Dumping fiscale, elusione, tassazione digitale. In questi giorni i cui si cerca di ridisegnare il riavvio alla normalità delle economie di tutto il mondo tornano alla ribalta i grandi temi della fiscalità internazionale: il dumping fiscale operato dai paradisi fiscali e dagli accordi di ruling nazionali, anche all’interno della UE; le strategie elusive messe in atto dagli operatori multinazionali per sfruttare le maglie larghe della fiscalità internazionale; la tassazione digitale. Tutti temi che ripropongono il problema delle basi imponibili erose agli erari statali e dell’equità fiscale: lo ripropongono con particolare urgenza in un momento in cui gli impatti della ricostruzione pesano sensibilmente sui bilanci degli Stati. OCSE, UE e governo italiano rinnovano gli impegni, nella constatazione che la pandemia potrebbe dare nuovo slancio a soluzioni condivise a livello internazionale o sovranazionale, ma anche a soluzioni di singoli Stati. Nel frattempo le multinazionali del web crescono come risulta dai primi risultati delle trimestrali…
Tassazione digitale, in attesa dell’OCSE. Sulla tassazione digitale, come noto la proposta UE (norme temporanee di imposizione per le multinazionali digitali e norme strutturali basate sulla definizione di stabile organizzazione digitale), è stata bloccata dalla mancanza di unanimità degli Stati Membri UE alla chiusura della scorsa consiliatura. Alcuni Stati Membri hanno adottato /in cantiere norme ampiamente ispirate alla proposta UE (Italia, Francia, Austria/Spagna) ma alcuni – Italia Francia e Spagna – ne hanno sospeso/condizionato l’entrata in vigore fino alla fine dell’anno, quando si prevede che i negoziati in ambito OCSE (che a fine gennaio ha raggiunto un accordo cui partecipano 137 Paesi) possano giungere infine ad alcuni punti ampiamente condivisi a livello sovranazionale, facilitandone l’implementazione a livello di Trattati. Si ricorda che anche l’Ue ha deciso di perseguire la soluzione “internazionale” cercando un accordo all’interno dell’Ocse entro la fine dell’anno. Ma se questo accordo non arriverà, la Commissione europea ha fatto sapere che cercherà di mettere a punto una digital tax europea. In questi giorni l’OCSE ha pubblicato un rapporto di ricognizione delle politiche fiscali emergenziali messe in atto per l’emergenza Covid-19 nel mondo, e degli strumenti di politica fiscale utilizzabili per accompagnare il rilancio delle economie “Tax and Fiscal Policy in Response to the Coronavirus Crisis”. Nel rapporto l’accenno alle Action Plan in ambito BEPS, che riguardano il capitolo della tassazione digitale, indicano che verosimilmente diversi Stati procederanno autonomamente ad implementare forme di web tax, anche alla luce dei diversi impatti (limitati se non addirittura positivi), che la pandemia ha avuto sugli operatori digitali. Le trimestrali di questi giorni mostrano incontrovertibilmente che in questo periodo le multinazionali del web, già erano monopoliste del settore, e fra le prime imprese al mondo per fatturato, capitalizzazione di borsa, utili, ROE, in controtendenza con la quasi totalità dei settori economici impattati dalla pandemia hanno tutti gli indici in crescita. Non è chiaro se tale accenno dell’OCSE indichi, come auspichiamo, un richiamo a concludere positivamente i negoziati in ambito BEPS entro la fine del 2020, o una resa alla difficoltà di procedere nei tempi. In realtà la stessa Ocse ha riconosciuto che nella situazione critica generata dalla pandemia di coronavirus, diventa cruciale rispondere in maniera efficace alla sfide poste dalla digitalizzazione e garantire misure per la tassazione minima delle big tech. Secondo l’Ocse il forte impulso all’utilizzo di servizi su piattaforme digitali – basti pensare alla diffusione dello smart working e della didattica a distanza – possono rappresentare un nuovo stimolo a cercare un accordo a livello internazionale sulla web tax. D’altro canto in altra parte l’OCSE prevede che dopo la crisi molti governi saranno chiamati a mettere in campo misure fiscali difficili, motivo per cui aumenterà il numero di Paesi che vorranno adottare la web tax, non solo per aumentare le entrate fiscale ma anche per evitare disparità tra le imprese “tradizionali” – Pmi soprattutto – e le multinazionali che operano sul web.
