CRTV in audizione al Senato: oltre 10 miliardi investiti dalle emittenti televisive in produzione audiovisiva negli ultimi 10 anni
Si è tenuta mercoledì 10 febbraio l’audizione di Confindustria Radio Televisioni presso la VII Commissione Istruzione, beni culturali del Senato della Repubblica sul DDL Di Giorgi in merito al riassetto, valorizzazione, finanziamento e regime fiscale delle attività cinematografiche e audiovisive. La delegazione, guidata dal Vice Presidente di CRTV Stefano Selli, era composta dai componenti della Commissione Regolamentare-Istituzionale di CRTV Francesco Canini (Discovery Italia), Egidio Viggiani (Prima TV), Alessandro Picardi (Rai), Gianluca de Matteis Tortora (Rai), Alfredo Borgia (SKY) Marco Valentini (SKY), Barnaba Costalonga (Viacom) e Andrea Franceschi (Dg CRTV).
Il Presidente della Commissione Andrea Marcucci ha accolto la delegazione informandola che l’audizione, arrivando a compimento di un nutrito ciclo di incontri nonchè a seguito dell’annuncio di un DDL di iniziativa governativa, non avrebbe previsto un seguito per l’approfondimento del futuro nuovo testo unificato, ma che, attesi tempi stretti per il completamento dell’iter parlamentare, era gradita ogni utile integrazione al documento di posizione lasciato da CRTV agli atti in corso di seduta.
Il Vice Presidente Selli, nel ringraziare il Presidente e la Commissione per l’opportunità concessa all’Associazione di apportare il proprio contributo, ha innanzitutto sottolineato come una delegazione così numerosa e qualificata intendesse esprimere l’interesse di tutto il settore radiotelevisivo italiano (rappresentato delle singole Associate) rispetto ad un provvedimento quadro di riassetto del settore cinematografico e dell’AV che passi attraverso la razionalizzazione e la semplificazione della normativa.
I “broadcaster” italiani hanno da sempre creduto e investito nell’industria dell’AV, e continuano a farlo malgrado una legislazione estremamente vincolistica e i vistosi cambiamenti tecnologici, di consumo e di mercato.
Secondo le prime elaborazioni sui dati forniti dagli Associati, gli investimenti sostenuti in produzione audiovisiva delle emittenti televisive negli ultimi 10 anni ammontano infatti complessivamente ad oltre 10 miliardi di euro1.
Tali numeri sostanziano la disponibilità degli editori televisivi a individuare e discutere anche nuovi equilibri tra i diversi “player” per un compiuto sviluppo del comparto. Tuttavia tali equilibri non possono non considerare la necessaria efficienza nel rapporto tra i rischi connessi agli investimenti sostenuti e lo sfruttamento dei diritti, espressione dello stesso principio di libertà d’impresa.
Nel corso dell’articolato intervento, il Vice Presidente Selli ha ripercorso i punti salienti del documento [il testo integrale è disponibile sul sito internet di CRTV all’indirizzo http://www.confindustriaradiotv.it/documentazione/testi/] soffermandosi sulle parti più critiche del provvedimento e sottolineando la volontà dell’Associazione di contribuire attivamente nel proseguio del dibattito. Questo non in una logica conservativa bensì quale contributo all’individuazione di meccanismi finalizzati a generare un adeguato flusso di investimenti (computati sul “budget” destinato alla programmazione, come richiederebbe la normativa Europea) capaci di far affluire nuove risorse al sistema. Un sistema che non viene messo in discussione, ma che necessita di una revisione in una logica più legata alle esigenze delle emittenti, a vantaggio di tutti gli attori della filiera veramente interessati alla qualità della produzione. Un sistema che deve essere sostenibile e che non può risolversi in un aggravio – in termini di costi – per il settore televisivo già duramente provato dalla coda lunga di una crisi economica che ormai presenta profili strutturali per tutta la filiera.
In particolare CRTV ha espresso la propria netta e decisa contrarietà rispetto a misure come la tassa/prelievo di scopo, misure asimmetriche a favore solo dei produttori, che diventano controproducenti anche per gli stessi beneficiari, marginalizzando gli operatori che non sono in grado di sopportare i costi amministrativi indotti da un sistema burocratico pesante e farraginoso, a detrimento delle produzioni più creative, ma spesso meno strutturate, che rischiano di trasformarsi in meri “service”.
Già oggi il settore può contare su numerosissime forme di sostegno (v.p.es. fondi regionali, FUS, Tax Credit, etc ), ma l’applicazione pratica di queste misure si è dimostrata inadeguata a determinare la crescita del settore.
Tale approccio appare quindi inaccettabile, in quanto anacronistico in termini di mercato che ne risulterebbe inevitabilmente drogato, e insostenibile, anche da un punto di vista industriale. E’ inoltre evidente che una tassa di scopo si risolverebbe in un forte disincentivo ad attrarre investimenti esteri.
Un secondo punto di emersione delle contraddizioni del sistema è inoltre fornito dal tema delle quote relative agli obblighi di programmazione e d’investimento nella produzione audiovisiva. Nel corso degli anni infatti si sono stratificati diversi interventi normativi e regolamentari che, in maniera ben più rigida rispetto a quanto richiesto dalla normativa europea, attraverso quote, sotto-quote (in gran parte sconosciute per i nuovi attori del mercato OTT che operano sostanzialmente senza obblighi o limitazioni) e tecnicismi di difficile attuazione, si sono dimostrati un vincolo, anche per quella parte della produzione indipendente professionalmente più capace, strutturata, di qualità, ed hanno inciso eccessivamente nelle scelte industriali ed editoriali dei fornitori dei servizi di media audiovisivi. Un sistema peraltro rispettato ampiamente dai “broadcaster” malgrado una situazione di forte contrazione dei ricavi e quindi di difficile mantenimento degli equilibri aziendali: secondo le rilevazioni AGCom 2012, la media delle quote di programmazione di opere europee ammonta infatti al 61%, mentre per le opere recenti la media è del 43%. In un contesto così complesso e ad alta turbolenza, si tratta quindi di semplificare, razionalizzare e rimodulare tutto il sistema delle quote, in modo tale da consentire alle emittenti di continuare ad investire in programmazione di qualità, con contenuti adeguati al mutato scenario competitivo e coerenti con le specifiche strategie editoriali e d’impresa.
Infine il Vice Presidente Selli ha espresso la contrarietà di CRTV alla previsione normativa contenuta nel DDL in tema di concentrazione d ‘impresa che fa divieto a chiunque svolga la propria attività nell’industria del cinema e dell’AV di essere titolare, in forma individuale o associata, di aziende che operino in più di due dei seguenti settori: produzione, distribuzione, esercizio, edizione o distribuzione di servizi televisivi, anche online o telefonici. Una norma che impone un ingiustificato e autolesionistico freno alle società integrate che operano nel settore, vanificando sinergie e scelte imprenditoriali finalizzate a realizzare e ad ampliare il flusso degli investimenti.
La relatrice Di Giorgi ha espresso parole di apprezzamento sulle indicazioni contenute nel documento di CRTV che verranno tenute presenti nel successivo iter parlamentare che si prospetta rapido (la chiusura del provvedimento è prevista entro il mese di giugno). Ha ribadito infine la grande attenzione del Parlamento (in dialettica con il Governo e la Presidenza del Consiglio) nelle scelte finali affinché non si ripercuotano negativamente sugli equilibri di ciascun settore.