La UE si arma per combattere l’infodemia, sullo fondo i problemi legati alla responsabilizzazione delle piattaforme. In una comunicazione congiunta pubblicata sul sito la Commissione UE valuta le iniziative contro la disinformazione sul coronavirus e propone la strada da seguire. La comunicazione viene presentata dai due Vicepresidenti, Vera Jourova (Valori e trasparenza) e l’Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune Josep Borrell (carica cha fa capo anche al Consiglio UE) in base all’incarico conferito dai leader europei nel marzo 2020 di “contrastare con decisione la disinformazione e rafforzare la resilienza delle società europee”. “La pandemia di coronavirus è stata accompagnata da un’ondata massiccia di informazioni false o fuorvianti, compresi tentativi da parte di soggetti stranieri di influenzare i cittadini e i dibattiti pubblici nell’UE” continua il comunicato, a sottolineare la portata e l’urgenza del tema. Nelle intenzioni infatti la comunicazione propone una risposta immediata e concreta che può essere avviata in tempi rapidi.
Le azioni intraprese. Al primo posto la comunicazione, indica il comunicato: durante la crisi l’UE ha intensificato le proprie attività volte ad informare i cittadini sui rischi e a rafforzare la cooperazione con altri soggetti internazionali per contrastare la disinformazione. La Commissione continua a sfatare i miti che circondano il coronavirus tramite una pagina web che ha totalizzato più di 7 milioni di visualizzazioni. Il servizio europeo per l’azione esterna, assieme alla Commissione, ha intensificato la comunicazione strategica e potenziato la diplomazia pubblica nei paesi terzi, in particolare Russia e Cina, sul sito web EUvsDisinfo più di 550 narrazioni di disinformazione provengono da fonti pro-Cremlino.
La cooperazione ha rappresentato un altro pilastro della lotta contro la disinformazione e ha previsto il coordinamento con: Parlamento europeo e il Consiglio e tra istituzioni dell’UE e Stati membri, che ha utilizzato canali consolidati, quali il sistema di allarme rapido e i dispositivi integrati per la risposta politica alle crisi dell’UE che saranno ulteriormente sviluppati; partner internazionali, compresi tra gli altri l’OMS, il meccanismo di risposta rapida del G7 e la NATO; paesi terzi (pacchetto “Team Europa”), attraverso il rafforzamento del monitoraggio delle violazioni della libertà di stampa. Infine, la Commissione indica che “continuerà a cooperare con le piattaforme digitali e a sostenere la rete di cooperazione per la tutela dei consumatori delle autorità nazionali per contrastare pratiche che hanno indotto all’acquisto a prezzi eccessivi di prodotti inefficaci o potenzialmente pericolosi, che violano la normativa in materia di tutela dei consumatori”. Un altro versante della tutela online da presidiare con attenzione.
Il nodo della responsabilizzazione delle piattaforme rimane tuttavia il tema di fondo della questione e su questo purtroppo l’azione della Commissione appare ad oggi meno efficace nell’immediato. Nel comunicato si parla di “comprendere”, citiamo testualmente “è importante in primo luogo distinguere tra contenuti illegali e contenuti dannosi ma non illegali; occorre poi considerare la labilità dei confini tra le varie forme di contenuti falsi o ingannevoli: dalla disinformazione, che è per definizione intenzionale, alla cattiva informazione, che può essere involontaria. La motivazione può variare, da operazioni di influenza mirate condotte da soggetti stranieri a ragioni puramente economiche. Ciascuna di tali sfide richiede una risposta calibrata. È inoltre necessario mettere a disposizione una maggiore quantità di dati per il controllo pubblico e migliorare le capacità analitiche”. Cautele e distinguo comprensibili, forse, per il contesto emergenziale, meno per i percorsi generali già avviati e che richiedono azioni più incisive. Il riferimento è al codice di buone pratiche sulla disinformazione. La Commissione ne parla nella parte relativa alle azioni di “trasparenza” intraprese, dove indica che sono necessari ulteriori sforzi, più trasparenza, appunto