Torna in auge in questi giorni il tema della tassazione digitale: a livello nazionale, secondo indiscrezioni, sarebbe al vaglio dei tecnici l’ipotesi di raddoppiare l’aliquota della tassa sui servizi digitali dal 3 al 6%; a livello internazionale, dopo la pubblicazione e da parte dell’OCSE delle regole tecniche la scorsa estate, ed esperiti i termini per la consultazione sulle stesse, la global mimimum tax del 15% applicabile alle grandi multinazionali potrebbe finalmente essere varata entro la fine dell’anno (accordo in sede OCSE), con successiva disapplicabilità automatica (sunset clause) delle diverse imposte sui servizi digitali (digital services tax, DST per la UE) adottate a livello nazionale.
CRTV ha sempre sostenuto la necessità e urgenza far contribuire i grandi operatori della rete grandi elusori dell’erario in quanto residenti presso stati con politiche fiscali di vantaggio, o operanti trasferimenti intrasocietari mirati ad ottenere vantaggi fiscali: necessità per ristabilire l’equità fiscale che è principio fondamentale del diritto; urgenza, perché il vantaggio fiscale si aggiunge, nel caso delle multinazionali del web, a un vuoto normativo e regolamentare che costituisce già un indebito vantaggio competitivo a danno degli operatori nazionali.
CRTV era intervenuta in diverse sedi istituzionali per pronunciarsi a favore di un intervento in questo senso. Come noto, a livello sovranazionale, si era mossa anche l’UE, che tuttavia in ambito fiscale, materia esclusiva degli Stati Membri richiede l’unanimità, con diverse norme per aumentare la trasparenza e accountability delle multinazionali, ridurre pratiche di fiscal dumping all’interno dell’Unione e armonizzare eventuali nuove aliquote nazionali. La direttiva relativa alla digital services tax (DST) non ha mai visto la luce ma diversi Stati Europei la hanno applicata in maniera coordinata tenendo conto essenzialmente delle diverse dimensioni dei mercati nazionali di riferimento. Anche molti Paesi extra UE hanno introdotto forme di tassazione diretta, come conferma il rapporto periodico di KPMG, di cui riportiamo la mappa.
In Italia la norma di riferimento è l’imposta sui servizi digitali, applicata a partire dal 2021. Tale norma, per come configurata, è applicabile anche a gruppi nazionali, poiché le soglie si applicano ai ricavi totali e non ai soli ricavi digitali, ai quali aggiunge oneri, oltre non intaccare, non ancora, i proventi generati dalle grandi multinazionali digitali: permanendo maglie larghe che facilitano l’elusione, tali multinazionali continuano ad estrarre valore dai mercati nazionali senza restituire imponibile fiscale commisurato e aggiungendo un altro indebito vantaggio competitivo.