RadioTV, fra resilienza e nuova salienza. Nel corso degli ultimi 15 anni, gli investimenti pubblicitari nei 5 maggiori mercati europei – Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Spagna (BIG5) – sono cambiati profondamente, seguendo dinamiche economiche correlate a diversi fattori tra cui crisi economica e recessione, sviluppo dell’ADV Digital e di nuovi modelli di business. Questi ultimi in particolare hanno indotto dei mutamenti strutturali che, pur con impatti diversi nei singoli mercati nazionali, per le caratteristiche specifiche di ognuno, hanno andamenti inequivocabili.
Perché 15 anni? L’analisi degli ultimi 15 anni permette di mettere in prospettiva la situazione dei mercati prima della crisi economica e di indicare in che tempi, in quali Paesi e su quali mezzi c’è stato il recupero e quali sono i dati di tendenza.
Perché BIG5? Pur con le differenze strutturali, che persistono caratterizzando i diversi Paesi, è opportuno misurare l’Italia con i mercati dell’area euro che sono più simili per dimensioni. Il tema della dimensione del mercato nel settore radiotelevisivo è tanto più rilevante nel momento in cui ci si confronta sugli investimenti pubblicitari, che hanno economie di scala e di scopo simili legate al grado di maturità della domanda e dell’offerta in un mercato tipicamente two-sided (evoluzione dei consumi, piattaforme tecnologiche, investitori e operatori nazionali che in essi operano). All’interno dei BIG5, l’Italia è più vicina a Regno Unito e Francia per ampiezza della popolazione, ma più assimilabile alla Spagna e, entro certi limiti alla Francia, per contesto macroeconomico, tendenzialmente più recessivo, comune ai Paesi dell’area mediterranea. Il Regno Unito è il mercato “trend” in quanto anticipa molti degli andamenti, ed è un mercato dinamico e fortemente orientato all’export, grazie anche alla lingua e al bacino aggiuntivo del Commonwealth.
Il cambiamento più macroscopico che risulta dall’analisi degli andamenti degli investimenti pubblicitari è la crescita dalla pubblicità online rispetto ai mezzi tradizionali. La crescita di Internet e l’impatto a livello di modelli di fruizione e consumi, device, tempo e attenzione degli utenti, è un dato noto con cui l’industria radiotelevisiva si confronta da anni. Risulta anche, tuttavia, una certa resilienza di radio e televisione in tutti i mercati, anche in quelli dove la televisione generalista ha un ruolo meno centrale. Risulta infine che nei mercati dove la pubblicità online è più sviluppata (segnatamente UK, pubblicità VoD), che una parte di essa – per ora contenuta, ma in crescita – deriva dalla pubblicità online generata da contenuti video prodotti principalmente dagli editori tradizionali.
Resilienza quindi, soprattutto di radio e tv, all’avanzata di Internet. E costruzione di una progressiva salienza degli editori “tradizionali” online, per pubblico e investitori.
I dati che seguono sono estratti dal database dell’Ufficio Studi di CRTV. L’analisi è stata condotto utilizzando le fonti ufficiali di riferimento in ciascun mercato, integrate per quanto riguarda il mezzo Internet con i dati forniti da PwC (Entertainment & Media Outlook) e IAB Europe/IHS Markit (Adex Benchmark). Per l’Italia si è tenuto inoltre conto delle stime elaborate dalla School of Management – Politecnico di Milano (Osservatorio Internet Media) per quanto riguarda la componente ADV Digital. Per l’elaborazione dei dati e il confronto tra i Paesi sono stati utilizzati i dati IREP/France PUB per la Francia; Warc-AA per il Regno Unito; ZAW per la Germania; Info Adex per la Spagna; Nielsen per l’Italia. Le stime ufficiali fanno riferimento ad investimenti pubblicitari netti mentre quelle di PwC, IHS Markit e POLIMI relativamente ad Internet sono al lordo degli sconti di agenzia. |
Ripresa: superati i livelli pre-crisi. Dopo la crisi economica (2009) e la recessione che ha investito tutti i Paesi nell’aera Euro (2012), il mercato dei mezzi ha rallentato la propria crescita, rimanendo pressoché stazionario per alcuni anni, per poi recuperare a partire dal 2013-2014.
Il 2014 segna l’anno del recupero dei livelli di investimento pre-crisi.
Nel totale periodo, gli investimenti pubblicitari all’interno dei BIG5 sono aumentati complessivamente di 19 miliardi di euro (circa un terzo) ad un tasso medio annuo del 2,1%, passando da 55,7 miliardi nel 2004 a 74,7 nel 2018. Dal 2014 il tasso di crescita degli investimenti pubblicitari è del 4,5% (ultimi 5 anni).
