L’audizione di Cardani alla Camera sulla proposta di legge. Favorevole alla creazione della commissione parlamentare di inchiesta, legge, co-regolazione e coordinamento sovranazionale per contrastare un fenomeno complesso per impatti sulla formazione dell’opinione pubblica, la pluralità dell’informazione, la pubblicità. Questo in estrema sintesi i contenuti dell’audizione del Presidente dell’AGCOM Angelo Marcello Cardani presso la Camera dei Deputati Commissioni riunite IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) e VII (Cultura) nell’ambito dell’esame delle proposte di legge C. 1056 e abb., sull’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla diffusione intenzionale, seriale e massiva di informazioni false.
DI particolare interesse dall’audizione – che si svolge su 17 pagine, ricca di riferimenti alle azioni intraprese dall’Autorità sul tema, da sole e in collaborazione con altre istituzioni (es. Garante Privacy e Antitrust per l’indagine sui Big Data, o Erga) – la descrizione del fenomeno della disinformazione online.
Viralità impatto, e business sottesi alla disinformazione online.“La disinformazione online rappresenta una particolare distorsione dell’informazione, caratterizzata da contenuti informativi, anche sponsorizzati, artatamente creati in modo da risultare verosimili, contraddistinti non solo dalla falsità dei fatti, ma anche dalla loro contagiosità, nonché dall’intenzionalità nella loro pubblicazione. Il contenuto viene costruito attorno a un messaggio con il preciso scopo di ingannare il pubblico per arrecare danno a un soggetto o affermare/screditare una tesi ed è suscettibile di diffusione massiva mediante le piattaforme online, anche attraverso spamming o tecniche e sistemi automatici (ad esempio i bot), atte a rendere virale la propagazione”.
Criticità: pluralismo informativo, filiera dei contenuti fake, pubblicità. “La particolare attenzione alla disinformazione online è legata ad alcuni fattori che la contraddistinguono. Innanzitutto, essa presenta un livello di problematicità più elevato nella prospettiva di tutela del pluralismo informativo, considerate le ricadute negative che il fenomeno può generare sulla formazione dell’opinione pubblica, legate alla capacità polarizzante, al radicamento, alla capillarità della diffusione e alla persistenza nel tempo dei relativi contenuti. In secondo luogo, la disinformazione online è caratterizzata dall’emergere di un preciso modus operandi, che assume una forte strutturazione tanto da configurare una vera e propria filiera dei contenuti fake, articolata in fasi successive (creazione del messaggio, produzione del contenuto, distribuzione e valorizzazione dei contenuti), che coinvolgono una pluralità di soggetti, prevedono una serie di attività e risorse economiche e tecnologiche dedicate. In particolare, dalla casistica concreta si è osservato come esistano delle precise strategie di disinformazione online, che si contraddistinguono perché promosse non da singoli individui, ma da vere e proprie organizzazioni, temporanee o stabili, accomunate da interessi specifici, mosse da precisi obiettivi di natura economica o politico-ideologica, con dotazioni finanziarie, tecnologiche e organizzative e target di destinatari ben individuati che danno vita non a singoli sporadici episodi, ma a vere e proprie campagne di disinformazione caratterizzate da una serie di pubblicazioni e/o ri-pubblicazioni di contenuti fake. […] Le trasformazioni intervenute nel settore pubblicitario, agevolate dall’evoluzione tecnologica, hanno contribuito alla creazione di un contesto ideale nel quale i contenuti di disinformazione sono utilizzati per attirare risorse pubblicitarie.”
Disintermediazione a fini pubblicitari e ottimizzazione algoritmica della diffusione dei contenuti sulle piattaforme social. “In tal senso, l’Autorità ha individuato i principali fattori che hanno favorito la diffusione di fenomeni di disinformazione, rispetto ai quali ha già avviato una serie di iniziative, come si vedrà nel seguito. La distanza fra domanda (inserzionisti) e offerta (editori/publisher) di pubblicità, prodotta da un sistema di compravendita complesso e per lo più automatizzato, ha favorito la proliferazione di una moltitudine di intermediari e ha ridotto la capacità di controllo sull’intero processo di negoziazione da parte degli investitori pubblicitari, che non sono in grado di conoscere sempre con esattezza – e in anticipo – in quali siti verranno visualizzati i messaggi. L’incremento della complessità ha reso il sistema pubblicitario più vulnerabile creando degli spazi di azione per soggetti che distraggono investimenti pubblicitari verso i propri siti, attraverso la manipolazione del traffico (ad fraud), o mediante l’alterazione dell’inventory per renderlo più appetibile secondo le impostazioni degli algoritmi di distribuzione automatica. Infine, la personalizzazione dei messaggi pubblicitari all’interno dei social network, potenziata dall’impiego dei big data e dall’utilizzo di tecniche di profilazione sempre più sofisticate, comporta una esposizione più selettiva degli utenti ai contenuti online e, quindi, anche ai messaggi pubblicitari”.