Pubblicato il rapporto finale dell’indagine conoscitiva sui Big Data condotta congiuntamente dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dal Garante per la Protezione dei Dati Personali. L’indagine rivendica “tre prospettive diverse e complementari” nell’approccio alla materia. Si ricorda che CRTV non ha partecipato direttamente a tale indagine conoscitiva, nell’ambito della quale tuttavia sono stati auditi alcuni dei maggiori associati, ma è intervenuta lo scorso giugno, presso Camera dei deputati (Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazione) nell’ambito dell’”Indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data”.
Big data: proiezione digitale della persona e asset strategico. I big data crescono in importanza e valore “a fronte della crescente importanza assunta dai dati nell’organizzazione delle attività di produzione e di scambio, al punto di poter essere considerati, oltre che la proiezione della persona nel mondo digitale, anche una risorsa economica a tutti gli effetti, anzi la risorsa di gran lunga più importante in molti settori” recita il comunicato.
Crescita esponenziali dei volumi e del potere di mercato delle multinazionali del Web. Soprattutto cresce a tassi esponenziali la creazione di dati e la concentrazione della raccolta e l’elaborazione degli stessi in capo a pochi operatori multinazionali. Il rapporto cita numeri IDC per i volumi di dati creati: “La creazione di dati sta seguendo un processo esponenziale: nell’anno 2018 il volume totale di dati creati nel mondo è stato di 28 zettabyte (ZB), registrando un aumento di più di dieci volte rispetto al 2011: si prevede che entro il 2025 il volume complessivo dei dati arriverà fino a 163 ZB” e ammonisce “Questa espansione, guidata dall’affermazione delle piattaforme on-line, subirà un’ulteriore accelerazione con la connessione tra oggetti e le applicazioni 5G”.
Fra le sfide citate per il futuro: la centralità del dato, anche come bene economico e l’ importanza della sua tutela come diritto fondamentale della persona (come da osservazione precedente; l’impatto della profilazione algoritmica e delle piattaforme on-line sul grado di concorrenza in vecchi e in nuovi mercati rilevanti; l’effetto del programmatic advertising sulla qualità dell’informazione e sulle modalità di diffusione e acquisizione della stessa; la tutela e la promozione del pluralismo on-line in un contesto informativo esposto a strategie di disinformazione e di hate speech; la necessità di garantire trasparenza e scelte effettive al consumatore, con particolare attenzione alla tutela dei minori, in relazione alla consenso circa l’uso del proprio dato; la protezione del dato personale anche in ambiti non attualmente coperti dal GDPR; la definizione di politiche di educazione in relazione all’uso del dato.
La corposa indagine è articolata in 6 capitoli. Il capitolo 1, introduttivo, fornisce, una definizione e una descrizione delle caratteristiche dei Big Data.
Definizioni. Citiamo dal rapporto: “con la locuzione “Big Data” si fa riferimento, in prima approssimazione, alla raccolta, all’analisi e all’accumulo di ingenti quantità di dati, tra i quali possono essere ricompresi dati di natura personale (nell’accezione fornita dall’art. 4 del GDPR”), in ipotesi provenienti anche da fonti diverse. La natura massiva delle operazioni di trattamento reca con sé la necessità che tali insiemi di informazioni (sia memorizzate, sia in streaming) siano oggetto trattamento automatizzato, mediante algoritmi e altre tecniche avanzate, al fine di individuare correlazioni di natura (per lo più) probabilistica, tendenze e/o modelli. Operativamente, nel settore dell’ICT, per Big Data si intende una collezione di dati che non può essere acquisita, gestita ed elaborata da strumenti informatici, da software e da hardware “tradizionali” in un tempo tollerabile, benché non esista una soglia dimensionale predefinita”.
Le 4 V. Esiste infine la definizione delle caratteristiche ricorrenti del fenomeno in esame attingibile dalla letteratura anglosassone che fa riferimento alle 4 “V”, che poi diventano 7 e più: volume (dimensione dei dati generati e raccolti); varietà (tipologie dei dati disponibili, tra i quali, tradizionali, semi-strutturati e non strutturati come audio, video, pagine web e testi); velocità (delle operazioni di trattamento); valore (che i dati assumono quando vengono elaborati ed analizzati. Fra le altre V idonee a caratterizzare i Big Data il report cita fra le “più degne di nota”: veridicità (qualità e significatività dei dati raccolti o elaborati), valenza (grado di connessione del dato con altri dati), visualizzazione (facilità di interpretazione attraverso la visualizzazione).
Nel capitolo 2 vengono riportate le principali questioni emerse nel corso delle audizioni e dai contributi dei partecipanti all’Indagine – imprese, associazioni di categoria ed esperti della materia – e i riflessi sull’operatività delle imprese italiane.