Andamento per Paese. L’andamento degli investimenti pubblicitari varia nei diversi Paesi a seconda del contesto economico generale e delle caratteristiche delle industrie dei media nazionali (media mix e grado di maturità digitale).
Regno Unito e Germania, rappresentano i mercati che sono cresciuti di più negli ultimi 15 anni, in valore assoluto, e a livello di quote nell’area presa in esame: nel 2018 il loro peso complessivo è pari al 64% dei BIG5. Era 53% nel 2004.
Il Regno Unito, primo mercato per dimensioni, ha visto il valore crescere di 11,7 miliardi di euro nei 15 anni passando da 15,7 nel 2014 a 27,5 miliardi di euro nel 2018 (tasso medio annuo +4,1%). Nel 2011 l’anno di recupero dei livelli pre-crisi, e da allora la crescita si è attestata su un tasso annuo del +6,7%, attribuibile soprattutto ad Internet. La crescita si traduce anche in maggior peso aggregato BIG5, con una quota di mercato che arriva nell’ultimo anno al 37% (+9 p.p., nei 15 anni).
All’interno del settore Digital (pubblicità online o Internet che la si voglia definire), il Regno Unito negli ultimi anni si è caratterizzato anche per un’importante spesa pubblicitaria programmata sul VoD che passa da circa 120 milioni nel 2012 a oltre 400 milioni di Euro (+24,7%). La pubblicità VoD è trainata dai principali Broadcaster commerciali.
La Germania è il secondo paese per peso complessivo all’interno dei BIG5 con una quota del 27%, che è rimasta più o meno costante nel corso degli anni. Il mercato nazionale cresce in valore assoluto di 5,3 miliardi di euro nei 15 anni, passando da 15,3 nel 2004 a 20,5 miliardi nel 2018 (tasso medio annuo +2,1%).
La Francia è il terzo mercato per valore degli investimenti pubblicitari all’interno dei BIG5, peso che si attesta al 17% nel 2018. In termini assoluti, il valore di mercato degli investimenti pubblicitari passa da 10 a 12,5 miliardi di euro con un incremento medio annuo dell’1,6% (+2,5 miliardi di euro negli ultimi 15 anni).
Italia e Spagna rimangono gli ultimi due Paesi per incidenza e valore all’interno dei BIG5 con un peso complessivo del 19%. L’Italia, seppur a valore di mercato superiore, sconta ancora una stagnazione economica che negli ultimi anni la Spagna, invece, è riuscita a superare.
L’Italia registra una crescita marginale quasi nulla, rimanendo a 8,5 miliardi circa (tasso medio annuo prossimo allo zero) e di conseguenza perde peso all’interno dei BIG5 (11% nel 2018, -4 p.p. in 15 anni).
La Spagna con un valore di mercato interno che è diminuito di 0,5 miliardi di euro, passa da 6,2 nel 2014 a 5,7 miliardi di euro nel 2018 (tasso medio annuo -0,5%).
La pubblicità online guida la ripresa. La crisi economica ha colpito tutti i mezzi “tradizionali”, ad eccezione di INTERNET che, al contrario, è cresciuto a tassi annuali (YoY) a doppia cifra. La pubblicità online a livello aggregato BIG5, dopo un periodo di espansione iniziale (2004 – 2008), che come tale ha tassi molto alti di crescita, ha registrato una serie di fluttuazioni (2009 – 2013) a seguito della crisi, per poi assestarsi negli ultimi anni tra il 12-14% di crescita annuale.
La STAMPA registra il declino più evidente sia in termini assoluti che percentuali arrivando a 12,8 miliardi di euro nel 2018. Negli ultimi 15 anni, il mezzo cartaceo perde 15 miliardi di euro (-5,4% tasso medio annuo) passando da una quota di mercato europeo (BIG5) pari al 50% nel 2014 a un 17% nell’ultimo anno (-33 p.p.). Fino al 2011 era il primo mezzo per investimenti.
La TELEVISIONE, dopo aver superato la STAMPA nel 2012, cede il passo a INTERNET l’anno successivo. Pur rimanendo il secondo mezzo di riferimento dell’intero mercato con una quota del 26% nel 2018 (NB: in Italia e Spagna rappresenta ancora il primo mezzo), perde 8 p.p. in 15 anni. Nel 2004 il mezzo era pari a 18,9 miliardi per arrivare nel 2018 a 19,5 (+0,2 tasso medio annuo)
La RADIO si mantiene costante nel periodo considerato tra il 4-5%. Forte di una resilienza che negli ultimi anni si è mostrata più importante degli altri mezzi, passa da 3 miliardi circa nel 2004 a 3,2 nel 2018 (+0,5 tasso medio annuo). Seguono OUT OF HOME, stabile al 6% arrivando a 4,3 miliardi nel 2018 (+1,5% tasso medio annuo), e il CINEMA che rimane in posizione marginale, al di sotto dell’1%.
