Principi importanti dalla recente sentenza Facebook vs Altrconsumo. Il TAR del Lazio interviene sulla natura gratuita di Facebook e ci ricorda che i dati personali sono anche beni commerciali. “Iscriviti. È gratis e lo sarà per sempre”. Questa la frase che accompagna gli utenti che si iscrivono a Facebook sin dal primo accesso. Sappiamo però che questa gratuità è apparente, perché il grande social network si paga con i propri dati.
L’AGCM ha reagito contro tale modus operandi e ha sanzionato Facebook per pratica commerciale scorretta e aggressiva, imponendo di inserire sulla propria pagina “di ingresso” una “rettifica”. Inoltre ha rilevato che, con pratica “aggressiva”, il network avrebbe implementato un meccanismo che comporta la trasmissione dei dati degli utenti dalla Piattaforma ai siti “web/app” di terzi e viceversa, senza preventivo consenso espresso dell’interessato, per l’uso degli stessi a fini di profilazione e commerciali
Ovviamente il gigante americano ha fatto ricorso al TAR, sostenendo tra l’altro che la questione non riguarda l’Autorità antitrust italiana, ma semmai il garante Privacy irlandese (il titolare del trattamento dei dati degli utenti Facebook è notoriamente Facebook Ireland) e che effettivamente il servizio reso tramite il Social Network è gratuito.
Inoltre, secondo il ricorrente, l’utente godrebbe di ogni informazione e della possibilità di negare il consenso al trattamento dei dati.
Con la sentenza del 10.1.2020, n. 260, il TAR Lazio ha in parte confermato e in parte cassato il provvedimento dell’AGCM, dettando alcuni principi di notevole importanza.
Innanzitutto, i Giudici hanno riaffermato che il dato personale ha valore economico: “a fronte della tutela del dato personale quale espressione di un diritto della personalità dell’individuo, e come tale soggetto a specifiche e non rinunciabili forme di protezione, quali il diritto di revoca del consenso, di accesso, rettifica, oblio, sussiste pure un diverso campo di protezione del dato stesso, inteso quale possibile oggetto di una compravendita, posta in essere sia tra gli operatori del mercato che tra questi e i soggetti interessati”.
Insomma, il dato personale è un bene che può essere sfruttato e usato: acquista, proprio in ragione di tale uso, un valore economico idoneo, dunque, a configurare l’esistenza di un rapporto di consumo tra il Professionista e l’utente.
Quindi Facebook non è affatto gratis, non nel senso in cui tale termine è comunemente inteso. E il tema non riguarda solo la privacy, ma il valore commerciale del dato.
Secondo il TAR, dunque, “in termini generali, il valore economico dei dati dell’utente impone al professionista di comunicare al consumatore che le informazioni ricavabili da tali dati saranno usate per finalità commerciali che vanno al di là della utilizzazione nel solo “social network”: in assenza di adeguate informazioni, ovvero nel caso di affermazioni fuorvianti, la pratica posta in essere può quindi qualificarsi come ingannevole”.
Sono stati invece ritenuti infondati i rilievi dell’AGCM sul modo in cui Facebook concede i dati degli utenti ai terzi.
Il provvedimento impugnato ha rilevato l’esistenza di una “preattivazione” della piattaforma che, in ragione del meccanismo di “opt-in” preimpostato, non consentirebbe agli utenti di comprendere la modalità e finalità di utilizzo, sia da parte dei terzi che da parte di Facebook, dei dati raccolti a seguito dell’integrazione tra piattaforme.
I Giudici hanno però dato atto del fatto che “la “pre-attivazione” della piattaforma Facebook (vale a dire la “pre-selezione” delle opzioni a disposizioni) non solo non comporta alcuna trasmissione di dati dalla piattaforma a quella di soggetti terzi, ma è seguita da una ulteriore serie di passaggi necessitati, in cui l’utente è chiamato a decidere se e quali dei suoi dati intende condividere al fine di consentire l’integrazione tra le piattaforme”.
Insomma, non sarebbe vero che l’utente è obbligato a consentire la condivisione dei suoi dati con terzi soggetti non appena si iscrive: il consenso al trasferimento dei dati viene infatti dato in un momento successivo, su base granulare per ogni singola “app/sito web”.