AGCOM, Big Data e Media. Il capitolo 3 riporta le considerazioni dell’AGCOM su come il fenomeno dei Big Data incida nel settore delle comunicazioni elettroniche e dei media. Riportiamo qualche estratto: “Nell’ambito del perimetro di competenze dell’AGCOM, l’utilizzo dei Big Data e il conseguente sviluppo delle piattaforme online di dimensione globale – che ne sono le principali beneficiarie – hanno un forte impatto su tutti i settori economici tradizionalmente regolati, ma rivestono una particolare rilevanza sul settore dei servizi media audiovisivi e su quello delle comunicazioni elettroniche. Nel settore dei servizi audiovisivi, la crescita di piattaforme online attive nella produzione, distribuzione e condivisione dei contenuti di informazione ed intrattenimento implica che le attività istituzionali dell’Autorità ne vengano influenzate (in senso lato), con riguardo ai profili relativi alla tutela della concorrenza e del pluralismo informativo nel sistema dei servizi di media audiovisivi e dei mezzi di comunicazione di massa, nonché nel mercato della pubblicità (art. 5 del Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici – “TUSMAR”- ): la garanzia del pluralismo “esterno”, ovvero della distribuzione equa delle risorse economiche e tecniche nel sistema delle comunicazioni (art. 43 TUSMAR), la tutela del pluralismo politico e sociale (legge 22 febbraio 2000, n. 28), la garanzia della correttezza e della completezza dell’informazione in quanto servizio di interesse generale (art. 7 TUSMAR), la tutela della dignità umana contro i messaggi di incitamento all’odio e di discriminazione basati su origini etniche, orientamento sessuale, pratica religiosa (art. 32, comma 5 TUSMAR), la protezione dei consumatori nell’ambito pubblicitario (art. 36-bis/40-bis TUSMAR) e la tutela dei minori (art. 34 TUSMAR)”.
Nonostante le premesse tuttavia la disamina prodotta nei paragrafi successivi si limita sostanzialmente ad elencare le attività condotte dall’Autorità sul tema, comprensive dell’Indagine sulla pubblicità online e altre indagini che hanno portato nel luglio 2019 ad avviare un “procedimento di individuazione e all’analisi del mercato rilevante, all’accertamento di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo nel settore della pubblicità online (356/19/CONS)”; il Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali (cui ha partecipato con propri contributi anche CRTV), l’Osservatorio sulla disinformazione, i coordinamenti in ambito UE sulle attività di monitoraggio , il Regolamento sull’hate speech (anche su questo CRTV ha fornito il proprio contributo).
Il capitolo 4 riporta le considerazioni del Garante per la Protezione dei Dati Personali sul possibile impatto dei Big Data sul diritto alla protezione dei dati personali e sulle misure e cautele da adottare;
Il capitolo 5 riporta le considerazioni dell’AGCM sull’utilizzo dei Big Data e le relative implicazioni di natura antitrust e di tutela del consumatore. Nel capitolo conclusivo vengono confermate le linee guida e raccomandazioni di policy indirizzate al legislatore, già anticipate che includono, fra l’altro, l’impegno assunto dalle tre Autorità a definire un meccanismo di collaborazione permanente in relazione agli interventi e allo studio dell’impatto dei big data su imprese, consumatori e cittadini.
Urgente intervenire. Si ricorda che nell’ambito dell’Indagine, avviata nel maggio 2017 l’AGCOM aveva presentato in un Interim Report, presentato in un convegno e pubblicato sul proprio sito a giugno 2018, le prime considerazioni sulle caratteristiche e sull’ecosistema dei Big Data, sul valore economico dei dati e su come le app gestiscono i dati e i permessi di accesso. AGCOM aveva allora evidenziato come “I fallimenti di mercato si ripercuotono su tutto il contesto sociale, compreso il sistema dell’informazione, il pluralismo delle fonti, e le stesse modalità di aggregazione sociale e di formazione dell’opinione pubblica. In conseguenza dell’esistenza di strutturali e duraturi fallimenti di mercato, è necessario, soprattutto laddove sono in discussione diritti sociali e politici, adottare un approccio ex ante alla regolamentazione del dato (e ai connessi algoritmi)”. Contemporaneamente, anche l’AGCM pubblicava sul proprio sito istituzionale i risultati dell’“Analisi della propensione degli utenti online a consentire l’uso dei propri dati a fronte dell’erogazione di servizi”. In sintesi, rilevava che circa 6 utenti su 10 non solo erano consapevoli di generare, con le loro attività online, dati utilizzabili per attività di profilazione, ma anche che erano informati dell’elevato grado di pervasività dei sistemi di raccolta (es. geo-localizzazione, accesso a funzionalità come la rubrica, il microfono e la videocamera) e della possibilità di sfruttamento dei dati da parte delle imprese; 4 utenti su 10 risultavano consapevoli della stretta relazione esistente tra la concessione del consenso e la gratuità del servizio, ma solo 1 e pochi richiedevano copia degli stessi per la scarsa propensione ad utilizzare altre piattaforme/applicazioni, la limitata sensibilità sulla rilevanza di tali dati, la percezione di un’elevata complessità degli strumenti tecnologici.
Si tratta di criticità già allora rilevanti e cogenti che richiedono l’approntamento di interventi urgenti a tutela delle imprese e degli utenti.