Si stanno concludendo presso la Camera dei deputati, Commissione Trasporti e Comunicazioni, le audizioni sull’Indagine conoscitiva “5G e big data” che si chiuderà, dopo la proroga, a giorni. Nell’ultimo periodo si sono susseguiti il secondo intervento di Mirella Liuzzi, sottosegretario al Ministero per lo Sviluppo Economico, e quello del Presidente dell’Agcom Angelo Maria Cardani, da cui richiamiamo i temi di maggiore interesse per il settore radiotelevisivo.
Mise: emissioni elettromagnetiche e rilascio della banda 700. Durante il suo intervento la sottosegretaria è tornata sulla questione dei limiti per le emissioni elettromagnetiche, affermando che non è necessario per il momento rendere più vincolanti le soglie da non oltrepassare: “Il 30 ottobre si è tenuta una riunione presso il Ministero dell’Ambiente, a cui hanno partecipato il Mise, la Fondazione Ugo Bordoni, il Ministero della Salute, l’Ispra e l’Istituto superiore di sanità – ha detto – per approfondire e rivedere la definizione dei valori limite: il risultato principale dell’incontro è stata la condivisione da parte delle amministrazioni presenti che al momento non risulta necessario modificare gli attuali limiti di emissione”. La Liuzzi ha rimandato all’imminente pubblicazione delle linee guida UE sull’argomento: “La protezione della popolazione dall’esposizione di campi elettromagnetici è affidata alla raccomandazione del Consiglio europeo del 1999 – ha detto – le linee guida sono state sottoposte a revisione nel 2018, la pubblicazione aggiornata è attesa per fine 2019 o, più probabilmente, entro i primi mesi del 2020. L’Italia e alcuni Stati membri hanno deciso di adottare linee più restrittive in tema di inquinamento elettromagnetico rispetto ai valori applicati nella maggior parte dei Paesi europei. Inoltre l’Italia è stato tra i primi Paesi al mondo a dotarsi di una normativa in materia di radioprotezione”.
Riguardo al rilascio da parte degli operatori televisivi delle frequenze in banda 700 a favore del 5G: “Richiede un rilevante impegno da parte del Ministero con diverse procedure e azioni volte a realizzare entro giugno 2022 il rilascio della banda 700 – ha concluso Liuzzi – Al riguardo, con decreto dell’8 agosto 2018, è stato costituito il tavolo TV 4.0, la cui ultima riunione si è tenuta lo scorso 7 novembre, con la quale è stato avviato il processo di liberazione delle frequenze in banda 700 a favore del 5G per definire le modalità e le tempistiche di transizione. Si tratta di un processo che vede impegnato il Mise in tutte le sue articolazioni nei prossimi mesi e anni nel ridurre al minimo i disagi per i cittadini e gli operatori in questa importantissima fase di cambio tecnologico e nell’ assicurare che il rilascio delle frequenze 5G avvenga secondo le scadenze previste dal legislatore”.
Agcom: obiettivi attesi e criticità del 5G. Nella sua audizione il Presidente Cardani ha illustrato le caratteristiche di questa nuova transizione al mobile a banda ultralarga definita al tempo stesso “un’evoluzione e una rivoluzione” dei sistemi radiomobili esistenti. Il processo evolutivo è necessario per soddisfare la crescente domanda di traffico dati da parte degli utenti – consumo di contenuti multimediali, aumento di dispositivi Machine to Machine/Internet of Things (M2M/IoT) connessi alla rete e per fronteggiare la significativa dimensione raggiunta dalle comunicazioni mobili real-time che necessitano di elevata affidabilità. Non a caso l’International Telecommunication Union (ITU) ha definito fra le categorie di possibili “casi d’uso” per il 5G, corrispondenti ai predetti scenari applicativi: enhanced Mobile Broadband (eMBB), massive Machine Type Communications (mMTC) e Ultra Reliable Low Latency Communications (URLLC).
La “rivoluzione” deriva invece dal cambio di paradigma che, nel passaggio dal 4G al 5G “appare particolarmente dirompente, fissa ambiziosi requisiti tecnici e conseguente necessità di realizzare un’innovativa architettura di rete per soddisfarli. A differenza delle precedenti generazioni radiomobili, la tecnologia 5G si caratterizza infatti non tanto per l’innovazione dello standard di accesso radio, ma piuttosto per i modelli d’uso abilitati dalla nuova architettura di rete e per gli sfidanti requisiti di qualità del servizio da soddisfare. Obiettivo di questa evoluzione-rivoluzione, ricorda Cardani, è permettere lo sviluppo di mercati così detti verticali (“verticals”), quali l’industria manifatturiera, l’automotive, i servizi dell’energia, intrattenimento e salute; e nuovi modelli di business non solo per gli operatori di telecomunicazioni, ma anche per nuovi player, quali ad esempio Over The Top (OTT), service provider, aggregator, broker, asset developer.”
