La UE si ritaglia un ruolo di coordinamento nella fase di riapertura. Gli Stati membri dell’UE, con il sostegno della Commissione, hanno sviluppato un pacchetto di strumenti dell’UE per l’uso di applicazioni mobili di tracciamento dei contatti e allerta in risposta alla pandemia di coronavirus. Pubblicato il 16 Aprile, il pacchetto segue una raccomandazione della Commissione su un approccio comune coordinato a sostegno della revoca graduale delle misure di confinamento ed è corredato dagli orientamenti sulla protezione dei dati per le applicazioni. Partita in ritardo nella fase di emergenza, la UE rivendica un ruolo di coordinamento in quella di riapertura.
La roadmap UE per la fase di riapertura. E quindi negli ultimi giorni, oltre al pacchetto di coordinamento sulle app di tracciamento, la Commissione, in coordinamento con l’Eurogruppo, in virtù del ruolo propositivo affidato loro nei precedenti Consigli UE, ha redatto anche una roadmap sull’allentamento delle misure di contenimento. In realtà il documento consiste in una prima ricognizione di alcuni aspetti, quali:
- timing, anche in considerazione del fatto che sono diverse le misure restrittive adottate dai Paesi (e 13 su 27 hanno proclamato lo stato di emergenza), i tempi di adozione delle stesse e di diffusione del contagio;
- criteri (epidemiologici, capacità del sistema sanitario, capacità di monitoraggio);
- principi ispiratori – scienza e salute pubblica, coordinamento, rispetto e solidarietà, principi che ci si augura ispireranno il Consiglio dei Capi di Stato del 23 Aprile;
- misure di accompagnamento: fra queste un ruolo centrale è costituito, appunto, dalle app di tracciamento, di cui andiamo a parlare di seguito, oltre ai test sulla popolazione.
Nella constatazione che la lotta al virus ci accompagnerà nei prossimi mesi, fino a quando non sarà sviluppato e diffuso un vaccino la UE riconosce la necessità di un rientro graduale alla normalità per la salute dell’economia e dei cittadini. Rientro che dovrà essere graduale, partire dal locale per estendersi all’interno dello spazio UE e successivamente all’esterno.
Imprese e sicurezza. In questa nuova fase un ruolo cruciale è affidato anche alle imprese che dovranno, contribuire affinchè l’aumento delle attività avvenga in modo sicuro. Esistono diversi modelli (lavori a basso contatto interpersonale, lavori adatti al telelavoro, importanza economica, turni di lavoratori, ecc.), ma secondo la UE non tutta la popolazione dovrebbe tornare sul posto di lavoro allo stesso tempo, prediligendo inizialmente i meno minacciati e i gruppi e settori essenziali per facilitare l’attività economica (ad esempio i trasporti). Poiché il distanziamento sociale dovrebbe rimanere ampiamente in atto, il telelavoro dovrebbe continuare ad essere incoraggiato. Sul posto di lavoro, infine devono e dovranno essere osservate le norme di salute e sicurezza imposte dalla pandemia. È questo un nuovo ambito con cui le imprese dovranno misurarsi. Nel modello italiano attuale – in accordo con gli obiettivi del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” – sono stati facilitati accordi con le rappresentanze sindacali (accordo siglato tra Confindustria/OO.SS 14.3.2020; anche CRTV ha fornito ai propri associati delle linee); e alcune regioni in relazione alla prevista Fase 2 che vedrà la riapertura di molte attività produttive e commerciali cominciano a pubblicare documenti e ordinanze. Non è chiaro ad oggi se e che ruolo avranno le app di tracciamento per accompagnare la sicurezza nei posti di lavoro.
