La Corte di Giustizia UE dichiara “manifestamente irricevibile” la richiesta del TAR Lazio di pronunciarsi sulla contrarietà alla normativa europea.
Nei giorni scorsi è stata resa pubblica l’ordinanza della Corte di Giustizia UE che ha dichiarato “manifestamente irricevibile” il quesito circa la contrarietà al TFUE proposto dal TAR Lazio nella causa Google contro AGCom, giudizio in cui la multinazionale di Internet metteva in discussione l’obbligo di fornitura dei dati alla Informativa Economica di Sistema (IES) anche per le concessionarie pubblicitarie sul web aventi sede in altro Stato Membro.
La decisione è importante in quanto costituisce un’indicazione univoca non solo circa l’insussistenza di elementi idonei a configurare una violazione del diritto europeo, ma anche sulla questione interpretativa della norma stessa, generando riflessi anche nel merito della causa nel proseguio di fronte al TAR (non a caso la Corte di Giustizia UE non ha accolto la proposta di riformulazione del quesito avanzata nel corso del giudizio).
Pur trattandosi di una pronuncia di tipo procedurale rappresenta quindi un primo risultato positivo verso il riconoscimento dei diritti dell’industria italiana radiotelevisiva e delle comunicazioni, a fronte della mancata accettazione da parte di Google delle regole vigenti nel nostro ordinamento in tema di pluralismo.
Il giudizio, lo ricordiamo, si fonda sul ricorso di Google contro la delibera AGCom n. 397/13/CONS dove Google sostiene di non raccogliere direttamente pubblicità in Italia, ma di limitarsi a prestare “servizi ausiliari” alla sua controllata irlandese, la sola – a suo dire- vera e propria concessionaria. Si tratta, in realtà, di un evidente escamotage: scindendo l’attività di raccolta pubblicitaria in due distinti soggetti giuridici, uno soltanto dei quali stabilito in Italia, ed assegnando a quest’ultimo un ruolo meramente strumentale, il gruppo statunitense mira ad operare sul mercato italiano eludendo le regole di tutela del pluralismo, attraverso la formale imputazione ad un soggetto di diritto irlandese di un’attività economica che produce effetti sul mercato italiano. In altri termini se il gruppo Google non fosse soggetto all’applicazione dell’art. 43, TUSMAR, l’AGCom non potrebbe imporgli alcun genere di misura volta alla tutela del pluralismo, anche qualora emergesse la sussistenza, in capo al medesimo gruppo, di posizione dominante lesiva del pluralismo su un mercato del SIC (ad esempio: la raccolta pubblicitaria “on-line”).
CRTV ha quindi deciso di contrastare queste tesi mediante un intervento adesivo in giudizio, a sostegno delle ragioni dell’Autorità (in considerazione del fatto che nel 2013 la norma è stata estesa alla pubblicità on-line). L’esclusione di Google dall’applicazione dell’art. 43, TUSMAR darebbe infatti luogo ad una grave ed ingiustificata asimmetria, a discapito di tutti i soggetti del SIC, che vedrebbero uno dei loro principali concorrenti escluso dall’applicazione delle regole di tutela del pluralismo. Ciò costituirebbe inoltre un pericoloso precedente ostativo al recepimento normativo e all’affermazione (anche a livello europeo) di un mercato a regolazione unica quale si presenta oggi quello dei “broadcaster” e degli OTT attivi sul mercato pubblicitario.
L’ordinanza quindi si presenta quindi come un primo passo avanti, sia pure non ancora risolutivo, affinchè l’Autorità possa procedere agli adempimenti del caso (p.e.s. iscrizione d’ufficio al ROC) e alle relative conseguenze. CRTV resta impegnata e moltiplica i propri sforzi in tale senso perchè tali obiettivi vengano conseguiti nel rispetto delle regole nel nostro ordinamento.