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Vaccinazione dei dipendenti: il datore non può chiedere informazioni

17 Febbraio 2021

datore

Le FAQ del Garante sui principi generali della vaccinazione dei dipendenti. La speranza di un ritorno alla normalità nei luoghi di lavoro, nonostante l’emergenza Covid, è legata prevalentemente al raggiungimento di una sufficiente copertura vaccinale dei dipendenti. Auspicabilmente, ci troveremo tra qualche mese in una situazione in cui una parte significativa della popolazione sarà vaccinata, ma non sarà ancora stata raggiunta l’immunità di gregge. Sarebbe allora  importante per i datori conoscere quali soggetti sono già immunizzati e possono con più sicurezza frequentare luoghi chiusi in cui le misure di sicurezza subiscono una inevitabile mitigazione: è il caso ad esempio degli studi televisivi in cui la presenza contemporanea di artisti o giornalisti senza mascherina innalza la soglia di rischio.

Il Garante ha però chiarito, con le ultime FAQ, che il diritto dei lavoratori a mantenere segreto il proprio curriculum vaccinale prevale sugli altri interessi.

In particolare: il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19, e non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso stesso, sempre secondo il Garante, costituire una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo.

Il medico competente, inoltre, non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati.

Il datore di lavoro può invece acquisire i giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati, limitandosi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (anche sulla base della avvenuta vaccinazione o meno, di cui il medico competente deve tener conto).

Opportunamente le FAQ rilevano che manca ancora un provvedimento del legislatore nazionale che stabilisca se, per alcune mansioni (l’allusione è ovviamente a quelle sanitarie) si possa imporre un obbligo vaccinale.

Chiariti i punti essenziali dell’intervento in esame, la situazione delineata non pare né facile da gestire per i datori di lavoro, né lineare.

Da una parte sarebbe infatti molto utile organizzare il lavoro concentrando nei luoghi di maggior rischio i vaccinati, d’altra parte si rischierebbe di creare disparità di trattamento difficilmente giustificabili. Si pensi ad un corpo di ballo che deve esibirsi in un programma: sarebbe ragionevole privilegiare per le parti centrali dell’esibizione dei ballerini che siano già vaccinati, ma ciò comporterebbe l’emarginazione di altri a prescindere dal merito artistico. Non sono quindi ingiustificate, nonostante il rigore, le preoccupazioni del Garante, che però sembra pecchi di troppo rigore nell’escludere il consenso quale base legittima di una informazione relativa ai vaccini. È ben vero che ci troviamo di fronte ad un “evidente squilibrio tra l’interessato e il titolare del trattamento” e ciò rende improbabile che il consenso sia stato espresso liberamente (considerando 43 del GDPR, richiamato anche dal Garante nelle FAQ), ma è anche vero che la finalità del trattamento è qui specificamente legata a un interesse che è anche quello dell’interessato. Rischia di crearsi la paradossale situazione per la quale l’informazione, data liberamente dal lavoratore, non possa essere usata dal datore per non incorrere in sanzioni.

Sotto il profilo più specificamente connesso alla sicurezza sul lavoro, il medico competente viene gravato di ulteriori responsabilità, dovendo dare indicazioni (sulla base della conoscenza dello stato vaccinale del lavoratore, ma senza poterlo riferire) sull’idoneità alle mansioni specifiche del lavoratore. Inutile sottolineare come questo professionista sia ora più che mai una figura centrale nella gestione dell’azienda.

Per concludere, va detto che è ancora lontano, purtroppo, il giorno in cui vi sarà ampia disponibilità di vaccini e i problemi qui accennati diventeranno effettivi: pare necessario che, visto il tempo a disposizione, il legislatore cominci a predisporre un intervento ad ampio spettro, che faciliti (anche in un’ottica di ripresa economica) il compito delle imprese in questa delicata fase.

Avv. Giuseppe Colaiacomo

Avvocato in Roma, esperto in materia di privacy e diritto del lavoro

https://www.linkedin.com/giuseppe-colaicomo

 

 

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Tags | Covid 19, datore di lavoro, garante privacy, GDPR
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