Rotti gli argini del patto di stabilità, giovedì 26 Marzo è una giornata cruciale per l’UE: Consiglio e Parlamento in sessione plenaria sul Covid. Alle 10 del 26 marzo il Parlamento UE si riunisce in sessione plenaria, molti deputati a distanza, web streaming per i giornalisti, per votare sulle proposte della Commissione di una settimana fa. Nel pomeriggio in videoconferenza il vertice europeo dei capi di Stato, il terzo nelle ultime 2 settimane (dopo quelli del 10 e del 17 marzo) per decidere sulle misure eccezionali coordinate per combattere il Coronavirus e i suoi effetti nella UE. Ma si muovono anche altri organismi UE, la BCE per esempio, l’Eurogruppo e si moltiplicano gli ok della Commissione ad aiuti di Stato richiesti dagli Stati Membri in procedura accelerata.
Il Consiglio UE. E’ un vertice importante che dovrà decidere le misure per finanziare l’emergenza coronavirus, in termini di forme/organismi/fondi che le sosterranno e la loro estensione (ambito sanitario o anche cittadini e imprese). Secondo quanto desumibile dalla copertura stampa di questi ultimi giorni sono tre le opzioni che verranno discusse: ricorso al meccanismo europeo di stabilità – MES fondo di salvataggio della zona euro che offra linee di credito precauzionali a numerosi Stati membri; introduzione dei cosiddetti “coronabond” obbligazioni che potrebbero essere emesse da un’istituzione o un meccanismo europeo esistente, compreso il MES, per raccogliere fondi per combattere la crisi; infine strutture di liquidità destinate esclusivamente alla spesa sanitaria di emergenza.
Coronavirus, Coronabond. Come noto quella dei coronabond è una proposta italiana, che proviene dal Presidente Conte, datata 17 marzo, in occasione dell’ultimo vertice UE in teleconferenza e rilanciata in una intervista al Financial Times. Essa prevede l’emissione di obbligazioni garantite da tutti i paesi dell’Unione europea sia per finanziare le spese legate al contenimento del virus in campo sanitario sia per far fronte alle sue pesantissime conseguenze economiche. Dietro l’ipotesi dei Coronabond si cela la vecchia idea degli Eurobonds, una forma di mutualizzazione dei debiti pubblici. La proposta ha inizialmente ricevuto un tiepido assenso da parte francese e della Presidente della Commissione Von der Leyen, e il netto rifiuto tedesco, almeno così come concepita fino a qualche giorno fa. La novità infatti è che in vista del vertice il 25 marzo il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, insieme ai leader di Spagna, Francia (che pertanto ha rivisto la propria posizione), Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Belgio e Portogallo, ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio europeo Charles Michels per chiedere la creazione dei Coronabond.
BCE: PEPP, il nuovo Quantitative Easing. Altra novità è che anche la Presidente della Bce, Christine Lagarde, avrebbe chiesto ai ministri Finanziari dell’eurozona di valutare seriamente un’emissione “one-off” dei cosiddetti “coronabond”, titoli di debito europei pensati per fronteggiare la pandemia. Ma la novità più rilevante è che dopo un’iniziale esitazione, la Bce ha annunciato un programma di acquisto di titoli del debito pubblico, un nuovo Quantitative Easing chiamato “Pandemic emergency purchase programme (PEPP)”, del valore di 750 miliardi di euro per immettere liquidità nel sistema. Tecnicamente di tratta di un Tarp (Troubled asset relief program) cui è seguita la promessa di sostenere una politica di ‘whatever it takes’ sulla scia della politica di Mario Draghi iniziata nel luglio del 2012 per placare in modo definitivo la crisi del debito sovrano della zona euro. Il PEPP sarà in vigore almeno fino alla fine dell’anno. Il Pepp è stato pubblicato sotto forma di decisione della Banca Centrale Europea sulla GUCE del 25 Marzo ed è operativo dal giorno seguente.
Sempre per far fronte allo stato emergenziale da Covid-19, la Banca Centrale Europea ha infine annunciato misure per concedere maggiore flessibilità alle banche nella valutazione delle posizioni deteriorate, tra cui la garanzia di massima flessibilità riguardo le strategie di riduzione delle stesse, tenendo conto della natura straordinaria delle attuali condizioni di mercato. Alcune di queste misure sono tra quelle sollecitate da Confindustria insieme all’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e alla Federazione Bancaria Europea.
