Il Governo italiano è intenzionato a chiedere più tempo all’Europa per il passaggio alle tlc della banda 700 del Digitale Terrestre (694-790 MHz): 2022 anziché 2020 come proposto dalla Commissione Europea (senza concedere agli Stati membri la flessibilità consigliata nel 2014 dal “Rapporto Lamy” e confermata dalla RSPG, organo consultivo della Commissione in materia di spettro elettromagnetico). Una scelta che non dovrebbe creare problemi a Paesi come la Francia pronta a far partire la banda larga mobile su queste frequenze già nel 2018.
Questo è quanto anticipa Italia Oggi nell’edizione odierna. Secondo il quotidiano nel documento l’Italia condivide la necessità per un rilascio coordinato, nel lungo periodo, della banda 694-790 MHz e per l’uso della banda sub-700 MHz per la trasmissione televisiva in broadcasting. Essendo la banda 470-790 MHz attualmente ampiamente utilizzata dalla televisione digitale terrestre DTT sarà quindi necessario non solo trasferire i multiplex, ma anche ridurre il numero di operatori di rete attualmente attivi, considerando che le licenze DTT scadranno a cominciare dal 2032 ed il digitale terrestre in Italia è la piattaforma dominante per la ricezione dei servizi televisivi.
Per attuare il processo di liberazione della banda 700 sarà tuttavia necessario un passaggio tecnologico che adotti il digitale terrestre di seconda generazione (DVB-T2 insieme a tecnologie di compressione del segnale più efficienti e cioè HEVC) e che richiede nuovi ricevitori per gli utenti. Si dovranno allora considerare “forme di compensazione”, compatibili con le norme sugli aiuti di Stato, destinate a coprire i costi che dovranno sopportare i cittadini per l’acquisto di nuovi televisori o decoder e gli investimenti che dovranno sostenere gli operatori nell’adozione delle nuove tecniche trasmissive.
Se così fosse, la richiesta espressa dal Governo collimerebbe con la posizione sostenuta dagli Operatori di Rete DTT associati in CRTV che nei prossimi giorni verrà rappresentata nell’ambito dell’attività istruttoria del Parlamento il quale dovrà esprimere un parere motivato nel merito.
Il futuro è la gestione delle interferenze. Workshop AGCom sullo Spectrum Management
Le criticità nell’assegnazione dello spettro seguendo criteri di efficienza, trasparenza ed equità fra gli operatori e gli usi e le peculiarità del sistema italia alla luce della prossima migrazione prevista per la banda 7600 MHz sono stati al centro del seminario “Spectrum Management Economic and Regulatory challenges”del 29 febbraio presso AGCom. L’occasione della discussione è stata la presentazione del libro “Spectrum Management. Using the Airwaves for Maximum Social and Economic Benefit” (M.Cave e W.Webb, 2016) alla presenza di uno degli autori Martin Cave, Professore dell’Imperial College Business School. Nel perseguimento di un mercato efficiente delle frequenze, in un’ottica di costi e benefici economici e sociali, il Professore ha indicato che i tre temi principali – liberalizzazione, neutralità e interferenze – possono essere gestiti attraverso un’attenta modulazione delle aste e della commercializzazione dello spettro ispirata alla neutralità del servizio e attraverso un nuovo approccio nel management delle frequenze che tenga conto delle licenze degli apparati, del controllo delle emissioni, e dei confini geografici e frequenziali in un’ottica di gestione delle interferenze. Il futuro infatti, in nome della connettività ubiqua prefigura uno spettro condiviso fra molti operatori, usi e tipologie di regolazione e massima flessibilità per bilanciare gli interessi contrapposti e le tecnologie più performanti da un punto di vista economico e sociale. Ai regolatori verrà chiesto sempre meno di prevedere eventuali interferenze e sempre più di monitorarle agendo da arbitri e promotori dell’innovazione in un sistema dinamico. Cave ha individuato ambiti di lavoro importanti nell’efficientamento degli usi pubblici delle frequenze e nella risoluzione di problemi regionali all’interno di un coordinamento globale.
Su questo aspetto, le peculiarità del sistema Italia alla luce dei coordinamenti imposti in ambito internazionale (ITU/UE, nell’immediato per la banda 700Mhz), sono stati concordi gli interventi degli esperti nazionali: Antonio Sassano, Università La Sapienza, fra le criticità nazionali ha citato:
• la durata delle licenze televisive (2032) più lunga di tutti i Paesi europei (2034 per Cairo NdR);
• la necessità, per liberare lo spettro UHF per usi mobili entro il 2020 attraverso i nuovi standard di trasmissione e codifica (DVBT-2 e HEVC) in un sistema che ha molti multiplex assegnati al DTT, di trovare frequenze per il simulcast in fase di transizione e di frequenze per trasmettere almeno parte dell’offerta in 4K/UHD e garantire un passaggio “future proof” delle televisioni a regime;
• oltre 10 paesi confinanti per le interferenze transfrontaliere.
A quest’ultimo riguardo tuttavia l’Italia vanta un vantaggio, secondo Sassano, nelle configurazione mono-frequenza (SFN) della rete DTT, che rende più efficiente il coordinamento trafrontaliero. Per Mario Frullone FUB, l’Italia sconta l’eredità di interventi lontani nel tempo, il decreto Gioia del 1973 che ha negato le trasmissioni via cavo, e la normativa sui limiti di esposizione elettromagnetica (6V/m) più restrittiva delle linee guida europee e internazionali. Tutte queste peculiarità, che CRTV ha più volte sottolineato agli interlocutori istituzionali, costituiscono per l’Italia criticità che pesano soprattutto sul sistema televisivo e che devono essere affrontate nelle opportune sedi internazionali ed europee per programmare la migrazione nazionale senza penalizzare gli operatori TV, ma anche gli utenti. Più in generale a livello europeo, come del resto sottolineato dal Rapporto Lamy, e ribadito nel convegno AGCom, si deve valutare con attenzione in un’ottica di costi-benefici sociali, il sacrificio attuale richiesto alla televisione soprattutto e al suo pubblico per facilitare un uso futuro del mobile a banda larga.
I due interventi dei responsabili per l’AGCom del settore – De Martino (DIS) e Martino (AGCom DSD) hanno ricordato il quadro di riferimento (internazionale e UE) e le scadenze prossime UE cui Agcom deve sottostare. E come nel passato le forme di configurazione delle aste, variamente ispirate ai criteri di neutralità e efficienza descritti, nel complesso degli ultimi 15 anni abbiano portato nelle casse dello stato italiano complessivamente circa 5 miliardi di euro.
Il Workshop è stato introdotto da Antonio Nicita, Commissario AGCom, che si è interrogato sul trade off che pone il refarming delle frequenze fra nuovi usi e operatori. Un trade off fra l’efficienza del mercato e il necessario ritardo regolatorio che ripropone il problema dei costi ex ante (completezza) ed ex post (adattamento) delle transizioni.