Agcom, frequenze e interferenze. In tale scenario di sviluppo del 5G, il primo passo è necessariamente legato alla disponibilità di adeguate risorse spettrali. Il Presidente ha ricordato che “l’atteso incremento delle prestazioni e la diversificazione delle modalità di fruizione dei servizi non possono prescindere da opportune politiche di gestione dello spettro radio a livello europeo e nazionale, che garantiscano in tempi congrui la disponibilità di adeguate quantità e tipologie di bande di frequenza, da destinare ai vari casi d’uso previsti dall’ITU per il 5G”. Il riferimento è, tra l’altro, alle frequenze relative alla banda 700 Mhz, attualmente densamente utilizzata per i servizi televisivi della piattaforma terrestre: per mantenere livelli di offerta comparabili si richiede, per il settore televisivo, un passaggio a nuove tecnologie di trasmissione e codifica del segnale a tappe forzate (entro il giugno 2022), con oneri e disagi per gli operatori e l’utenza televisiva. L’intervento del Presidente si sofferma per questa parte alle tappe regolamentari implementate dall’Agcom in linea con quanto previsto dal dettato normativo, inclusa l’asta per le frequenze 700 Mhz (ma non solo), che hanno generato proventi maggiori del previsto alle case dello Stato (esborso superiore a 2 miliardi di euro per la banda 700 Mhz, 6,5 miliardi di euro complessivi comprendendo anche bande a 3.7 e 27 GHz).
Un cenno infine alle criticità, anch’esse da gestire, che includono, fra l’altro, come previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche europeo, che fissa le condizioni e gli obblighi a cui devono conformarsi gli operatori nell’esercizio delle attività di rete e nell’utilizzo delle frequenze radio: “in particolare, gli operatori devono mantenere l’integrità delle reti pubbliche di comunicazione, anche mediante misure intese a prevenire interferenze elettromagnetiche tra reti e/o servizi di comunicazione elettronica (così detta compatibilità elettromagnetica); garantire la sicurezza delle reti pubbliche contro l’accesso non autorizzato; rispettare le condizioni tecniche e operative per evitare interferenze dannose e limitare l’esposizione del pubblico ai campi elettromagnetici”
CRTV: centralità dell’audiovisivo, misure e risorse ulteriori per facilitare la transizione alla TV 4.0. Anche CRTV si è espressa nell’ambito di questa indagine conoscitiva (audizione nel giugno scorso), ricordando che il 5G coinvolge direttamente il settore audiovisivo nazionale per almeno due ordini di motivi: oltre alla succitata asta per le frequenze, il secondo, non meno rilevante, è il ruolo che il sistema audiovisivo avrà per il take up dei sistemi ultra-broadband e 5G (oggi l’Italia è nelle ultime posizioni come sottoscrizioni ai servizi ultra-broadband secondo gli indici DESI). Infatti i quattro settori verticali di sviluppo per il 5G prospettati dalla Commissione UE (automobilistico, sanitario, trasporti e utilities) difficilmente potranno garantire un ritorno degli investimenti maggiore rispetto a quello proveniente dai contenuti audiovisivi nel breve-medio periodo. Da ultimo in prospettiva, con il dispiegamento del 5G sul territorio si prevedono possibili interferenze con i segnali broadcast, analoghe per impatto a quelle che si sono verificate per il 4G.
CRTV ritiene che uno dei volani principali per incentivare la domanda dei servizi ultra-broadband verso il 5G sia rappresentato proprio dalla trasformazione della piattaforma televisiva – broadcasting e on demand – verso la TV 4.0, con dimensioni, risoluzioni e user experience di altissimo livello in interazione con servizi di TV Enhanced. Per CRTV sarebbe paradossale che il passaggio al 5G non riuscisse ad essere una occasione di evoluzione e di trasformazione verso la TV 4.0 e diventasse un elemento per il depauperamento del settore audiovisivo nazionale – intendendo con esso il settore televisivo e la filiera che intorno ad esso ruota. La tecnologia broadcast inoltre nella sua versione più evoluta – DVB-T2 – è la più efficiente, la più ecologica e la meno costosa per la diffusione di contenuti a un numero molto elevato di persone contemporaneamente e in tempo reale. I sistemi broadcast sono i più rispettosi della privacy degli utenti e dei vincoli sulle emissioni elettromagnetiche. Per CRTV è necessario impostare una transizione non traumatica del sistema industriale e dell’utenza, ancora oggi fortemente caratterizzata da una dotazione obsoleta DVB-T. La Legge di bilancio 2018 ha stanziato una somma, incrementata dalla Legge di bilancio 2019, pari a 151 milioni di euro per una parziale compensazione dei costi a carico degli utenti. Tuttavia questi contributi sono sufficienti a coprire le fasce più disagiate solo nel passaggio da MPEG-2 a MPEG-4: per garantire il passaggio tecnologico di tutta la popolazione e per evitare che il costo di questo passaggio tecnologico finisca per ricadere prevalentemente sulle famiglie sono necessari interventi addizionali. Tali misure potrebbero essere inquadrate nell’ambito di meccanismi di sgravi fiscali e di incentivi alla rottamazione dei vecchi televisori, misura utile anche a fini ambientali con lo smaltimento degli apparecchi obsoleti. La transizione verrà avviata a partire dal 1 gennaio 2020 con il rilascio dei canali 51-53 nelle aree cosiddette “ristrette” e a breve saranno attivati i contributi per l’acquisto di ricevitori conformi per la ricezione della nuova televisione (il decreto già siglato è in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). I broadcaster associati in CRTV nell’ambito del Tavolo di coordinamento TV 4.0 si sono messi a disposizione del Mise per collaborare affinché la transizione sia comunicata e gestita al meglio per evitare disagi soprattutto agli utenti.