Eurogruppo, “ampio accordo” sul Mes. Dei meccanismi di sostegno si è discusso in questi giorni anche all’interno dell’Eurogruppo – organo informale in cui i ministri degli Stati membri della zona euro discutono di questioni relative alle responsabilità condivise in tema di coordinamento delle politiche economiche e crescita economica. C’è “ampio accordo” che risorse significative del Mes debbano contribuire alla risposta coordinata in modo coerente con la natura esterna simmetrica dello shock Covid-19. Così il Presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, a margine della videoconferenza dei ministri delle finanze del 24 marzo nella lettera indirizzata ai capi di Stato e di governo in vista del Consiglio europeo. È questo il magro risultato, secondo i commenti della stampa, della riunione dell’eurogruppo di martedì 24 che non è riuscito a stendere un documento di indirizzo per il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi membri del 26 marzo. Sostegno al Mes, secondo quanto espresso nella lettera, in particolare per uno degli strumenti, il fondo anticrisi dell’Unione, come supporto contro le ricadute della pandemia da Coronavirus. Tale strumento, chiamato “Eccl” (acronimo in inglese di Enhanced Conditions Credit Line), sarebbe aperto a tutti i Paesi e potrebbe essere attivato dai singoli Stati con diverse condizionalità e spingersi ad assicurare linee di credito precauzionali al Paese interessato. Il direttore del Mes Klaus Regling ha subito chiarito che una delle condizioni sarebbe il ritorno a conti pubblici solidi una volta passata la crisi e che il limite del 2% del Pil sull’uso dell’Eccl è ancora in discussione.
Commissione UE: flessibilità fiscale, clausola eventi imprevisti per il Patto di Stabilità. Oltre al pacchetto di proposte varate nei giorni scorsi e oggi sottoposte al voto della plenaria straordinaria del Parlamento UE, la Commissione ha proposto di utilizzare appieno la flessibilità prevista dalle regole fiscali europee. Nello specifico si propone l’esclusione dal calcolo del deficit strutturale di ogni misura “una tantum” sulla spesa decisa in relazione alla risposta all’emergenza COVID-19, come quelle approvate per contenere la pandemia, per assicurare liquidità al fine di sostenere le imprese, tutelare i lavoratori. Verrà applicata anche la “clausola eventi imprevisti” (general crisis escape clause), del Patto di Stabilità e Crescita, secondo cui in presenza di un evento straordinario, che ha un grande impatto sulle finanze pubbliche di uno Stato membro, il Paese possa deviare temporaneamente dall’aggiustamento fiscale che gli è stato richiesto. La decisione finale sull’eventuale attivazione della “general crisis escape clause” spetta in ogni caso ai Ministri delle Finanze.
La deroga al pareggio di bilancio è forse il risultato più significativo di questi ultimi giorni. Tale deroga è stata già utilizzata di fatto da uno dei più intransigenti difensori del Patto di Stabilità e Crescita, la Germania. Lunedì scorso l’esecutivo tedesco ha concordato un pacchetto di misure del valore di 750 miliardi di euro per mitigare i danni dell’epidemia di coronavirus, rompendo il tabù del pareggio di bilancio. Al suo interno, fra l’altro, la Germania ha già attivato un Fondo di solidarietà, pacchetto di aiuti da 40 miliardi di euro per i lavoratori autonomi e i piccolissimi imprenditori colpiti dall’emergenza; 10 miliardi stanziati come sovvenzioni a imprese individuali e a imprese molto piccole, 30 miliardi a disposizione come prestiti (si v. oltre). L’emergenza coronavirus ha costretto la Commissione a rivedere le proprie regole sul sostegno pubblico alle imprese. Venerdì 20 marzo l’Esecutivo UE ha dato il via libera al nuovo quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, che consente ai governi di mettere in piedi schemi di aiuti diretti fino a 500 mila euro alle aziende e a dare garanzie per prestiti. Bruxelles chiarisce che gli aiuti sono indirizzati ai clienti delle banche e non alle banche stesse. Il c.d. “Temporary Framework” era stato presentato dalla Commissione all’interno del pacchetto di proposte del 13 marzo scorso come un piano straordinario di iniziative volte ad assicurare la massima flessibilità nell’applicazione e nell’approvazione delle misure di aiuti di Stato che tutti gli Stati membri intendono concedere nel contesto della crisi. Il Temporary Framework, riferito a determinate categorie di aiuti di Stato ritenute giustificate per affrontare questa emergenza, sarà in vigore fino al 31 dicembre 2020, salvo eventuali proroghe.
Intanto, domenica 22 marzo la Commissione ha approvato il regime italiano da 50 milioni di euro a sostegno della produzione e della fornitura di apparecchiature mediche e mascherine durante la pandemia di Coronavirus. Si segnalano fra i più recenti aiuti di stato approvati dalla Commissione quello della Danimarca, 1,3 miliardi di euro per supporto ai lavoratori autonomi; Regno Unito (tecnicamente ancora non uscito dalla UE) per le PMI, 3 schemi (prestiti, mutui e liquidità); Spagna, 20 milioni di euro, per PMI e autonomi; Germania, sussidi diretti alle imprese e misure generali di sostegno all’economia.
Nel vertice europeo di oggi si dovrebbe infine discutere di uno schema europeo per la disoccupazione, su cui la Commissione è già al lavoro per presentare quanto prima una proposta.