Le dinamiche economiche hanno impattato sensibilmente anche sul peso dei singoli mezzi e sul rapporto di forza tra quelli più “tradizionali” e il mondo Digital. INTERNET, unico mezzo in espansione, passa da 2,0 miliardi nel 2004 a 34,5 miliardi di euro nel 2018 con tasso medio annuo del 22,6% (+32,5 miliardi in 15 anni). In termini percentuali il peso del mezzo passa dal 4% nel 2004 al 46% nel 2018, ormai prossimo ad un valore pari alla metà del totale degli investimenti pubblicitari in Europa.
Tendenze: oltre la resilienza, verso la salienza. L’evoluzione del mercato pubblicitario, per quanto riguarda i mezzi riferiti agli editori tradizionali, vedrà verosimilmente la conferma di queste due tendenze: la crescita della componente “digital” della pubblicità degli editori “tradizionali”, pubblicità associata all’offerta online degli editori (contenuti VoD, free o pay, di eventi / programmi di punta e social); ma anche nuove forme di pubblicità più digitalizzata (es. addressable), già implementate presso diversi broadcaster, il cui punto di forza è l’associazione a un brand forte e metriche di misurazione degli ascolti / contatti condivisi, a ulteriore garanzia dell’investitore. Con la sempre più ampia diffusione di Smart Tv e Smart Speaker, nuove forme pubblicitarie quali, rispettivamente, come Addressable Tv e Digital audio, saranno sempre più presenti nelle disponibilità degli investitori. Questo già si vede oggi nei mercati più avanzati in Usa e UK.
Radio e TV si mantengono a livelli di investimenti pubblicitari stabili, anche in Paesi in recessione: questo significa che la capacità di intercettare pubblici di massa a livello nazionale è a loro ancora riconosciuto e attribuito.
La sfida, che già le imprese radiotelevisive hanno intrapreso a livello di digitalizzazione e declinazione dell’offerta e di comunicazione pubblicitaria online, è una sfida di salienza nell’ambiente internet forte del proprio prodotto editoriale e patrimonio (archivio, know how, talent, capacità produttive ecc.) radicato sul territorio: è questo un valore in crescita, un patrimonio da valorizzare per i broadcaster, un elemento distintivo e di forza anche nei confronti della nuova competizione sullo streaming, come di recente ricordato in un discorso del direttore generale della BBC Tony Hall (“The new age of uncertainty”, RTS Convention 2019).
Infine, come di recente delineato nella ricerca Auditel-Censis, aumentano i consumi di contenuti tv live e on demand su schermi diversi dalla tv: secondo il rapporto il fenomeno riguarda 5,7 milioni di italiani pari a circa il 10% della popolazione italiana (individui 4+).
Come noto Auditel ha intrapreso di recente la misurazione della total audience televisiva anche sui device connettibili diversi dalla tv, un universo di nuovi schermi attraverso i quali si possono fruire programmi televisivi e altri contenuti audio e video: sono 112 milioni gli schermi utilizzati a quest’uopo dagli italiani nel 2018, ogni famiglia ne ha a disposizione almeno 4, di cui una buona parte (43,6 milioni) sono smartphone, per cui quest’anno l’Italia, che si situa fra i Paesi con maggior numero di telefoni mobili pro capite, registra anche il superamento rispetto agli schermi TV (42,3 milioni quelli censiti dal sondaggio della ricerca di base Auditel nelle famiglie italiane).
Come garantire la salienza di radio e TV sulle nuove piattaforme e device connessi, è tema centrale per l’industria radiotelevisiva nazionale e nell’attività associativa di CRTV. Come di recente sottolineato in un articolo di Thinkbox, (marketing TV commerciale) nel Regno Unito: “La capacità di innovare non è esclusivamente nelle mani delle emittenti. O meglio, quelle mani sono legate da fattori esterni che ostacolano il ritmo dell’innovazione in TV. Che la TV sia la parte più trasparente e regolamentata del mondo dei media è un fatto positivo, ma è negativo per l’innovazione, quando i concorrenti non sono soggetti alle stesse restrizioni. Ad esempio, le emittenti pagano per controllare ogni contenuto prima che ogni contenuto venga messo in onda, per garantire la sicurezza degli spettatori e del marchio. Questo è uno svantaggio competitivo quando altre piattaforme video non lo fanno. La TV opera da anni in svantaggio, mentre i nuovi arrivati hanno fatto man bassa nel vuoto regolamentare (“fatto il fieno nelle pianure non regolamentate” , traduzione letterale). Una parità di condizioni avrebbe aiutato. Potrebbe ancora”.