il Tribunale abbia rilevato una consapevolezza della convenuta rispetto a quanto accadeva, evidenziando che la situazione non sarebbe stata diversa se si fosse ritenuta sussistere una semplice negligenza ovvero altro titolo di responsabilità colposa: anche se la piattaforma venisse considerata hosting passivo, insomma, sarebbe comunque responsabile, secondo i Giudici per comportamento omissivo gravemente colposo. È stata quindi ordinata la rimozione dei programmi di proprietà dell’emittente attrice, ed è stata fissata una penale per ogni eventuale reiterazione della condotta ed è stato fissato il risarcimento dei danni.
Non meno interessante è la sentenza 1194/21 del 28.12.2020 sempre del Tribunale di Roma. Il caso è identico a quello visto in precedenza, ma le questioni giuridiche emerse sono leggermente differenti. È stata innanzitutto affermata la giurisdizione del Giudice italiano anche se la piattaforma coinvolta ha sede in Francia, in base al principio per cui è il Foro del danneggiato che determina il Giudice cui rivolgersi. Risolta questa questione preliminare, nel merito, la piattaforma si dichiarava estranea alla violazione di copyright tramite la condivisione dei programmi soggetti a diritto d’autore, in quanto avrebbe fornito un mero servizio tecnico senza avere conoscenza della registrazione dei contenuti.
Per affrontare il tema i Giudici romani hanno innanzitutto rilevato che esso pone il problema del rapporto tra libertà di comunicazione, garantita dal libero accesso ai portali internet, ed esigenza di tutelare il diritto d’autore, vista la facilità con cui ogni contenuto può essere memorizzato sul portale. Nel caso esaminato si è ritenuto che in tale dialettica dovesse prevalere il diritto d’autore; inoltre si è affermato che, per ritenere che il provider sia a conoscenza dell’uso illecito della piattaforma attuato dagli utenti tramite la diffusione di contenuti in violazione degli altrui diritti di proprietà e d’autore, non occorre sussista un caso clamoroso, in cui le imprese intervengano attivamente sui contenuti incoraggiando la violazione, ma è sufficiente che l’organizzazione del sito sia tale da consentire e facilitare la selezione e il raggruppamento dei contenuti illecitamente memorizzati. Nel caso di specie è stato ritenuto che la convenuta fosse in grado di intervenire anche sul processo di catalogazione e indicizzazione dei contenuti dei singoli documenti. Anche in questo caso sono stati ordinati la rimozione dei programmi risarcimento dei danni è una penale per la reiterazione delle condotte.
Si conferma quindi l’orientamento estremamente rigoroso del Foro Romano in tema di violazione del copyright sulle piattaforme on-line; in particolare pare che giudici abbiano ben presente che il ruolo neutrale e privo di responsabilità del gestore del sito di condivisione è riscontrabile solo laddove manchi qualsiasi attività di catalogazione indicizzazione organizzazione del materiale.
È noto che tali elementi sussistono quasi sempre, perché sono funzionali alla raccolta di pubblicità, fonte di lucro per gli operatori online. Anche sotto il profilo della prova della violazione le sentenze appaiono favorevoli alle ragioni di coloro che agiscono per la tutela del proprio diritto d’autore: viene infatti chiarito che è sufficiente, perché sorga il dovere di rimozione del contenuto vietato, che vengano comunicati alla responsabile i nomi dei programmi condivisi illecitamente, e non i singoli URL; ciò in quanto per la piattaforma è agevole procedere alla rimozione semplicemente usando il proprio motore di ricerca. È di grande interesse infine il fatto che non venga considerato rilevante l’elemento soggettivo della condotta, doloso o colposo che sia; pare infatti che, dalle sentenze qui commentate, emerga una figura di responsabilità dell’operatore connessa al tipo di organizzazione adottato e al fatto che quest’ultima consenta, o non prevenga abbastanza, la violazione del copyright.