Tassazione digitale. “Ogni anno che spendiamo nell’analisi della soluzione migliore alle sfide dell’economia digitale le imprese soffrono di una forte disparità di concorrenza, i Paesi perdono preziose entrate fiscali e misure unilaterali minano il mercato interno. Pertanto è urgente chiudere il divario nelle norme tributarie internazionali al fine di garantire la giusta tassazione dei profitti delle imprese nell’economia digitalizzata”. Queste le frasi conclusive del documento sulla tassazione digitale predisposto dalla Presidenza estone di turno al Consiglio UE in preparazione del vertice informale dell’ECOFIN che si terrà a Tallinn il 16 settembre p.v.
Obiettivo dichiarato dell’incontro è concordare in tempo per l’ECOFIN di dicembre una posizione comune UE che possa facilitare e accelerare il coordinamento in materia promosso a livello internazionale dall’OCSE. “Tenuto conto della globalizzazione dell’economia mondiale, l’OCSE dovrebbe far avanzare un’adeguata e tempestiva azione per evitare la necessità di misure unilaterali. Tenendo conto delle specificità dell’UE e del suo mercato interno altamente integrato, l’Unione dovrebbe concordare prima la sua soluzione preferita” recita la nota. Il documento constata l’insufficienza degli interventi attuati finora a livello UE (Direttiva Anti Elusione Fiscale, ATAD e Base Tributaria Consolidata Comune, CCCTB) e a livello OECD (Erosione della Base Imponibile BEPS), ma anche degli interventi unilaterali e parziali (come ad es. la tassa sulla pubblicità online, le forme di prelievo su servizi o traffico generati, o di trattenute alla fonte) predisposte da alcuni Paesi: strumenti pensati per aggiungersi alla tassazione sul reddito e pertanto o insufficienti o che qualora vengano “compensativi” potrebbero incorrere nei divieti di doppia imposizione fiscale sanciti dai trattati internazionali.
Sul vertice di Tallin le indiscrezioni di stampa di questi giorni parlano di una proposta condivisa fra Francia, Spagna, Germania ed Italia che sembrerebbe convergere su una forma di prelievo sul fatturato delle multinazionali del web (invece dell’utile, più facilmente eludibile). La presidenza estone sembra auspicare piuttosto la ricerca di una soluzione condivisa a livello UE nell’attuale quadro delle norme tributarie internazionali a partire dalla modifica della nozione di stabile organizzazione e dal miglioramento delle norme per l’attribuzione dei profitti ad essa (cosiddetta “presenza digitale significativa” che giustificherebbe l’assoggettamento alle norme fiscali sulle società tra cui l’adattamento delle regole sul profitto).
Di certo il segnale importante è quello dell’ineludibilità del tema, per l’impatto in termini di distorsione della concorrenza e di erosione della base fiscale. Sul vantaggio fiscale a favore degli OTT, competitor senza regole nel settore audiovisivo, si è espressa più volte CRTV in tutte le occasioni istituzionali, fra cui da ultimo, l’audizione sul Disegno di Legge Mucchetti (AS 2526), provvedimento che, fra l’altro, prevede una forma di presunzione di stabile organizzazione sulla base di una presenza digitale significativa. In quell’occasione il Presidente Franco Siddi aveva indicato, supportato dai dati elaborati dall’ufficio Studi di CRTV come il peso della pubblicità online (“digital”) sia ampiamente sottovalutato in Italia con grave pregiudizio per l’erario e la concorrenza. L’analisi dei dati indica una sottostima dei valori complessivi generati dalla pubblicità online: le elaborazioni ufficiali di AGCOM (nell’ambito dell’Informativa Economica di Sistema) mostrano un gap di 400-500 milioni di euro rispetto a tutte le fonti di settore fra cui Nielsen (perimetro esteso della digital survey, elaborato su base annuale) e accreditati istituti nazionali e internazionali (Politecnico di Milano, IHS, IAB-Internet Advertising Bureau Europe).
Soprattutto appare sottostimata la quota generata dalle multinazionali del web: Nielsen stima in 2.279 milioni di euro gli investimenti in pubblicità “digital” effettuati in Italia nel 2016, FCP Assointernet (pubblicità online generata dai maggiori editori italiani sul web) in 457 milioni: i 1800 milioni di euro di differenza sono sostanzialmente attribuibili alla pubblicità online generata dalle multinazionali del web. Si tratta di 1800 milioni di euro generati in Italia ma sottratti all’erario nazionale. Si tratta di ricavi che creano forti distorsioni della concorrenza: non a caso i dati indicano come a fronte del calo del fatturato pubblicitario complessivo degli editori web italiani, -2,3% nel 2016 rispetto all’anno precedente, crescano (+6%) i ricavi pubblicitari attribuibili alle multinazionali del web. Dati che devono far riflettere sull’urgenza di intervenire prima che sia troppo tardi.
ALLEGATI
Nota della Presidenza Consiglio UE sulla Tassazione Digitale – ECOFIN