CRTV: conferma dell’urgenza di intervenire. Utenti, contratti, contenuti per il data mining: questi i criteri proposti dalla Commissione per gli affari economici e monetari (ECON) del Parlamento UE per determinare gli introiti online tassabili (presenza digitale). L’emendamento è contenuto all’interno del pacchetto di proposte sulla base imponibile comune e consolidata (Ccctb e Cctb) approvati il 22 febbraio, proposte che erano state presentate dalla Commissione UE nel 2016. Ma la consapevolezza politica sull’urgenza di intervenire a livello UE sulla tassazione digitale da allora è cambiata (si pensi ai vertici di Tallin dello scorso autunno), e per questo l’emendamento che verrà proposto al voto in plenaria accelera sul tema, centrale, della presenza digitale. Tuttavia, come noto, il voto in Parlamento avrà solo valore consultivo poiché le questioni fiscali sono di competenza esclusiva degli Stati membri, ed eventualmente dovranno essere approvati all’unanimità dagli stessi.
Presenza digitale. Le proposte includono parametri di riferimento per determinare se un’impresa ha una “presenza digitale” all’interno di uno Stato membro dell’UE che potrebbe renderla soggetta ad imposta pur in assenza di una sede in tale Paese. La commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento sollecita la Commissione europea a monitorare gli standard tecnici per determinare il numero di utenti, i contratti digitali e il volume di contenuti digitali raccolti che un’azienda sfrutta per scopi di data mining: questi dati infatti dovrebbero fornire un quadro più chiaro di dove un’impresa genera i suoi profitti e dove dovrebbe essere tassati. “I dati personali sono un bene intangibile ma molto prezioso estratto da aziende come Facebook, Amazon e Google per creare la loro ricchezza, ma al momento non viene preso in considerazione quando si calcolano le proprie passività fiscali” recita il comunicato.
One stop shop. Il pacchetto di proposte prevede anche un one stop shop per la tassazione societaria. Ossia per le imprese le imposte tassabili saranno calcolate sulla base dei profitti e delle perdite generati in tutti gli Stati membri dell’UE. Gli utili imponibili saranno quindi assegnati a ciascuno Stato membro in cui l’impresa opera secondo una formula di condivisione basata su vendite, beni e manodopera, nonché, appunto, sul loro uso di dati personali.
L’obiettivo è eliminare l’attuale pratica elusiva delle multinazionali di spostare la propria base imponibile in giurisdizioni a bassa tassazione. Le imprese non avranno più a che fare con 28 regimi nazionali e saranno responsabili rispetto a un’unica amministrazione fiscale (sportello unico).
Nelle proposte originarie della Commissione, le norme sono limitate ad aziende con fatturato consolidato superiore a 750 milioni di euro. I deputati chiedono che tale soglia venga ridotta a zero entro sette anni.
Le proposte sono la conferma di una mutata consapevolezza anche a livello UE che è opportuno intervenire rapidamente, anche con interventi ponte provvisori, per ripristinare l’equità. È quanto sostenuto da CRTV in tutte le sedi istituzionali (si v., fra l’altro, la posizione espressa sul disegno di legge Mucchetti): si tratta di ristabilire l’equità fiscale, principio cardine della tassazione, ma anche l’equità concorrenziale (si pensi al vantaggio competitivo per le multinazionali del web rispetto alle imprese nazionali) e la base imponibile degli Stati, erosa dai comportamenti elusivi con danno per tutti i cittadini. L’Associazione pertanto accoglie con soddisfazione i segnali che emergono e sembrano indicare che si potrà, forse, giungere a una prima condivisione degli strumenti di intervento a livello UE già in primavera, quando è prevista la presentazione delle proposte della Commissione. Strumenti che potrebbero pesare anche a livello internazionale più ampio (OCSE) dove pure si sta lavorando sul tema.