“Continueremo la nostra cooperazione per un sistema fiscale internazionale equo, sostenibile e moderno e accogliamo con favore la cooperazione internazionale per far avanzare le politiche fiscali a favore della crescita. Riaffermiamo l’importanza dell’attuazione a livello mondiale del pacchetto G20 / OCSE Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) e di una maggiore certezza fiscale. Accogliamo con favore i recenti progressi nell’affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione e approviamo l’ambizioso programma di lavoro che consiste in un approccio a due pilastri, sviluppato dall’Inclusive Framework su BEPS. Raddoppieremo i nostri sforzi per una soluzione basata sul consenso con un rapporto finale entro il 2020”.
Il comunicato stampa della riunione tecnico-politica del gruppo dei ministri delle finanze in preparazione del prossimo summit G20 rivela un’intesa politica sul tema della tassazione digitale e indica una direzione, basata sull’approccio a “due pilastri”, ossia tassazione nei luoghi dove si generano i ricavi e tassazione minima ineludibile. Il combinato di tali interventi dovrebbe comportare maggiori oneri fiscali per le grandi multinazionali e renderebbe più difficile per Paesi (come ad esempio l’Irlanda on il Lussemburgo in Europa) attrarre investimenti esteri diretti con la promessa di aliquote fiscali estremamente basse (accordi di ruling fiscale). La dichiarazione non scende nei dettagli più controversi (quali il nodo della stabile organizzazione digitale, o quali attività rilevano ai fini della tassazione), dettagli complessi che, come noto, richiederebbero: un’azione coordinata il più ampia possibile a livello internazionale (se non globale), a cui sta lavorando l’OCSE; o un’accelerazione di singoli Paesi o gruppi di Paesi, ipotesi a cui aveva lavorato la UE nella legislatura che si è appena conclusa, arenandosi sul blocco esercitato da alcuni. Questa intesa politica in definitiva sembra ribadire una più matura consapevolezza a livello internazionale e, forse, la volontà di provare ad accelerare i tempi (il riferimento al 2020) delle azioni conseguenti.
A livello di consapevolezza è ormai evidente come alcuni ricavi, elusi nelle maglie larghe di una legislazione non adatta all’economia digitale, sottraggano base imponibile agli erari, e capacità competitiva alle industrie più strutturate e localizzate sul territorio. Confindustria Radio Televisioni, per l’impatto che le multinazionali del Web hanno sul settore radiotelevisivo, e per il vantaggio fiscale che si aggiunge alla mancanza di regole per tali operatori, ha sempre spinto per l’adozione di norme ponte nelle more della negoziazione internazionale. Operatori che eludono il rispetto del principio di equità, che prevede che tutte le aziende, e tanto più quelle che generano maggiori ricavi, contribuiscano a restituirne una parte in imposte, a sostegno di obiettivi di politica generale e redistribuzione sociale.
Secondo quanto riportato dai resoconti dell’incontro in Giappone, Gran Bretagna e Francia anche in questa sede sono stati tra i più forti proponenti di un passo avanti. La UE aveva tentato un approccio di Unione (e poi di un blocco di Paesi proponenti) per imporre delle norme ponte, temporanee oltre ad alcune definizioni strutturali (sul perimetro di attività digitali rilevanti ai fini della tassazione e sulla nozione si stabile organizzazione digitale). Come noto tale approccio è naufragato per l’opposizione di alcuni Paesi e le riserve di altri (ad es. l’impatto sulle start up e l’innovazione). Quello UE tuttavia rimane un approccio molto qualificato e di peso a livello globale, tra l’altro coordinato con quello OCSE, al punto che molte della normative nazionali proposte di recente si ispirano all’elaborazione sviluppata nella UE.
Ad oggi sono parecchi i Paesi che hanno proposto delle norme ponte. Fra questi l’Italia è fra i più avanzati poiché tali disposizioni sono già vigenti (incardinate nella Legge bilancio 2019), anche se mancano i decreti attuativi (la scadenza dei quali era prevista a fine Aprile). Norme analoghe erano state previste nella precedente Legge di bilancio, anch’esse mai attuate e abrogate dall’ultima versione. L’augurio è che il Governo italiano proceda a dar attuazione a delle norme a lungo attesa da settore. E che in ambito UE non appena si insedieranno il nuovo Parlamento (luglio) e la Commissione (autunno), si riprenda il lavoro impostato e ampiamente condiviso, anche alla luce delle conferme che oggi vengono a livello internazionale più alto.