L’11 aprile 2017 è entrato in vigore il D.Lgs. 15 marzo 2017 n. 35 che, recependo nel nostro ordinamento la Direttiva 2014/26/UE, ha introdotto importanti novità in tema di gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi.
Tra i buoni propositi del legislatore vi era, tra gli altri, l’obiettivo di garantire agli operatori, attraverso la c.d. liberalizzazione del mercato, una maggiore concorrenza, il miglioramento dell’efficienza dei meccanismi di funzionamento e una maggiore trasparenza nel rapporto tra collecting, titolari dei diritti e utilizzatori di opere protette.
Dopo un lungo periodo di collaudo, durato cinque anni, da molte parti ci si interroga se la riforma abbia, e in che misura, raggiunto gli obiettivi che si era prefissata o se, viceversa, non la si debba ritenere un’occasione mancata per semplificare le procedure di negoziazione, utilizzo, raccolta e distribuzione dei diritti.
La sensazione, ma anche l’opinione maggiormente diffusa tra tutti i soggetti interessati, è che ancora rimanga molta strada da fare, soprattutto con riferimento alla trasparenza dei mandati ed alla puntuale definizione/classificazione dei soggetti titolari dei diritti.
I diritti d’autore e i diritti connessi sono solitamente amministrati da società di gestione collettiva che agiscono in qualità di mandatarie dei titolari di tali diritti. Questo per assicurare, soprattutto sul piano contrattuale, le migliori tariffe possibili e la razionalizzazione dei costi amministrativi di gestione e di distribuzione.
L’industria culturale e creativa fa perno sui soggetti creatori di contenuti (autori, produttori, artisti, interpreti, esecutori, etc.). Le società di collecting svolgono nel sistema un ruolo insostituibile e preziosissimo. Assicurano la migliore remunerazione possibile e l’erogazione di servizi in favore dei titolari dei diritti. Ciò non può essere realizzato se non si investe nella revisione di processi e tecnologie e se non si agevola la fruizione dei repertori tra gli utilizzatori attraverso un sistema chiaro, efficiente e immediato.
Su quest’ultimo aspetto a distanza di anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. n.35 uno dei nodi più difficili da sciogliere tra collecting e utilizzatori rimane senza alcun dubbio la mancanza di trasparenza nella rappresentanza dei mandati, che allo stato attuale danneggia tutti.
In tanti sono convinti che la soluzione al problema della trasparenza potrebbe essere la costituzione di una banca dati unica, magari gestita da un ente terzo che funga anche da collettore unico. Se questo fosse vero (noi riteniamo di si), basterebbe ancora un piccolo sforzo per realizzare appieno gli obiettivi della riforma. Per questo è necessario un ultimo intervento sul piano normativo da parte del legislatore.