RAI ma non solo, Italia, UE e la strategia CRTV per broadcaster e produttori. L’importanza dell’apporto RAI per il cinema italiano e la necessità di rafforzare le risorse dell’emittente pubblica per sostenere la filiera creativa è uno dei passaggi dell’intervento di Francesco Rutelli in audizione presso la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui modelli di governance e sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo. RAI Cinema è fondamentale per l’industria dell’audiovisivo, ha detto Rutelli, ma anche per il cinema in sala. Ciò è evidente anche dalla riduzione, a causa della crisi, dei proventi del cinema nell’ultimo bilancio RAI.
Rutelli ha aggiunto che per le industrie che rappresenta è importante che la RAI continui a investire in nuovi contenuti di produzione (anche indipendente). Quindi ha riporta alcuni dati relativi al canone: incidenza più bassa della media europea, il fatto che solo 74 euro su 90 sono incassati dalla RAI e che il 17% dei ricavi RAI rimangono allo Stato: si tratta di circa 340 milioni di euro, che, sottolinea, se rimanessero nella dotazione RAI potrebbero aprire a una crescita degli investimenti, anche per un rafforzamento dei valori condivisi. Sul tema degli investimenti, aggiunge come quelli nel cinema siano fra i più produttivi, secondi in Italia solo al settore dell’edilizia sul versante occupazionale (si veda al riguardo lo Studio con Confindustria).
Il contributo del settore televisivo nel suo insieme è centrale nella filiera audiovisiva. Il mercato dell’audiovisivo rappresenta quasi 50 miliardi del PIL europeo, 2 milioni di posti di lavoro tra diretti ed indotto, ricoprendo da sempre un’importanza primaria per lo sviluppo dell’economia. In Italia il ruolo dei broadcaster, fondamentale durante il periodo più difficile della crisi sanitaria nel garantire informazione, comunicazione di servizio e intrattenimento ai cittadini, si è dimostrato insostituibile per la ripresa come volano di crescita per l’intera filiera dell’audiovisivo e per l’intera economia, anche attraverso la pubblicità che promuove servizi e prodotti.
Nel corso degli anni il sostegno dei broadcaster è stato decisivo (oltre l’80% degli investimenti nel settore) per l’industria audiovisiva europea – in particolare italiana – risultando determinante per la realizzazione e distribuzione di opere audiovisive destinate alla programmazione sulle reti lineari e on demand, all’interno del mercato radiotelevisivo italiano, europeo ed internazionale.
L’emergenza Covid-19 ha tuttavia cambiato i parametri di riferimento dell’intero comparto, evidenziandone le difficoltà e le asimmetrie, anche normative, che incidono sulla sostenibilità economica e sul mercato dei media europei; la penetrazione sempre più diffusa delle piattaforme online, forti di ingenti risorse e con strategie di acquisizione aggressive in tema di diritti, ha avuto un impatto rilevante sul mercato audiovisivo.
La capacità di spesa dei soli broadcaster è oggi difficilmente compatibile con il sostegno richiesto dal sistema delle quote, soprattutto se confrontate con quelle delle grandi piattaforme internet attive nel settore. Il rischio è quello di una marginalità tale da limitare inevitabilmente la produzione e l’attività di acquisizione. E’ questa una criticità che le proposte di legge UE – Digital Services Act e Digital Market Act, per le rispettive competenze – si auspica che aiutino a riequilibrare. Per quanto riguarda le produzioni, si consideri anche che una riduzione della presenza sul mercato dei committenti che operano in Italia da molti anni finirebbe per ripercuotersi, a cascata, su tutte le imprese che operano nel settore dell’audiovisivo e sui relativi livelli occupazionali. Per contrastare questo fenomeno dovrà essere incentivata tutta l’industria nazionale dell’audiovisivo, favorendone gli investimenti e la qualità al fine di rilanciarla in tutta la sua filiera, con ricadute significative sui livelli occupazionali.
È quanto proposto da CRTV nel piano settoriale per il PNRR presentato al governo, con una richiesta di investimenti per tutta la filiera audiovisiva dell’ordine di 800 milioni di euro che prevede, fra l’altro, un maggiore utilizzo del tax credit con minori limiti rispetto alle tipologie di opere che vi hanno accesso, e la previsione di un fondo per la distribuzione dei contenuti all’estero.