Nieri: minimo sindacale. È stato pubblicato il 17 luglio il codice di autoregolazione sulle fake news redatto dalle piattaforme online e gli investitori pubblicitari. Si tratta di un draft che sarà esaminato da rappresentanti del mondo accademico, dei media, della società civile e dei fact checkers (Sounding Board all’interno del Multistakeholder Forum) per un parere, per giungere ad una approvazione finale entro la fine di settembre.
Il codice è uno strumento di autoregolazione basato su 4 principi: trasparenza, inclusività, credibilità e diversità che ha l’obiettivo di ridurre in maniera “misurabile”: i primi riscontri sui progressi fatti saranno monitorati dalla Commissione UE e pubblicati in un rapporto a dicembre.
Come ha commentato Gina Nieri, Mediaset, Consigliere di CRTV e membro del Gruppo di Esperti di Alto Livello UE (HLG), gruppo costituito sul tema dalla Commissione che ad Aprile scorso ha prodotto un rapporto, il lavoro svolto dalla UE sulla disinformazione online ha costituito “un primo passo per creare un habitat almeno autoregolato in tempo utile per le elezioni politiche europee”. Si tratta di un “minimo sindacale”, continua la Nieri “che si scontra con il rifiuto delle piattaforme online di qualsiasi regola ex ante in nome della ‘libertà delle rete’. I problemi legati alle fake news online rimangono irrisolti” continua Gina Nieri “includono l’asimmetria della regolazione, una concorrenza falsata, la negazione di trasparenza per algoritmi e fact checking”.
Ed effettivamente ad una prima lettura la montagna ha partorito un topolino: la bozza di codice (6 pagine di enunciazioni di principio articolate in temi ed impegni, senza dettaglio di firmatari e definizioni, appare molto incentrato sulla brand safety degli investitori pubblicitari e sulla comunicazione politica.
Gli indicatori chiave per il monitoraggio dei risultati si limitano a: ridurre le opportunità di monetizzazione dei contenuti per i produttori (sistematici) di notizie false; migliorare la visibilità della comunicazione politica presso gli utenti, anche migliorando la capacità di ricercatori e società civile di monitarne scala e ambito di diffusione; garantire l’integrità dei servizi in contesti di disinformazione; aumentare le capacità degli utenti con programmi e tecnologie.
Le misure predisposte infine, citate nell’Annex, sono una lista di policy aziendali poste in essere dalle maggiori piattaforme social (Facebook, Twitter), browser (Mozilla) e motori di ricerca (Google).
Appare anche un po’ “bizantino” il meccanismo partecipativo istituito che prevede che il codice di autoregolazione sia scritto all’interno del Multistakeholder Forum dal Working Group (“stakeholdere principali”, individuati nelle piattaforme online e gli operatori della pubblicità), e commentato dal Sounding Board (accademia, fact checkers, media, società civile). Il lavoro del Gruppo di Esperti (varie personalità dell’industria, l’accademia, il giornalismo, si veda articolo), prodromico a tale attività, e la raccomandazione di un approccio multidimensionale da questo dettagliata in un articolato report appare messo da parte.
Confindustria Radio Televisioni non mancherà di presidiare il tema, cruciale per i risvolti sul dibattito della responsabilizzazione della Rete e la democrazia (specie a valle dell’uso improprio dei dati nel caso Facebook –Cambridge Analytica), attraverso il coordinamento delle associazioni di categoria europea: AER, di cui è membra, ma anche ACT e EBU, cui fanno riferimento alcuni associati. E attraverso la partecipazione al Tavolo istituito in Agcom sul pluralismo e la disinformazione online di cui si attendono i primi risultati: il tavolo istituito con delibera n. 423/17/CONS ha prodotto ad oggi un primo incontro dei 5 gruppi di lavoro tematici, cui è stato richiesta la produzione di documenti circolati all’Autorità; e due seminari, sul fact checking e sulla disinformazione commerciale.
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