Una giornata di studio con i massimi studiosi della materia – esperti di altri Paesi e dell’Ue, piattaforme digitali, ordine e sindacato dei giornalisti, cronisti che l’hanno applicata, tecnici e dirigenti dell’Agcom – e un libro bianco, con proposte concrete da mettere a disposizione del parlamento per estendere la par condicio al web: è il programma dichiarato da Giacomo Lasorella, Presidente Agcom, in un’intervista rilasciata a La Repubblica a valle della chiusura della campagna elettorale. Il presidente Agcom si allinea alla richiesta da tempo presentata da CRTV, di aggiornare una legge che, oltre ad essere particolarmente complessa e gravosa nell’applicazione per gli operatori radiotelevisivi, è arrivata a costituire oggi uno svantaggio per gli stessi (paradigmatico al riguardo il passo indietro fatto da alcuni operatori radiotelevisivi rispetto ai faccia a faccia dei candidati). “È impossibile non constatare come la mancanza di un level playing field, anche in questo campo, si risolva in una “impar condicio”, un privilegio a carico di soggetti diffusi e non identificabili, e come un intervento di ampio respiro in materia non sia più procrastinabile”, ha dichiarato in un proprio comunicato recente CRTV
Il riferimento è alla legge 28 del 2000 (e successive modifiche e integrazioni), che disciplina la par condicio sui mezzi tradizionali, come Tv e radio, ma su non internet, semplicemente perché concepita in un’altra epoca, quando la Rete e le sue declinazioni social non erano così presenti nel quotidiano dei consumi informativi, e la presenza e l’impatto degli operatori della Rete così incombenti.
Lasorella non ha mancato di ricordare come l’intervento spetti ai legislatori italiano ed europeo: entrambi sono chiamati ad intervenire con urgenza per ristabilire condizioni di parità e, aggiungiamo, affrontare la minaccia di documentate ingerenze transnazionali con campagne di disinformazione. Per il legislatore italiano si pone il problema di far convergere una larga maggioranza su regole che superino l’approccio quantitativo “ci si sarebbe aspettati un’applicazione più evoluta e compatibile di una legge – pensata per un tempo, un mondo e un contesto politico istituzionale diversi – che impone di misurare la par condicio con il bilancino e il cronometro” dichiarava già nel 2018 CRTV, o che non cadano in derive applicative limitative della libertà editoriale/professionale delle redazioni risultando di difficile applicazione. Nel 2018 si estendevano gli obblighi a giornalisti e opinionisti, ad altre fasce di programmazione, alla parità di genere tra i soggetti politici, alla lista degli ospiti, alle rassegne stampa, ai comportamenti del pubblico; per i giornalisti si valutavano spazi di notizia adeguati, oltre a quelli di parola. Le disposizioni applicative sono rimaste sostanzialmente invariate, nonostante si trattasse, aveva fatto notare CRTV, di “imposizioni palesemente inapplicabili e contraddittorie, tali da comportare oneri operativi insostenibili, con ricadute negative sulla possibilità di garantire l’obiettività dell’informazione in una competizione elettorale”. Lasorella ha anche ricordato che nella valutazione effettuata sulla normativa elettorale, in prima applicazione: “abbiamo tenuto in debito conto la legge elettorale che non prefigura certo un assetto bipolare né prevede dei capi delle coalizioni politiche”.
Per il legislatore europeo, si tratta di intervenire con strumenti di level playing field, ossia norme effettivamente cogenti, condivise (non autoregolazione), monitorabili e sanzionabili. Le attese sono rivolte, oltre al regolamento sulla pubblicità politica, che inizia ora il suo iter legislativo a livello UE, e all’implementazione delle misure quadro contenute nella legge sui servizi digitali (DSA) e nella legge sul mercato digitale (DMA), regolamenti prossimi alla pubblicazione. Anche sulle sanzioni, che saranno calibrate “sulla base dell’entità della violazione” nelle parole di Lasorella, si richiede l’attenzione dei legislatori per ristabilire un level playing field.