Una strategia di sistematica difesa del proprio monopolio, inclusiva di acquisizioni – competitor emergenti quali Instagram e WhatsApp – e imposizione di condizioni anticoncorrenziali agli sviluppatori di software. Queste condotte danneggiano la concorrenza, lasciano ai consumatori poche scelte per il social networking personale e privano gli inserzionisti dei vantaggi della concorrenza. Questi, in estrema sintesi, i contenuti della citazione in giudizio di Facebook da parte dalla Federal Trade Commission Statunitense (FTC) datata 9 dicembre. Il deposito delle accuse segue una lunga istruttoria in cui sono stati coinvolti I procuratori generali di 46 Stati USA, oltre al distretto di Columbia e l’Isola di Guam, che si sono costituite parti a sostegno della FTC. La FTC punta a ottenere un’ingiunzione permanente al tribunale federale che potrebbe, tra l’altro, comportare la cessione di asset, inclusi Instagram e WhatsApp; vietare a Facebook di imporre condizioni anticoncorrenziali agli sviluppatori di software; e obbigare Facebook di richiedere preavviso e approvazione per future fusioni e acquisizioni. Questa condotta danneggia la concorrenza, lascia ai consumatori poche scelte per il social networking personale e priva gli inserzionisti dei vantaggi della concorrenza.
- Acquisire piuttosto che competere. Secondo la denuncia della FTC, Facebook ha preso di mira potenziali minacce competitive: è il caso di Instagram, startup in rapida crescita, emersa in un momento critico nella competizione dei social network personali, quando gli utenti stavano migrando dai desktop agli smartphone e stavano abbracciando sempre più la condivisione di foto. La denuncia afferma che i dirigenti di Facebook, incluso il CEO Mark Zuckerberg, hanno rapidamente riconosciuto che Instagram, social network personale innovativo, rappresentava una potenziale minaccia alla posizione di Facebook che inizialmente ha cercato di competere con Instagram nel merito, migliorando le proprie offerte, per poi scegliere di acquistarlo. L’acquisizione da parte di Facebook per 1 miliardo di dollari nell’aprile 2012 secondo l’accusa neutralizza la minaccia diretta rappresentata da Instagram e rende più difficile per un altro soggetto di acquisire la scala necessaria per competere. Più o meno nello stesso periodo, Facebook ha percepito che anche le app di messaggistica mobile rappresentavano una seria minaccia. Nel 2012, WhatsApp era emerso come il chiaro “leader di categoria” globale nella messaggistica mobile. Ancora una volta, secondo la denuncia, Facebook ha scelto di acquistare una minaccia emergente piuttosto che competere e ha annunciato un accordo nel febbraio 2014 per acquisire WhatsApp per $ 19 miliardi. Di nuovo l’acquisizione del maggior competitor emergente ha neutralizzato l’offensiva anche di operatori minori.
- Condotta anticoncorrenziale. La denuncia afferma inoltre che Facebook, per molti anni, ha imposto condizioni anticoncorrenziali all’accesso di sviluppatori di software di terze parti a interconnessioni di valore della piattaforma, come ad es. le interfacce di programmazione delle applicazioni (“API”). In particolare, Facebook avrebbe reso disponibili le API chiave per applicazioni di terze parti solo a condizione che esse si astenessero dallo sviluppare funzionalità concorrenti e dal connettersi o promuovere altri servizi di social networking. Ad esempio, nel 2013, Twitter ha lanciato l’app Vine, che ha permesso agli utenti di girare e condividere brevi segmenti di video e in risposta Facebook, secondo la denuncia, ha chiuso l’API che avrebbe consentito a Vine di accedere agli amici tramite Facebook.
- Monopolio globale. Secondo la denuncia della FTC, Facebook è il servizio di social networking personale dominante al mondo e detiene il potere di monopolio nel mercato dei servizi di social networking personale. Questa posizione incontrastata ha fornito a Facebook profitti sbalorditivi, solo lo scorso anno, Facebook ha generato ricavi per oltre $ 70 miliardi e profitti per oltre $ 18,5 miliardi, recita la nota.
- I big del Web sotto scrutinio dallo Zio Sam. Il ricorso segue uno analogo elevato nei confronti di Google, in quel caso elevato dalla Procura Generale di Washington e “solo” 11 Stati del’Unione: un segnale che anche al di là dell’Atlantico, nella madrepatria delle multinazionali del Web si moltiplicano le preoccupazioni per le loro posizioni ampiamente dominanti. Indicazioni che devono far riflettere e agire la Commissione che si appresta a normare la materia pro futuro attraverso, fra l’altro, il Digital Market Act.