I dati di questo rapporto attingono alla ricerca di base Ipsos per Auditel (dati 2019) e ai risultati di una rilevazione su di un campione di 4870 famiglie nei mesi immediatamente successivi al lockdown; inoltre “utilizzano e valorizzano” la nuova variabile sulle caratteristiche socioeconomiche delle famiglie elaborata da Auditel con l’ausilio di Istat denominata CSE 3.0, che definisce gruppi omogenei per caratteristiche sociali e disponibilità di spesa e l’influenza di tali caratteristiche su connessione e consumi digitali. La nuova normalità digitale degli italiani, nei suoi chiaroscuri è stata presentata durante un evento che si è tenuto al Senato il 19 ottobre, presenti, oltre ai presidenti di Auditel e Censis Andrea Imperiali e Giuseppe De Rita, interlocutori istituzionali quali il neo presidente dell’AGCOM Giacomo Lasorella (locandina con il programma completo qui).
Il distanziamento sociale e digitale. Sono 3 milioni 587 mila le famiglie italiane che hanno un livello socio-economico basso secondo la nuova variabile CSE 3.0. Nel 2019 il collegamento a Internet è disponibile nell’86% delle famiglie italiane, nel 60% delle famiglie con reddito basso: ossia circa 3,5 milioni di famiglie sono state impossibilitate a svolgere attività da remoto durante il lockdown e 6 milioni lo hanno fatto esclusivamente con lo smartphone con conseguente impatto sulla qualità delle loro prestazioni. Device e connessione: il 55% delle famiglie dispongono della banda larga su rete fissa, la quota scende a 20% in quelle con reddito basso, e di queste ben il 77% non possiede strumenti (pc o tablet) atti a interagire “professionalmente” in rete. Tablet e pc sono tuttavia terminali in calo, si tende a interagire in Rete ponendo l’intelligenza nel device piuttosto che nel fruitore: è questo un aspetto della alfabetizzazione digitale che tuttavia non viene affrontato nel rapporto, che invece conferma con i dati socio-economici la persistenza di un altro divario storico italiano, quello fra il Nord il Sud. Nella disamina delle famiglie italiane, risalta, fra l’altro la maggiore difficoltà delle famiglie monogenitoriali, e in particolare di quelle con capofamiglia donna negli aspetti socioeconomici (e digitali conseguenti).
Si ricorda, incidentalmente, che il tema delle famiglie a reddito basso è centrale anche per la transizione tecnologica alla TV 4.0: il bonus tv stanziato per favorire l’acquisto di decoder o apparecchi tv, come CRTV ha più volte indicato, dovrebbe essere esteso, ad esempio con incentivi alla rottamazione dei televisori obsoleti, in un’ottica di economia circolare. Si auspica che con la ripresa dei lavori del Tavolo TV 4.0 questo tema venga affrontato.
Smart che passione, anche sullo schermo TV. Nel 2019 sono presenti nelle case degli italiani 112 milioni e 400.000 schermi da cui è possibile seguire programmi/contenuti televisivi tradizionali o in streaming, 600.000 in più rispetto all’anno precedente. Milioni di schermi ripartiti fra i pochi pollici degli smartphone (44,7 milioni) e le tv (42,7 milioni), entrambi in crescita, le seconde per effetto del boom delle smart tv, che ormai sono10 milioni, di cui 7 milioni e 700.000 sono effettivamente collegate ad internet (+61,8% rispetto al 2018). Se alle smart tv si aggiungono i dispositivi esterni che permettono di collegarsi ad internet, si arriva ad un totale di 10 milioni e 400.000 apparecchi collegati al web (+61,0% rispetto al 2018), per un totale di oltre 8,3 milioni di famiglie effettivamente collegate. Nel rapporto di particolare interesse sono i dati relativi alle dotazioni di apparecchi TV nelle abitazioni delle famiglie italiane nel 2019, come da grafico che riportiamo qui sotto
Il collegamento a internet attraverso terminali smart pone due sfide alla televisione: la prima sulla qualità dell’immagine, l’alta risoluzione audio e video è uno standard acquisito sugli smartphone: tale qualità è uno degli aspetti che il passaggio alla TV 4.0 garantirà gratuitamente a tutti. La connessione dello schermo televisivo a internet pone un problema di disintermediazione dell’offerta televisiva lineare e on demand degli editori TV attraverso i widget e le schermate dei produttori di terminali che dovrà anch’esso essere affrontato.
Contenuti audiovideo crescono. I dati sugli ascolti che sono stati ampiamente diffusi negli scorsi mesi testimoniano come il confinamento nelle case abbia portato ad un’impennata di tutti i consumi audio e video, gratuiti e a pagamento, on e off line e via streaming. Resta da capire che cosa rimarrà nelle abitudini e nei comportamenti degli italiani. I dati della rilevazione di base al 2019 fotografano un ascolto sempre più dinamico sia nei device utilizzati che nei contenuti seguiti, già prima dell’epidemia sanitaria: erano quasi 6 milioni (il 10% del totale) gli italiani che nel 2019 si connettevano ad internet -almeno ogni tanto- per seguire su altri schermi programmi tv lineari che vanno in onda in contemporanea sulla tv tradizionale, in crescita del 2,9% nell’ultimo anno.
Cresce, in particolare, l’utilizzo dello smartphone come supporto attraverso il quale 4 milioni di italiani seguono la programmazione televisiva (+28,0%nell’ultimo anno); cala quello di pc, fisso o portatile (-19,0%). A coloro che usano indifferentemente qualsiasi schermo per seguire il palinsesto televisivo tradizionale, si affiancano quelli che navigano nella rete, da smart tv o altro device, alla ricerca di contenuti on-demand, costruendo un palinsesto personale. Le anticipazioni sui dati delle fruizioni al 2020, relative a coloro che guardano contenuti video in streaming utilizzando siti specifici, a pagamento o gratuiti, attestano l’esplosione della domanda, cresciuta del 7,4% nei primi mesi del 2020, con 17 milioni e 400.000 italiani che utilizzano questa modalità di fruizione, e soprattutto con 11 milioni e 300.000 che lo fanno di frequente (+26,5% rispetto al 2019).
Il ruolo che i contenuti audio e video svolgono nell’aumento di connessione a banda larga e ultralarga e l’importanza in particolare dei contenuti delle emittenti radiotelevisive nel periodo del lockdown (informazione, intrattenimento, cultura, educazione, coesione sociale), come sottolineato anche dal nostro Presidente Siddi, deve essere elemento di riflessione nelle politiche di sviluppo dell’agenda digitale