L’intervento di Franco Siddi, Presidente di CRTV, al convegno Fapav “La Galassia delle IPTV illegali”. CRTV ha sostenuto in tutte le sedi la necessità di una tutela rafforzata dagli sfruttamenti illeciti online dei contenuti. Nel luglio scorso, a commento dei dati relativi alla pirateria audiovisiva 2017, avevamo salutato con soddisfazione il trend di leggero calo del fatturato stimato nello studio Fapav/Ipsos (-14%). Ma avevamo sottolineato che i ricavi sottratti restavano ingenti, come pure le stime di impatto sull’industria, sopra il miliardo di euro, con 5700 posti di lavoro a rischio: dati che la filiera audiovisiva italiana non si può permettere.
Il tema di questa giornata propone una nuova forma di pirateria particolarmente insidiosa per le televisioni: la vendita di hardware e software illegali per fruire di abbonamenti a contenuti soprattutto a pagamento, ma non solo. I servizi a vengono messi in vendita online e consentono agli utenti, a fronte dell’acquisto di un decoder (e/o chiavetta) e di un unico abbonamento, a canoni mensili molto ridotti (da un minimo di 10 Euro al mese fino ad arrivare a 80-100 Euro per anno), di accedere a tutto il palinsesto delle principali piattaforme pay (per l’Italia ad es. Sky e Dazn), ma anche a tutti i canali delle televisioni pubbliche e private, inclusi i contenuti On-Demand.
Si tratta di un saccheggio di tutti i contenuti di maggior pregio, quali, oltre a serie TV, documentari, ed eventi sportivi nazionali ed internazionali e in generale eventi live, che caratterizzano le offerte televisive. Questa nuova forma di pirateria utilizza l’IPTV (Internet Protocol Television), sistema che permette ad un utente di fruire di contenuti televisivi digitali in diretta (multicast) e on demand (unicast) attraverso una connessione ad Internet a banda larga come l’ADSL o la Fibra in un ambiente protetto. L’insidia nasce dal fatto che tale protocollo di trasmissione nasce per la distribuzione legale di contenuti, free e pay, di operatori (piattaforme o editori) noti, che investono in contenuti e servizi offerti in un ambiente sicuro e riconoscibile. Nel caso delle IPTV illegali, queste spesso sono sottoscritte da clienti ignari. Solitamente dietro la vendita di questi abbonamenti illegali si celano vere e proprie organizzazioni criminali, che suddividono tra di loro i costi legati all’affitto di un server CDN (content delivery network); e la sottoscrizione di abbonamenti illegali i cui segnali, decriptati e distribuiti via IPTV potranno essere letti dai dispositivi in dotazione degli abbonati.
E’ evidente che siamo in un nuovo stadio della pirateria che sottintende una frode organizzata ai danni di:
- utenti, a volte inconsapevoli dell’illegalità del servizio, di certo della reale identità della controparte che fornisce il servizio con tutti i rischi legati alla sicurezza e alla gestione dei dati;
- imprese editoriali che investono in contenuti, e non possono ricavare da questi la dovuta riferibilità e salienza del brand con il proprio pubblico e gli investitori pubblicitari;
- investitori pubblicitari, anch’essi esposti ai rischi collegati ad una gestione di business fraudolenta.
La diffusione di questa nuova forma di pirateria spesso introduce nel mercato dispositivi non a norma con tutti i rischi legati alla sicurezza (es. normativa antincendio); e porta ad utilizzi – di banda “fantasma”, con costi extra soprattutto lato utenti. Molti dei contenuti acquistati, prodotti, coprodotti o diffusi dai nostri associati vengono condivisi online senza la necessaria contestualizzazione e riferibilità in violazione del copyright e dei diritti connessi della filiera creativa sottesa alla produzione di contenuti protetti dal diritto d’autore). La mancata riferibilità reca inoltre pregiudizio all’ associazione della comunicazione pubblicitaria a brand affidabili. Rileva anche il fatto che contenuti nocivi o non adatti riproposti al di fuori del contesto originario possono anche raggiungere pubblici non adatti (es. minori). Le violazioni di cui sono vittime i broadcaster si configurano infine, nel caso delle IPTV in pratiche commerciali scorrette. La crescita di dispositivi di streaming illegali è una nuova minaccia per la pay TV e le altre industrie di contenuti e mina gli incentivi per le aziende a migliorare i servizi o offrire una maggiore selezione di contenuti in più mercati.