Dumping e tassazione delle multinazionali del web priorità per Italia e UE, interventi in Parlamento. Di certo i nostri referenti politici in questi giorni stanno fornendo indicazioni favorevoli a interventi per risolvere le questioni del dumping fiscale e della tassazione delle multinazionali del web, che pesano, come CRTV ha più volte ribadito, sugli operatori nazionali aggiungendo la disparità di trattamento fiscale ottenuta ad altre (assenza di norme e regole) che falsano la concorrenza anche nel nostro settore
Il bilancio europeo “deve basarsi su nuove risorse proprie e su una digital tax europea” a carico dei “colossi dell’economia digitale” che spostano i “profitti”. Lo ha affermato il ministro italiano dell’Economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, in un’informativa alle commissioni Bilancio e Finanze del Senato sull’Ecofin. Gualtieri ha detto che l’Italia è impegnata a lavorare per l’introduzione della cosiddetta web tax come “risorsa comune per rafforzare il bilancio Ue”.Lo scorso febbraio, in vista del vertice Ue sul bilancio, anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva rilanciato sulla digital tax come strumento chiave per il bilancio Ue, affermando in occasione della sua comunicazione al Senato come fosse “necessario introdurre nuove forme di finanziamento capaci di assicurare il giusto contributo al benessere collettivo da parte delle grandi imprese del settore digitale, di chi sfrutta le differenze di tassazione negli Stati membri”.
In due distinte interrogazioni parlamentari presso la Commissione Politiche dell’Unione Europea, a inizio maggio la Sottosegretaria di Stato agli Affari UE Agea ha risposto in tema di fisco e multinazionali indicando la necessità di riprendere il file BEPS in ambito internazionale (OCSE) e la cooperazione rafforzata in ambito UE (art. 116 del Trattato), richiamando la lettera inviata da Ministro Gualtieri insieme ai suoi omologhi francesi e spagnolo alla Commissione UE.
Riportiamo di seguito qualche estratto
“L’Italia rimane in prima linea nel contrasto all’elusione fiscale e nell’instaurazione di un sistema fiscale europeo e internazionale equo, In questo contesto il Governo è intenzionato ad impegnare il massimo sforzo per raggiungere una armonizzazione delle politiche fiscali a livello europeo anche, qualora necessario, attraverso il ricorso alla cooperazione rafforzata prevista dall’articolo 116 del Trattato per correggere le distorsioni della concorrenza in materia fiscale.”
“La creazione di un nuovo sistema fiscale europeo e internazionale, adeguato alla profondità dell’integrazione delle filiere produttive e commerciali che caratterizza il ventunesimo secolo, è una delle sfide di policy chiave del nostro tempo. La pandemia globale sta ponendo una minaccia simmetrica alle nostre economie; si intravedono segnali di risposta da parte dei partner europei che per la prima volta mettono in discussione alcuni tabù.
I profitti delle multinazionali digitali globali non sono tassati in modo adeguato e il disallineamento delle politiche fiscali dei singoli Stati procura un danno all’economia europea dovuto agli effetti distorsivi di una «concorrenza fiscale» che secondo il rapporto «Tax Justice Network» ammonta a più di 27 miliardi di euro.
La dimensione di queste aziende e la concorrenza portata alle imprese locali non trovano alcun riscontro sul piano di un adeguato contributo fiscale che esse forniscono. Anzi, le società più profittevoli spesso sono quelle che pagano le imposte più basse. Questa situazione è stata da più parti segnalata come inaccettabile e insostenibile.
Un sistema internazionale di tassazione digitale ci permetterebbe di affrontare questo problema, stabilendo un prelievo equo e stabile, «tailormade» per i nuovi modelli di economia digitale.
Nei Rapporti Paese del 2018, la Commissione europea ha espresso rilievi critici sulle caratteristiche dei sistemi fiscali di tali Paesi in grado di favorire, secondo l’esecutivo europeo, un tax planning societario aggressivo, minando così l’integrità del mercato unico europeo. Appena un anno fa il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha inoltre approvato una risoluzione che proponeva l’inclusione di sopracitati cinque Paesi UE tra i «paradisi fiscali» dell’Unione.
Il Governo italiano sostiene da tempo le istituzioni europee affinché si giunga ad una soluzione entro la fine del 2020. Parimenti il Governo italiano sta lavorando instancabilmente per raggiungere un accordo in sede Ocse.
Lo scorso febbraio il Ministro dell’economia e delle finanze Gualtieri, la Vicepresidente e Ministro spagnolo per economia e trasformazione digitale Nadia Calvino, il Ministro francese dell’economia e delle finanze Bruno Le Maire ed il Ministro tedesco delle finanze, Olaf Scholz abbiano sottoscritto una lettera di intenti alla Commissione per sollecitare l’Unione a dotarsi di un sistema fiscale armonizzato.”