e maggiore responsabilità (NB: sempre in ambito Covid-19) e richiede: relazioni mensili sulle azioni svolte per promuovere contenuti autorevoli, limitare la disinformazione sul coronavirus e gli annunci pubblicitari a essa relativi; maggiore cooperazione con i verificatori di fatti – in tutti gli Stati membri e in tutte le lingue, sulla base delle attività dell’osservatorio europeo dei media digitali, di recente istituzione, l’UE potenzierà ulteriormente il sostegno ad essi offerto; maggiore trasparenza sull’attuazione delle politiche intese a informare gli utenti che interagiscono con la disinformazione. La Commissione esorta infine “altre parti interessate” a sottoscrivere il codice. In realtà come già sottolineato in passato, il Codice nasce con delle buone intenzioni (Stakeholder Forum, Gruppo di Esperti), ma produce solo un “minimo sindacale”: una autoregolazione, sottoscritta solo dalle maggiori piattaforme online con la controparte pubblicitaria, con un successivo approfondimento per la comunicazione politica a ridosso delle elezioni UE dello scorso anno. Soprattutto, si tratta di autoregolazione basata sulle “best” practice già autonomamente adottate dalle piattaforme, ossia difficili da monitorare, comparare, misurare ai fini dell’efficacia nel raggiungere gli obiettivi proposti, come sottolineato dal recente rapporto dei regolatori europei ERGA e confermato dalla consulenza indipendente attivata dalla Commissione. Tutte risultanze che richiedono il ricorso a forme effettive di co-regolazione, al minimo, ma che si possano prevedere forme di trasparenza effettiva (relative ai principi alla base degli algoritmi di personalizzazione delle informazioni, per es.), eventuali strumenti di intervento e sanzioni, forme di dialogo strutturato con gli altri stakeholder del sistema informativo.
Il contesto DSA, e-privacy. Sono tutte queste considerazioni che si auspica informeranno il lavoro sulla legge sui servizi digitali (Digital Single Act – DSA espressamente citata dal comunicato), sulla quale si sono attivate nei giorni scorsi due consultazioni pubbliche: una relativa alla responsabilizzazione delle piattaforme online e una eventuale regolazione ex ante delle stesse, l’altra relativa a nuovi meccanismi antitrust per il contesto digitale. CRTV parteciperà con un proprio contributo. È questo un appuntamento importante, insieme alla ripresa del dossier della e-privacy – per inciso fra gli obiettivi della prossima presidenza tedesca del semestre europeo, che si avvia a luglio – per applicare principi e norme condivise all’ambiente digitale. Secondo il programma di lavoro rivisto dalla Commissione lo scorso marzo, la proposta relativa al DSA dovrebbe essere formulata, a valle delle consultazioni, entro la fine dell’anno. Oltre al DSA la Commissione ha indicato che le azioni proposte confluiranno nelle attività future dell’UE in materia di disinformazione, anche all’interno del “piano d’azione europeo per la democrazia”, per il momento appare accantonato il Media Action Plan (o forse confluisce all’interno di quest’ultimo).
Il ruolo dei media, informazione attendibile e verificata. “La crisi ha fornito una testimonianza del ruolo dei media liberi e indipendenti quali servizio essenziale, che fornisce ai cittadini informazioni attendibili e verificate, contribuendo a salvare delle vite. L’UE intensificherà il proprio sostegno a media e giornalisti indipendenti nell’UE e a livello mondiale” recita il comunicato, che prosegue: “La Commissione invita gli Stati membri a intensificare gli sforzi profusi per garantire che i giornalisti possano lavorare in sicurezza e a valorizzare al massimo la risposta economica dell’UE e il pacchetto per la ripresa per sostenere i media colpiti duramente dalla crisi, rispettando nel contempo la loro indipendenza”.
La pandemia in definitiva si è rivelata una cartina tornasole per evidenziare ruoli ed azioni intraprese dagli stakeholder del sistema: si spera che le evidenze emerse in periodo emergenziale informino coerentemente le successive misure della UE.
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