Cosa si può e si deve fare per arginare questa pirateria che evolve rapidamente e si configura in organizzazione strutturata, in industria? Di quali strumenti bisogna dotarsi?
Richiamo brevemente i punti fermi da cui partiamo, recenti consultazioni in materia, nazionali e UE che hanno fornito l’occasione all’Associazione per fare il punto sulle criticità del sistema, gli ambiti di miglioramento della tutela dalla pirateria, e più in generale su come formare una maggiore consapevolezza sul valore delle opere.
AGCOM regolamento sulla tutela del dda online. L’Associazione collabora con il Comitato per lo Sviluppo e la Tutela dell’Offerta Legale di Opere Digitali (istituito presso l’Agcom) che supporta l’Autorità nell’applicazione del regolamento in Italia, e ha più volte espresso il proprio apprezzamento per l’operato dell’Agcom e per l’impegno profuso. L’Agcom ha recentemente modificato, all’esito di una consultazione pubblica a cui ha partecipato anche CRTV, (delibera del 16 ottobre 2018, n. 490) il proprio regolamento emanato nel 2013 sulla tutela del diritto d’autore on-line. Si ricorda che proprio grazie al regolamento AGCOM nel 2014 l’Italia uscita dalla lista nera dei Paesi per contraffazione stilata dal Dipartimento del Commercio Estero statunitense. Il testo modificato contiene un procedimento cautelare rivisto, che migliorerà tempi e modi di reazione agli illeciti online specialmente alla luce del continuo affinarsi delle tecniche utilizzate dai gestori dei siti pirata per aggirare i divieti e i provvedimenti delle Autorità di controllo e dell’Autorità giudiziaria.
CRTV ha auspicato inoltre la possibilità per l’Autorità, a seguito di opportuna modifica normativa, di ordinare blocchi dell’IP a seguito di reiterate violazioni di ordini di disabilitazione all’accesso; e di prevedere poteri inibitori, esercitabili d’ufficio, laddove si tratti di verificare la corretta esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità, senza attendere le istanze di parte, di nuovo, soprattutto in caso di violazioni reiterate.
Consultazioni UE. Nell’Aprile scorso si è chiusa una consultazione della Commissione UE sulla creazione di una “Lista nera” dei Paesi ad alto tasso di contraffazione e pirateria sulla falsariga della Lista che da tempo redige il Dipartimento del Commercio statunitense, a cui l’iniziativa UE appare ispirarsi.
Nella consultazione sul tema CRTV ha richiesto di allargare la definizione alle piattaforme che possono portare alla condivisione di contenuti illeciti; e ai mercati online per ricomprendere anche le nuove forme di pirateria, che si muovono anche in ambiti e-commerce. Il confine fra reti social e motori di ricerca che favoriscono pratiche di condivisioni illecite è sfumato; secondo CRTV si dovrebbe lavorare per richiedere una loro maggiore responsabilizzazione. Si segnala che nel 2017 il Dipartimento del Commercio USA, nel documento periodico di monitoraggio dei mercati online della contraffazione, include anche tipologie più ampie, quali ad es. cyberlockers o siti di condivisione p2p; e fa riferimento ai terminali precaricati (o precaricabili) per lo streaming illegale (“illicit streaming devices” ISD), il fenomeno di cui discutiamo oggi, in un focus specifico.
