Dati personali troppo dettagliati (nome, cognome, indirizzo di casa, dettagli clinici) riguardanti persone risultate positive al Covid 19 diffusione sui social e sugli organi di stampa, anche on line: il Garante per la protezione dei dati personali sta ricevendo segnalazioni e reclami da parte dei famigliari. E pertanto in una nota l’autorità richiama l’attenzione di tutti gli operatori dell’informazione al rispetto del requisito dell’”essenzialità” delle notizie che vengono fornite, astenendosi dal riportare i dati personali dei malati che non rivestono ruoli pubblici e per questi ultimi solo nella misura in cui la conoscenza della positività assuma rilievo in ragione del ruolo svolto.
“Anche in una situazione di emergenza quale quella attuale, in cui l’informazione mostra tutte le sue caratteristiche di servizio indispensabile per la collettività, non possono essere disattese alcune garanzie a tutela della riservatezza e della dignità delle persone colpite dalla malattia contenute nella normativa vigente e nelle Regole deontologiche relative all’attività giornalistica” dichiara il Garante” con tanto di richiamo al codice degli informatori professionali. Purtroppo però tali regole sono applicate e applicabili solo a questi ultimi e, in solido agli editori, che nel fornire un servizio professionale e essenziale ne rispondono direttamente. Tale disciplina non si estende agli intermediari della rete, il comunicato cita esplicitamente i social media, in virtù del loro “hosting passivo”, che garantisce immunità a loro e agli utenti che propalano notizie false e invasive online. A tal punto la disparità è evidente, che a fronte di un richiamo circostanziato e circostanziabile rivolto ai media, il Garante si limita a richiamare al rispetto delle regole gli utenti dei social: “l’obbligo di rispettare la dignità e la riservatezza dei malati vige anche per gli utenti dei social, a cominciare da alcuni amministratori locali, che spesso diffondono dati personali di persone decedute o contagiate senza valutarne interamente le conseguenze per gli interessati e per i loro famigliari”: un richiamo anomalo, senza alcun riferimento né obbligo per chi da tali notizie trae proventi pubblicitari e dati altamente profilati. Una disparità di trattamento che in questo momento emergenziale risalta con maggiore evidenza.
Con l’occasione si ricorda che il Garante dal 9 marzo continua l’attività in remoto, e pertanto prega di far riferimento a tutti i contatti online e telefonici per facilitare la comunicazione. Continuità dell’attività nonostante l’emergenza sanitaria, ma al tempo stesso deroghe ad alcune scadenze: in particolare è prevista la sospensione dei termini previsti per la definizione dei procedimenti presso il Garante per la protezione dei dati personali (ai sensi dell’art. 103 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18). Si riferisce ai termini dei procedimenti pendenti presso il Garante per la protezione dei dati personali alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente, sospesi dalla medesima data fino al 15 aprile 2020, fatte salve le eventuali modifiche che potranno intervenire in sede di conversione del citato decreto o che potranno essere introdotte da ulteriori atti o provvedimenti per l’attuale emergenza epidemiologica. Si segnala infine l’esistenza di una pagina dedicata al coronavirus dove sono riuniti tutti i provvedimenti del Garante italiano e UE (EDPB, v. recente articolo dedicato ai dati dei lavoratori) e interviste sul tema.