Le linee programmatiche del cosiddetto “Piano Editoria 5.0” come presentate alla Commissione Affari Costituzionali del Senato dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria Andrea Martella il 27 novembre scorso. L’intervento spazia da considerazioni di sistema – crisi del sistema editoriale e necessario cambio di paradigma a difesa del pluralismo, strumenti di sostegno alla filiera editoriale attraverso una legge di sistema (Editoria 5.0) – ad altre settoriali – rete di distribuzione e vendita (edicole); lavoro giornalistico (equo compenso e lotta al precariato); agenzie di stampa; nuova Convenzione RAI.
Dalla relazione abbiamo estratto la parte relativa al diritto di autore.
Recepimento della direttiva europea e liberalizzazione dell’attività di intermediazione. Tra le funzioni che mi sono state delegate dal Presidente del Consiglio dei Ministri rientra anche la tutela del diritto d’autore, cui si affianca la funzione di vigilanza sulla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), che è a tutt’oggi la principale società di intermediazione e gestione dei diritti d’autore.
Il quadro giuridico sul diritto d’autore è centrale per la promozione della creatività, dell’innovazione e per l’accesso alla conoscenza e all’informazione. Ed è a maggior ragione rilevante per un Paese come l’Italia in cui l’industria della cultura e della creatività rappresenta circa il 3 per cento del PIL e il 4 per cento della forza lavoro. Oggi, nella particolare congiuntura economica, politica e istituzionale che l’Italia e l’Europa stanno attraversando, la questione del diritto d’autore e della sua concreta protezione nel mercato digitale assume una rilevanza giuridica ed economica sistemica e, per molti aspetti, storica.
Un impatto significativo su questo comparto è destinato a venire dall’attuazione della nuova Direttiva europea sul copyright in vigore dal luglio 2019. La nuova disciplina comunitaria nasce dall’esigenza ormai indifferibile di affrontare – per la prima volta su scala continentale – i radicali mutamenti indotti dalla trasformazione digitale nel mercato dei contenuti protetti da diritti d’autore. Il suo fine è quello di riequilibrare la distribuzione del valore fra autori, giornalisti ed editori da una parte, e le grandi piattaforme di condivisione online dall’altra, in primo luogo attraverso l’affermazione del principio di adeguata e proporzionata remunerazione dei contenuti editoriali. Ma non potrà trascurarsi, in sede di attuazione, anche il problema della trasparenza degli algoritmi di indicizzazione utilizzati dagli aggregatori di notizie e dai motori di ricerca. L’adozione nel luglio scorso della nuova disciplina europea del copyright, per un verso, e l’imminente implementazione di un sistema europeo di tassazione – la cd web tax – destinato a far emergere le basi imponibili derivanti dalle attività delle piattaforme digitali, per altro verso, offrono ai singoli Stati nuove opportunità di intervento, ma pongono anche sfide complesse che i Governi e i legislatori nazionali devono essere in grado di interpretare con il necessario equilibrio.
Gli Stati membri dovranno recepire la Direttiva sul copyright entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore, ovvero entro il 7 giugno 2021. L’Italia intende farlo tempestivamente – già attraverso la prossima legge di delegazione europea che sarà presto presentata alle Camere – ricercando il miglior bilanciamento possibile tra la libertà di espressione individuale e la tutela della qualità e del pluralismo dell’informazione, anche attraverso la giusta remunerazione dei contenuti editoriali.
In particolare dovrà essere concretamente disciplinato, con il necessario equilibrio l’esercizio del nuovo diritto connesso introdotto dalla Direttiva europea, cioè il diritto degli editori a tutelare le pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo online da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione.
Un altro importante profilo che dovrà essere affrontato in sede di recepimento della
Direttiva è quello della responsabilità dei “prestatori di servizi di condivisione di contenuti online” per l’utilizzo di contenuti protetti. Per la prima volta, la disciplina europea prevede che questi soggetti rispondano della liceità dei contenuti caricati dagli utenti, sia pure con una responsabilità mitigata e declinata secondo un principio di proporzionalità.
Digital tax, riserva per Fondo pluralismo. Nel frattempo, nelle more dell’attuazione del nuovo regime normativo e fiscale europeo, l’Italia punta ad accrescere le risorse destinate al sistema dell’informazione, attraverso la misura nazionale di tassazione sulle intermediazioni finanziarie, la cd Digital tax prevista dal disegno di legge di bilancio per il 2020. Avevamo proposto che una quota del gettito di tale imposta – pari al 5 per cento, entro il limite massimo di 20 milioni di euro annui – fosse strutturalmente riservata all’alimentazione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione nel sistema editoriale, quale prima misura di “compensazione” per la digital disruption che ha colpito il sistema editoriale negli ultimi anni. Questa proposta non ha potuto essere recepita nell’ambito della nuova Digital tax perché il nuovo regime fiscale è ancora oggetto di un tentativo di armonizzazione a livello OCSE. Se a questo livello non si raggiungerà un accordo, il tema sarà affrontato dalla nuova Commissione europea, in via normativa o attraverso la cooperazione rafforzata. A prescindere da quale sarà l’esito del confronto in atto, continueremo a ritenere significativa l’introduzione di una riserva di gettito sulla Digital tax, non solo per l’impatto finanziario che avrebbe sul sistema del sostegno pubblico all’editoria, ma anche e soprattutto come segnale culturale. Pur in mancanza di questa misura, la legge di bilancio ha comunque attribuito al Fondo per il pluralismo la stessa quantità di risorse aggiuntive (20 milioni di euro annui), ai fini del finanziamento della nuova agevolazione alle scuole per l’acquisto di abbonamenti a giornali, periodici e riviste, cartacei e/o digitali.
SIAE. Quanto alla funzione di vigilanza sulla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), ricordo che al momento rimane la principale società di collecting. I dati ad essa relativi mostrano l’oggettiva rilevanza dell’ente: oltre 87mila autori ed editori iscritti, oltre 62 milioni di opere tutelate e 559 milioni di euro di compensi di diritto d’autore erogati nel 2017. Le attività di intermediazione del diritto d’autore sono state oggetto di un significativo intervento di liberalizzazione, attraverso il decreto legislativo n. 35 del 2017. In quel contesto sono stati indicati i criteri generali ai quali deve essere improntata l’attività di collecting. Oggi, nella nuova cornice legislativa, occorre garantire al settore adeguate tutele che non creino condizioni di svantaggio in particolare per i soggetti che, operando in settori di nicchia, in un mercato liberalizzato potrebbero risultare meno «appetibili». A questo proposito auspico che il Parlamento possa esaminare quanto prima le proposte di legge, tuttora pendenti, in materia di intermediazione e gestione dei diritti d’autore.