App di tracciamento, requisiti essenziali. Come per l’italiana “Immuni”, tali app, che devono essere basate su dati anonimizzati, possono allertare le persone che sono state per un determinato periodo di tempo vicine a una persona infetta affinché si sottopongano al test o si auto-isolino, senza rivelare le identità delle persone coinvolte. Fra i requisiti essenziali per queste applicazioni individuate dalla Commissione si segnala: conformità alle normative dell’UE in materia di protezione dei dati e di tutela della vita privata; implementazione in stretto coordinamento con le autorità sanitarie pubbliche e approvate da queste ultime; installazione su base volontaria e pronta rimozione quando non più necessarie; utilizzo delle più recenti soluzioni tecnologiche per rafforzare la tutela della vita privata (es.tecnologia di prossimità Bluetooth), che non consentono il tracciamento della posizione delle persone; interoperabilità in tutta l’UE, affinché i cittadini siano protetti anche quando attraversano le frontiere. Devono inoltre fondarsi su orientamenti epidemiologici convenuti e tenere conto delle best practise in materia di cibersicurezza e accessibilità. Ovviamente il tracciamento digitale riguarderà le persone mobilizzate, e conviverà con quello manuale che continuerà a riguardare quanti potrebbero essere maggiormente vulnerabili all’infezione, ma che sono meno propensi ad avere uno smartphone, come le persone anziane o con disabilità.
Si tratta di una prima versione di strumenti comuni dell’UE, sviluppata con urgenza e in modo collaborativo dalla rete di assistenza sanitaria online con il sostegno della Commissione europea, sotto forma di guida pratica per gli Stati membri all’implementazione delle applicazioni di tracciamento dei contatti e allerta. Nelle prossime versioni potranno essere integrate altre funzionalità, in particolare per quanto riguarda le informazioni e il monitoraggio dei sintomi.
App e privacy. La Commissione sottolinea che è importante garantire che i cittadini dell’UE possano fidarsi pienamente di queste soluzioni perché per sfruttare appieno il potenziale delle app di tracciamento è necessaria la più ampia partecipazione possibile. Rilevante a tale riguardo è l’aspetto della privacy per la quale la Commissione ricorda che Le norme dell’UE, in particolare il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) e la direttiva e-privacy, offrono le più solide garanzie di affidabilità (approccio volontario, minimizzazione dei dati, limiti di tempo) affinché queste app siano utilizzate diffusamente e forniscano dati accurati. Fra i requisiti necessari della app a tutela della privacy In via generale gli utenti dovrebbero poter esercitare i diritti previsti dal GDPR, ossia mantenere il pieno controllo dei propri dati personali: e pertanto oltre all’adesione su base volontaria, dare il proprio consenso a ciascuna funzionalità della app separatamente; in caso di utilizzo di dati di prossimità, questi dovrebbero essere conservati sul dispositivo dell’utente e condivisi soltanto con il consenso dello stesso. Consenso, ma anche minimizzazione di trattamento e conservazione dei dati rilevati, e quindi: trattamento limitato solo ai dati personali pertinenti e allo stretto necessario rispetto alle finalità – al riguardo la Commissione ritiene che i dati relativi all’ubicazione non siano necessari ai fini del tracciamento dei contatti e consiglia di non utilizzarli in questo contesto. Per quanto riguarda la conservazione dei dati, i termini dovrebbero basarsi sulla pertinenza medica e sui tempi realisticamente necessari per l’adozione di eventuali misure amministrative. Accuratezza, sicurezza e protezione: i dati dovrebbero infine essere sicuri, conservati sul dispositivo del cittadino, criptati, accurati e protetti. In particolare le autorità per la protezione dei dati dovrebbero essere pienamente coinvolte e consultate al momento dello sviluppo delle app e dovrebbero avere il compito di monitorarne l’utilizzo. Il comitato europeo per la protezione dei dati è stato consultato su tutte queste misure.
Prossime tappe. Entro il 30 aprile 2020, le autorità sanitarie pubbliche valuteranno l’efficacia delle applicazioni a livello nazionale e transfrontaliero. Entro il 31 maggio 2020 gli Stati membri riferiranno in merito alle misure intraprese e le renderanno accessibili agli altri Stati membri e alla Commissione per una valutazione inter pares.