In tutti questi casi, i siti/servizi monetizzano l’attività di sfruttamento dei diritti d’autore altrui grazie alle inserzioni pubblicitarie, alle sottoscrizioni dei clienti o alla loro profilazione. L’Associazione ha reclamato implementazioni degli strumenti di intervento, specialmente alla luce del continuo affinarsi delle tecniche utilizzate per aggirare i divieti. Fra le linee di intervento, che possono basarsi ormai su una nutrita prassi giurisprudenziale richiamiamo la possibilità di:
- ordinare blocchi dell’IP a seguito di reiterate violazioni di ordini di disabilitazione all’accesso. Esiste una nutrita giurisprudenza internazionale al riguardo che per esempio sta estendendo la possibilità di applicare inibitorie ai domini (invece che a specifiche url) facilitando l’attività di segnalazione e intervento, per esempio per lo streaming live di eventi (si pensi al calcio);
- superare il limite dell’IP e del DNS, facilmente bypassabili con la creazione di nuovi domini dall’estero, attraverso l’inclusione degli alias attuali e futuri;
- emancipare il concetto di responsabilità dell’hosting dalla connotazione attiva o passiva, nel momento in cui l’intermediario sia reso consapevole (gli venga segnalato) dell’illegalità di contenuti trasportati e si possa diffidare (e sanzionare) l’ulteriore distribuzione.
Da ultimo citiamo la consultazione della Commissione UE sulle “misure per migliorare l’efficacia della lotta ai contenuti illegali online”, che ha considerato in un unico contesto le misure per combattere per combattere tipologie di reati molto diverse, anche per gravità (es. cyberbullismo, odio, …). CRTV anche in questo caso è intervenuta ribadendo le necessità di rendere le procedure di intervento più tempestive ed efficaci, agendo sulla rapidità della segnalazione (notice) e della rimozione (take down) e la garanzia della permanenza (stay down). La consultazione è stata anche l’occasione per ribadire un altro concetto importante per la tutela del copyright: la segnalazione può pervenire, oltre che dal detentore dei diritti, anche da associazioni di essi rappresentative.
La tutela passa dal riconoscimento del copyright. La pirateria viola il diritto degli autori di controllare la diffusione dei propri contenuti e nega l’equa remunerazione degli aventi diritto, caratteristiche del diritto di privativa e del diritto di autore nel modo reale. Soprattutto, mantiene il valore degli sfruttamenti online in capo alle piattaforme che diffondendoli hanno ottenuto ricavi diretti e indiretti, il cosiddetto “value gap”. Nella proposta di revisione della direttiva copyright si tenta di eliminare coinvolgere le piattaforme online spingendole a implementare e favorire un controllo alla circolazione dei contenuti; e una equa remunerazione per la filiera degli aventi diritto. Si tratta di tre step distinti, ma collegati: riconoscimento, remunerazione, controllo. La responsabilizzazione degli operatori online esiste nel momento in cui essi costruiscono il proprio business a partire dall’utilizzo di contenuti: con ricavi da pubblicità o abbonamento, ma anche dall’utilizzo dei dati degli utenti a fini di profilazione, commercializzazione, sviluppo tecnologico o di prodotto.
Responsabilità per l’online. Di certo ci deve essere una responsabilità minima intesa come accountability: ossia rispondere qualora ci siano degli illeciti in atto, rimuovendo contenuti illegali o nocivi e assicurarsi che tali contenuti restino rimossi. Discorso analogo vale per le forme di contrasto a queste nuove frodi in cui devono essere coinvolti anche i mercati online con forme di controllo e inibizione della vendita; eventualmente le telecom (con alert). Non esiste una generale esenzione di responsabilità per l’online. Non è accettabile che le piattaforme online oppongano una esenzione di responsabilità generale basata su un’intermediazione (o hosting) che è passiva per quanto attiene alle responsabilità ma che è molto attiva per quanto attiene ai profili di business.
Conclusioni. Da decenni il settore radiotelevisivo contribuisce alla remunerazione della filiera creativa con il pagamento delle licenze a autori, artisti, interpreti ed esecutori. È tale filiera, e a valle i contenuti (acquistati, prodotti, coprodotti) distribuiti dai broadcaster che è penalizzata da utilizzi online, attualmente non controllati, spesso illegali e non remunerati (o non adeguatamente remunerati). Controllo, riferibilità e remunerabilità equa, capillare e puntuale sono forme di tutela imprescindibili del diritto di autore nel mercato reale che debbono essere estese all’online.
Non è più giustificabile l’asimmetria normativa e gli impatti che essa sta generando sui mercati nazionali europei, tema cruciale per lo sviluppo di un ecosistema digitale sano e a prova di futuro.