Sono momenti importanti per la tassazione dell’economia digitale a livello nazionale, UE, internazionale. In Italia come noto la web tax è uno degli emendamenti alla manovra finanziaria 2018 che è ora in discussione alla Camera. Sembra che la proposta di emendamento ad opera del Senatore Mucchetti, firmatario anche di un DDL in materia, già ritoccata al Senato (imposta del 6% sui ricavi digitali, banche sostituti di imposta, imprese italiane e residenti con credito di imposta) potrebbe essere rivista sulla base di alcune presunte criticità (oneri su imprese o consumatori nazionali). Resta la validità del principio di base, la stabile organizzazione virtuale, che si sta imponendo anche a livello UE e internazionale (si v. oltre); e l’urgenza di agire tempestivamente per recuperare base imponibile erosa, con fondi destinabili ad altri interventi e a ricostituire l’equità fiscale e concorrenziale (non a caso il DDL Mucchetti, sostenuto da CRTV anche in audizione parla di misure per la concorrenza nell’economia digitale).
A livello UE, nell’ Ecofin che si è svolto il 5 dicembre due i passi avanti importanti: il primo riguarda l’accordo raggiunto dai ministri delle finanze UE (bozza di conclusioni) per l’avvio delle discussioni a livello internazionale (OCSE in primis e altri partner internazionali) sulla tassazione dei profitti nell’economia digitale. Fra i principi generali che guideranno la UE in ambito internazionale: la stabile organizzazione virtuale – un’azienda con una “presenza digitale significativa” deve prendere una “residenza virtuale” e sottostare alla normale tassazione di impresa – e gli emendamenti alle regole sui prezzi di trasferimento (c.d. transfer pricing) e sull’attribuzione dei profitti all’interno di uno stesso gruppo.
Le conclusioni approvate potranno servire anche alla Commissione per proporre una soluzione legislative all’inizio del 2018. Nelle scorse settimane la commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager aveva assicurato un’iniziativa della Commissione sulla tassazione digitale nel caso non si fosse giunti ad un accordo entro la fine dell’anno a livello di Stati Membri UE (Consiglio): i primi passi, si ricorda, erano stati effettuati negli incontri di Tallinn con delle proposte sulla spinta di Italia, Francia, Germania e Spagna cui avevano aderito altri Stati Membri. Nel frattempo la Commissione ha anche avviato una consultazione sulla tassazione digitale, aperta fino al 3 gennaio, che contribuirà a definire la proposta entro la primavera del 2018.
L’Ecofin infine ha anche pubblicato (conclusioni del Consiglio) la lista delle giurisdizioni fiscali non cooperanti (extra UE) sulla base dei criteri stabiliti nel novembre scorso (conformità a norme sulla trasparenza fiscale, tassazione equa e misure anti BEPS in corso di attuazione in sede OCSE). È il risultato del lavoro di un gruppo di lavoro all’interno del Consiglio dedicato alla stesura di un codice di condotta in materia fiscale e la Commissione (alla quale si rimanda per un documento di Q&A). La UE ha contattato le diverse giurisdizioni e con molte è stato aperto un “dialogo costruttivo” recita la nota del Consiglio, che prevede un impegno politico delle giurisdizioni inadempienti a intervenire in tempi prestabiliti. Si tratta dell’avvio di un processo di monitoraggio periodico. Nella nota si indica che comunque gli Stati Membri e la UE nelle more degli interventi correttivi si riservano di adottare misure difensive dell’erosione della base imponibile. Sempre a livello UE sembra sia vicina ad una soluzione la chiusura della vicenda Apple-Irlanda. Come noto la Commissione UE aveva ravvisato che il trattamento fiscale di favore (ruling) concesso dall’Irlanda alla Apple per l’insediamento della propria sede legale europea configurava un aiuto di stato e aveva ingiunto a Dublino di recuperare gli importi elusi (13 miliardi di euro secondo le stime UE). Irlanda e Apple avevano fatto ricorso alla Corte Ue, adita anche dalla Commissione nei confronti dell’Irlanda per non aver agito per il recupero dell’eluso entro i 4 mesi previsti. Secondo quanto anticipato a Bloomberg dal ministro delle Finanze irlandese, Paschal Donohoe, si sarebbe raggiunto un accordo di questo tipo: Apple verserà i fondi su un conto di garanzia che saranno ‘liberati’ solo nel caso in cui la Corte Europea dichiarerà valida la decisione dell’Ue dell’agosto 2016. Si tratta di una vertenza importante, per l’importo e per gli effetti (redistribuzione di quanto eluso in Irlanda agli altri Stati). Non è l’unica, la Commissione Ue si è mossa anche contro Lussemburgo (Fca), Olanda (Starbucks) e Belgio (circa 30 società), Engie (ex GDF Suez), McDonald’s e Amazon (Lussemburgo). Sulla concorrenza fiscale internazionale e il rientro della base imponibile erosa dalla multinazionali, tra cui anche le multinazionali statunitensi del web, potrebbe influire a breve la proposta di riforma fiscale avanzata.
ALLEGATO