Alti investimenti e volumi prodotti, un esercito di professionisti dedicati, redazioni sempre più tematiche e digitali, un’offerta declinata online: in un recente rapporto ”Public Service Media and News” della Unione Europea di Radiodiffusioni (UER, EBU nell’acronimo inglese), i broadcaster pubblici europei rivendicano la centralità dell’offerta informativa, caratteristica del servizio offerto.
Il rapporto è strutturato in due parti, offerta e domanda informativa. L’offerta è scandagliata per dimensioni – investimento, output in volume e in percentuale, per radio e TV – documenta dati (complessivi) attuali e in prospettiva, indaga l’organizzazione delle redazioni all’interno dell’azienda, e le collaborazioni per le news locali e internazionali. I dati sono complessivi. Di seguito le maggiori evidenze. La seconda parte, relativa alla domanda di news, dettagli nell’articolo dedicato, delinea la domanda di informazione da un punto di vista qualitativo – argomenti di maggiore interesse, abitudini di consumo, piattaforme – con distinzione fra vecchie e nuove generazioni. Il rapporto viene aggiornato periodicamente ad opera del Media Intelligence Service – MIS della EBU, sulla base dei database degli associati integrato da fonti quali l’ Eurobarometro, il Digital News Report del Reuters Institute, i dati accessibili al pubblico sono limitati.
Ammontano a oltre 6 miliardi di euro gli investimenti dei servizi pubblici radiotelevisivi europei in informazione. La cifra rappresenta circa un terzo del totale della spesa in programmi (30%).
L’informazione è il primo genere per investimento e volumi per gli operatori di servizio pubblico: i 6 miliardi di euro sopra citati rappresentano il 30,2% del totale spesa programmi complessiva nel 2021, e si tratta di primato confermato nel tempo “nonostante il calo generalizzato delle risorse afferenti ai servizi pubblici”, indica il rapporto. Lo storico degli ultimi 4 anni indica inoltre che la quota si è mantenuta al di sopra di tale soglia del 30%, superandola (1,3-1,6% rispettivamente nel 2019 e 2020), presumibilmente per effetto dell’impegno nella copertura informativa della pandemia.
Le radio di servizio pubblico offrono e investono di più, gli operatori di servizio pubblico televisivi investono proporzionalmente meno in news degli operatori solo radio: i primi un 27%, gli ultimi ben il 45%.
Anche a livello di volumi, l’offerta di informazione e attualità è ingente: sono 440.000 complessivamente le ore trasmesse dalle televisioni di servizio pubblico nell’area UE, di cui 260.000 news e 180.000 current affairs, che si traducono in una media di 6 ore di offerta giornaliera. Sempre a livello complessivo, il secondo genere è la fiction, seguito dal factual aggregato con arte e cultura (17%) e poi a seguire gli altri generi.
Sono invece 550.000 le ore di news e current affairs trasmesse dalle radio di servizio pubblico dell’area EBU, con quote opposte rispetto alla TV, 310.000 ore di current affairs (56%) e 240.000 (44%) di news. Le ore giornaliere dedicate al macrogenere sono 5,8. In radio l’offerta informativa rappresenta il secondo genere della programmazione con il 27%, dopo la musica (50%).
A livello di volumi, l’offerta di news e attualità costituisce circa il 27% del totale programmazione, “declinata a 360° per raggiungere il pubblico su diverse piattaforme e device” indica il rapporto. Il 98% dei servizi pubblici europei delineano la loro offerta online, e tale offerta è spesso articolata anche su app (89%) e social. L’offerta informativa viene spesso attuata in collaborazione sia a livello locale che internazionale, nel 2021 risultano ben 361 redazioni estere dei servizi pubblici radiotelevisivi europei nel mondo che fanno capo a 47 operatori.
A livello di occupati, sono 45.000 i giornalisti che lavorano nelle redazioni dei servizi europei, si tratta peraltro di una redazioni complessivamente “gender balanced” con il 51% di donne.
A livello di organizzazione, nel 50% dei casi le redazioni dei servizi pubblici radiotelevisivi europei sono rimaste tradizionali, il 13% sono “story-centric”, ossia raggruppate per temi, il 37% un mix delle due. Fra gli aspetti interessanti nel futuro delle redazioni, un altro dato: nel passaggio ai dati di prima parte, a fronte della riluttanza degli utenti a rilasciare dati personali, il 28% degli utenti li ha già affidati ai broadcaster di servizio pubblico (media membri EBU, iscrizione al sito di news).
Qui il link al rapporto completo accessibile al pubblico.