Il senatore Massimo Mucchetti non demorde nella sua “battaglia di civiltà fiscale” per ristabilire la concorrenza fiscale nell’ economia digitale. Con un emendamento alla Manovra di bilancio, depositato in commissione, si prevede (in attesa che l’Ue si esprima con una posizione chiara e univoca sulla materia) di intervenire su 3 fronti principali: identificazione delle imprese non residenti che generano redditi sul territorio nazionali ma non base imponibile; definizione di “significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato” (stabile organizzazione rilevante ai fini fiscali); imposta sulle attività digitali pienamente digitalizzate.
E’ quanto previsto nell’emendamento 88 bis “misure fiscali per l’economia digitale” presentato dall’Onorevole Massimo Mucchetti (ma firmato anche dal presidente della commissione finanze di palazzo Madama, Mauro Maria Marino) firmatario di un progetto di legge dedicato al tema (AS2526) , testo sul quale CRTV è stata audita il 10 maggio scorso.
Riguardo all’identificazione l’emendamento prevede il coinvolgimento degli intermediari finanziari nel reperire e fornire all’AGE, per clienti non residenti, oltre ai dati anagrafici: codice fiscale, partita IVA e, ove non possibile l’attribuzione di un codice identificativo provvisorio, che diventa obbligatoriamente codice fiscale definitivo al di sopra di certe soglie(1500 transazioni, valore superiore a 1.500.000 euro, su base semestrale); l’emendamento interviene anche sulla “significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato” (stabile organizzazione) che deve essere “ costruita in modo tale da non farne risultare una sua consistenza fisica nel territorio dello stesso”, specificando una serie di attività che non vi rientrano; prevede comunque una imposta sulle attività digitali pienamente dematerializzate pari al 6% del valore dei ricavi per la cessione di servizi da parte di soggetti non residenti a soggetti residenti in Italia. Per “l’emersione” delle attività precedentemente non identificate (e tassate) prevede un contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate.
Dibattito UE. Il testo riprende molte delle misure previste nel disegno di legge in discussione al Senato e mira ad anticipare i tempi della discussione parlamentare, e “dà forma giuridica anche agli orientamenti espressi dai quattro principali paesi dell’Unione europea che hanno dichiarato la loro volontà politica di superare l’enorme distorsione della concorrenza oggi rappresentata dai vantaggi fiscali realizzati dalle multinazionali del web” ha commentato il Senatore. Al riguardo si ricorda il dibattito UE, impostato dalla Comunicazione della Commissione “Un sistema fiscale equo ed efficiente nella UE per il Mercato Unico Digitale” (COM(2017) 547 final) pubblicata a valle del primo vertice di Tallin (13 settembre scorso): in quella sede 4 Stati Membri (Francia, Germania, Spagna e Italia) avevano sottoposto al Consiglio la richiesta di interventi tempestivi, trovando il sostegno di altri Paesi, ma non l’unanimità. Ad esso è seguito a fine settembre un vertice informale dove si è prefigurata la possibilità di attivare la “cooperazione rinforzata” (9+ Paesi): il tema verrà ripreso all’Ecofin a chiusura del semestre di Presidenza Estone del Consiglio UE.
Posizione CRTV. La sperequazione nel trattamento fiscale – e il vantaggio competitivo che ne consegue e che si aggiunge alla mancanza di un level playing field regolatorio delle attività delle multinazionali digitali, particolarmente impattanti nel nostro settore – hanno spinto Confindustria Radio Televisioni a reclamare interventi ponte tempestivi in materia di fiscalità digitale, nelle more della concertazione sovranazionale e multilaterale. L’Associazione si è espressa al riguardo in tutte le sedi istituzionali e, da ultimo, in occasione dell’audizione sul DL Mucchetti (AS2526) al Senato. In quell’occasione il Presidente Siddi ha dichiarato: “data l’urgenza, che mette a serio rischio lo sviluppo, se non la sopravvivenza delle industrie nazionali, è necessario che mentre si negoziano posizioni condivise al livello più ampio, i singoli Paesi individuino, magari coordinandosi al riguardo, delle ‘soluzioni-ponte’ che nel frattempo diano corpo al principio di equità di trattamento fiscale per tutti gli operatori sul mercato”.