Direzione antitrust per DMA e DSA, pubblicità politica, telecom vs big tech sui costi delle reti. Al ritorno dalla pausa estiva, segnaliamo alcune attività in ripresa presso l’Unione Europea. Le elezioni politiche sono all’attenzione dei legislatori europei con le commissioni dell’Europarlamento al lavoro sugli emendamenti alla proposta di regolamento sulla trasparenza della pubblicità politica; si entra nella fase “operativa” in vista della entrata in vigore della nuova regolamentazione delle piattaforme e l’ambiente online all’interno delle due leggi quadro varate prima dell’estate, la legge sui servizi digitali DSA e la legge del mercato digitale DMA; torna all’attenzione il tema della neutralità della rete, a fronte della proposta della cosiddetta “telecom tax”, ossia la richiesta di far contribuire i big delle Rete ai costi di aggiornamento delle infrastrutture tlc.
La Commissione europea sta valutando la creazione di una nuova direzione per applicare efficacemente le nuove regole per il mercato digitale, in particolare per il regolamento DMA (legge sul mercato digitale). La nuova direzione del potente braccio antitrust della Commissione potrebbe essere guidata da Alberto Bacchiega, direttore dell’informazione, della comunicazione e dei media, attualmente responsabile dei casi di antitrust e fusione che coinvolgono i settori della tecnologia, dei media e dell’elettronica di consumo. Bacchiega potrebbe essere assistito da Thomas Kramler, capo dell’unità che si occupa di casi di antitrust nell’e-commerce e nell’economia dei dati, e attualmente guida le indagini su Apple e Amazon. Le Big Tech si stanno attrezzando con avvocati per combattere o almeno bloccare l’impatto della legislazione dell’UE. Gerard de Graaf della DG Connect ha affermato che “ci sono un numero enorme di avvocati. Potremmo facilmente avere 15, 20, 25 avvocati attorno al tavolo”, aggiungendo che, mentre l’Esecutivo è “preparato al contenzioso”, c’è ovviamente una preferenza per “una discussione costruttiva con le piattaforme piuttosto che un contraddittorio”. Le prime mosse dei gatekeeper si concentreranno verosimilmente sulla la designazione di servizi di piattaforma (core platforma services) e la ricerca di esenzioni.
A fine novembre 2021 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di Regolamento relativo alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica (COM(2021) 731 final). Il provvedimento, dopo un primo parere del Consiglio UE, è all’esame delle Commissioni del Parlamento Europeo, per i primi interventi emendativi. Con il voto per l’adozione della relazione principale nella commissione IMCO (mercato interno e la protezione dei consumatori), fissato per l’8 dicembre, e l’urgenza di concludere il fascicolo in tempo per le prossime elezioni del Parlamento Europeo, le commissioni stanno procedendo rapidamente nell’esame e la proposta di emendamenti al testo, per esempio la scadenza degli emendamenti in risposta al documento di Sandro Gozi (Renew, FR), relatore della Commissione IMCO, redigente sul testo (responsible), è stata anticipata al 14 settembre. A fianco della Commissione IMCO sono coinvolte anche la AFCO (Affari Costituzionali) e JURI (Affari legali) con funzioni consultive (opinion), Commissione Cultura (CULT) e LIBE (Libertà civili), queste ultime due con mandato più ampio (associated) e competenze esclusive su alcune norme specifiche. Le nuove norme dovrebbero entrare in vigore ed essere pienamente attuate dagli Stati membri entro la primavera del 2023, ossia un anno prima delle elezioni.
La Commissione europea dovrebbe aprire una consultazione pubblica in autunno per valutare se le grandi aziende tecnologiche debbano contribuire finanziariamente ai costi dell’infrastruttura telecomunicazioni di cui fanno ampio uso. Secondo indiscrezioni (Reuters, smentita dal MISE, si v. articolo del Corriere delle Comunicazioni) Francia, Italia e Spagna, hanno chiesto urgentemente una proposta legislativa per garantire che tutti gli attori del mercato contribuiscano ai costi delle infrastrutture digitali. In una lettera comune, i tre governi hanno affermato che i sei maggiori fornitori di contenuti rappresentano il 55% del traffico Internet generando costi specifici per gli operatori di telecomunicazioni europei in termini di capacità, in un momento in cui questi ultimi stanno investendo enormemente alle infrastrutture più costose delle reti con 5G e Fibre-To-The-Home (500 miliardi negli ultimi 10 anni, rapporto Axon Partners per Etno). Altri Stati membri, eurodeputati e sostenitori della neutralità della rete sono di avviso diverso. Germania, Irlanda, Svezia, Danimarca, Estonia, Finlandia e Paesi Bassi hanno diffuso a luglio una lettera congiunta in cui si afferma, tra l’altro, che qualsiasi cambiamento nella politica riguardante il rapporto tra operatori di telecomunicazioni e fornitori di piattaforme deve essere attentamente considerato in tutti i suoi aspetti e affrontato con tutte le parti interessate e in un dibattito aperto e trasparente (si v. articolo Key4Biz). Sul tema si era espressa in primavera anche Margrethe Vestager, commissario alla concorrenza UE, i regolatori europei starebbero studiando la questione per decidere se e in che modo gruppi come Alphabet, Meta e le aziende del video-streaming debbano pagare parte dei costi dell’aggiornamento delle reti.