Sfruttare il potenziale di una sempre maggiore quantità di dati in un quadro europeo affidabile; aumentare il controllo e la fiducia di cittadini e imprese sul trattamento dei loro dati, e al contempo la condivisione in tutta l’UE; offrire un modello alternativo alle pratiche di trattamento delle principali piattaforme tecnologiche; creare ricchezza per il mercato unico: è questo l’ambizioso obiettivo della proposta presentata dalla Commissione UE di nuove norme sulla governance dei dati, che si sostanzierà, al termine dell’iter legislativo in un regolamento direttamente applicabile.
La quantità di dati generati dagli enti pubblici, dalle imprese e dai cittadini è in costante aumento, recita la nota della Commissione , e stando alle previsioni, tra il 2018 e il 2025 dovrebbe quintuplicarsi. Le nuove norme, oltre a consentire di sfruttare tali dati prepareranno il terreno per la creazione di spazi europei di dati settoriali a beneficio della società, delle imprese e dei cittadini. Il regolamento getterà le basi per un nuovo modo di gestire i dati a livello europeo “nel rispetto dei valori e principi dell’UE in materia”, come la protezione dei dati personali (GDPR), la protezione dei consumatori e le norme sulla concorrenza. Altro ambito di coordinamento e rispetto, aggiungiamo, sarà quello relativo alla normativa ePrivacy, coeva al regolamento GDPR nella gestazione, la cui discussione, ripresa sotto l’attuale Presidenza tedesca, stenta a trovare soluzioni condivise. “Alla base del nuovo approccio vi sarà la neutralità e la trasparenza degli intermediari di dati (i soggetti che organizzano la condivisione o la messa in comune dei dati), che servirà ad aumentare la fiducia degli utenti, “un modello alternativo alle pratiche di trattamento dei dati delle grandi piattaforme tecnologiche, che dispongono di un elevato potere di mercato proprio grazie al controllo di grandi quantità di dati”. Al centro della norma la figura dell’intermediario o broker dei dati, che dovrà assicurare neutralità e trasparenza nell’erogazione dei servizi: in altre parole non potranno utilizzare i dati a vantaggio di proprie attività, né rivenderli. Per gli intermediari, contrariamente alle bozze discusse non permane l’obbligo di avere una sede legale in Europa, basterà un rappresentante legale. Il Data Governance Act mira inoltre a fissare standard tecnico legislativi di condivisione comuni tra i vari Stati Membri. A monte di questo regolamento si v. la strategia della Commissione in materia di dati, pubblicata a febbraio di quest’anno, e i risultati della consultazione della scorsa estate. Le norme presentate completano quanto previsto anche dalla open data directive relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico.
Questa prima proposta normativa rientra in uno dei tre pilastri della strategia digitale Europea, Data Governance Act, Digital Services Act e Digital Market Act. Su questi ultimi due ambiti, il prossimo 9 dicembre dovrebbero essere presentate le proposte normative delineate a valle delle consultazioni della scorsa estate. Per ulteriori informazioni, si segnalano in particolare le FAQ da cui riportiamo la definizione di “data governance” (traduzione nostra):
“La governance dei dati si riferisce a un insieme di regole e mezzi per utilizzare i dati, ad esempio attraverso meccanismi di condivisione, accordi e standard tecnici. Implica strutture e processi per condividere i dati in modo sicuro, anche tramite terze parti fidate”
Valore dei dati ai fini competitivi, l’esempio recente di Amazon. Riguardo al valore dei dati e al loro potere distorsivo della concorrenza, specie in caso di posizioni dominanti nei mercati, si cita la recente apertura dell’indagine antitrust da parte della Commissione UE nei confronti di Amazon iniziata sulla base del duplice ruolo della piattaforma, e-market per i venditori indipendenti e dettagliante su quello stesso mercato, in concorrenza con tali venditori.
Secondo i risultati preliminari della Commissione, grandi quantità di dati non pubblici sui venditori sono accessibili ai dipendenti delle attività al dettaglio di Amazon e confluiscono direttamente nei suoi sistemi automatizzati, che li aggregano e li usano per calibrare le offerte al dettaglio di Amazon e le decisioni commerciali strategiche a scapito degli altri venditori. L’indagine è ora nella fase preliminare della comunicazione degli addebiti: secondo il parere preliminare della Commissione, l’utilizzo di dati non pubblici sui venditori consente ad Amazon di evitare i normali rischi della concorrenza tra dettaglianti e di sfruttare la sua posizione dominante sul mercato della fornitura di servizi di mercato in Francia e in Germania, i maggiori mercati di Amazon nell’UE. Se confermata, questa pratica viola l’articolo 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che vieta l’abuso di posizione dominante sul mercato. La Commissione ha anche avviato una seconda indagine antitrust sulle pratiche commerciali di Amazon che potrebbero favorire artificiosamente le proprie offerte al dettaglio e le offerte dei venditori che utilizzano i sui servizi logistici e di consegna.