Le proposte di CRTV sul DSA esposte dal Presidente in audizione alla Commissione IX Trasporti della Camera. Per il DMA, mantenere circoscritto l’ambito di applicazione e aggiungere criteri qualitativi per l’identificazione dei gatekeepers. “La nostra Associazione si è occupata a più riprese dei temi della regolamentazione dell’ambiente digitale, denunciando più volte e in più sedi l’assenza di un vero level playing field tra operatori nazionali e grandi piattaforme OTT e rilevando che ciò comportava significative distorsioni nella concorrenza” ha esordito il Presidente Siddi “non si può pertanto che essere favorevoli alle iniziative europee in esame, risultando però necessarie alcune osservazioni”.
Per la proposta UE in materia di mercati digitali (Digital Markets Act, in seguito abbreviata con “DMA”), che stabilisce una serie di criteri per individuare le piattaforme online di grandi dimensioni che esercitano una funzione di controllo dell’accesso “gatekeeping”, il Presidente ha indicato che l’ambito di applicazione della norma va mantenuto circoscritto “una eccessiva espansione dell’elenco degli enti coinvolti andrebbe infatti a inficiare l’effettività delle norme” aggiungendo tuttavia che “sarebbe opportuno applicare sia criteri quantitativi che qualitativi” e, per lo specifico del nostro settore, ricomprendere fra i sistemi operativi anche quelli utilizzati per le radio e le TV connesse e” (art. 2.2., lett.f).
Siddi ha sottolineato inoltre che “principi come l’interoperabilità e la portabilità dei dati tra le diverse piattaforme, sono fondamentali per eliminare le possibili barriere all’ingresso per i nuovi attori nel mercato digitale”; che si accoglie con favore la previsione degli obblighi previsti agli articoli 5 e 6 della proposta, soprattutto con riguardo alle disposizioni che si applicano ai gatekeepers operanti sul mercato della pubblicità online: “occorrerebbe tuttavia precisare che non è consentito limitare l’accesso a servizi di contenuti di terze parti o stabilire costi per il trasporto di tali contenuti”. Inoltre, le piattaforme gatekeepers non dovrebbero poter inserire sponsorizzazioni o pubblicità nei servizi di contenuti di terze parti senza l’espresso consenso del fornitore di contenuti.
“La proposta “Digital Services Act” si pone come nucleo di norme fondamentali per l’economia digitale, collegato al GDPR e con lo stesso obiettivo di “globalizzazione” delle regole che vigono per gli operatori europei” ha aggiunto Siddi, ricordando che alla vigilia della pubblicazione della proposta, CRTV aveva manifestato la propria preoccupazione per un possibile disallineamento della stessa con l’altro provvedimento fondamentale per stabilire un sistema nel quale confrontarsi con gli OTT, a parità di regole e condizioni, ossia la “Direttiva copyright”. “I timori espressi riguardavano, in particolare, il tema della responsabilità delle piattaforme online sui contenuti veicolati e gli strumenti di enforcement, che dovrebbero ispirare il nuovo approccio “orizzontale e coordinato” delle Commissione UE. L’auspicio è che la natura orizzontale del DSA possa chiarire le discrepanze che si sono venute a creare tra le diverse normative di settore garantendone, al contempo, un’efficace applicazione”. Fra i punti critici della proposta, nell’individuazione dei soggetti responsabili dei contenuti (Capo II) si fa riferimento all’hosting attivo e hosting neutrale: questo confligge con la vasta giurisprudenza sulla distinzione attivo/passivo, in relazione alla responsabilità per i contenuti immessi, che andrebbe invece mantenuta nel testo. Affermare una totale terzietà degli intermediari non appare, nè corretto né utile alla creazione di un ambiente digitale sano: un esempio per tutti sono i servizi cloud, grandi spazi digitali nei quali vengono immessi e condivisi, senza alcun controllo, materiali di ogni tipo, anche tutelati da copyright. Sull’esenzione della responsabilità piuttosto che richiamare definizioni ed accezioni, occorrerebbe valutare la condotta delle piattaforme: potrebbero goderne solo quando applicano soluzioni tecnologiche sicure ed efficaci, non necessariamente fornite dalle piattaforme stesse, valutando una serie di soluzioni, tra le quali anche l’implementazione di mezzi, non necessariamente forniti dalle piattaforme, tramite i quali “marcare” i contenuti protetti (content ID), per poter eventualmente tracciare i contenuti, individuare la titolarità e i diritti sugli stessi, controllarne la diffusione, ottenerne la rimozione permanente (take down e stay down) in caso di violazione della licenza.
Riguardo agli ordini di rimozione dei contenuti (Art.8) e il meccanismo di notifica e azione (Art.14), aspetti cruciali per la protezione dei contenuti illecitamente diffusi, Siddi ha infine rilevato come sia inopportuno imporre un contenuto particolarmente dettagliato agli ordini (anche se emanati da autorità giudiziarie) e alle notifiche relativi alla rimozioni di contenuti, specialmente con riguardo alla previsione di indicare anche l’URL del contenuto vietato che rallentano gli interventi o li rendono inefficaci (facilità con la quale un contenuto può essere cancellato dall’utente che lo ha postato, e caricato nuovamente) in particolar modo per quanto riguarda le opere soggette a copyright.