CRTV: passare dalla autoregolamentazione alla co-regolamentazione senza indugi. “Il codice ha fornito un quadro per un dialogo strutturato tra i portatori di interessi finalizzato a una maggiore trasparenza delle politiche contro la disinformazione messe in atto dalle piattaforme nell’Unione europea. Allo stesso tempo, in sede di valutazione sono state riscontrate alcune carenze, dovute principalmente al carattere di autoregolamentazione del codice”. Così la Commissione UE , che ha presentato nei giorni scorsi la valutazione dell’attuazione e dell’efficacia del codice di buone pratiche sulla disinformazione.
I limiti del codice secondo CRTV. Il codice, come ricordato più volte da CRTV, costituisce un primissimo passo verso una forma di accountability, ma rimane limitato per ambito di applicazione (disinformazione pubblicitaria) e firmatari sottoscritto dalle maggiori piattaforme online (Google, Facebook, Mozilla, Microsoft, Twitter, Tik Tok) e le associazioni del settore pubblicitario, mancando in definitiva il carattere di condivisione con tutti gli stakeholder del sistema dell’informazione (per es. utenti e editori). Si tratta inoltre di autoregolamentazione su base volontaria. Su quest’ultimo aspetto si è espresso criticamente nel maggio scorso l’organismo dei regolatori europei Erga, sottolineando che il codice si sostanzia in prassi volontariamente messe in atto dai singoli firmatari sulla base delle proprie pratiche aziendali, che come tali non sono efficacemente comparabili né monitorabili. Erga ha quindi richiesto esplicitamente di passare allo stadio di co-regolazione. Il percorso verso la co-regolazione risale alla precedente consiliatura UE quando si era messe messi in piedi una serie di organismi – Stakeholder Forum, Gruppo di Esperti – di quest’ultimo, tra l’altro, era membro . la Consigliera CRTV Gina Nieri, che a suo tempo aveva osservato che nel codice si era raggiunto solo “un minimo sindacale”.
La valutazione, risultanze. La valutazione appena pubblicata riguarda i primi 12 mesi di attuazione del codice. La Commissione constata miglioramenti in tema di responsabilità delle piattaforme e controllo pubblico delle misure adottate dai firmatari. Tuttavia, la qualità delle informazioni comunicate è ancora insufficiente e permangono carenze che ne limitano l’efficacia, quali: “assenza di indicatori prestazionali chiave (KPI) adeguati per valutare l’efficacia delle politiche delle piattaforme per contrastare il fenomeno; mancanza di procedure più chiare, di una definizione comune e di impegni più precisi; mancanza di un accesso ai dati che consenta una valutazione indipendente delle tendenze emergenti e delle minacce poste dalla disinformazione online; mancanza di cooperazione strutturata tra le piattaforme e la comunità dei ricercatori; necessità di coinvolgere altre parti interessate, in particolare del settore pubblicitario”. Si tratta di non poche carenze e di una certa rilevanza.
L’effetto Covid . L’ “infodemia” online constatata dalla Commissione durante il periodo dell’emergenza della Covid (confermata per l’Italia dall’Osservatorio delle piattaforme online AGCOM) è sfociata nella comunicazione del 10 giugno 2020. In quell’occasione la Commissione “ha mantenuto uno stretto contatto con le piattaforme che aderiscono al codice di buone pratiche”, recita il sito della Commissione, “per fare in modo che le tutele ivi previste fossero effettivamente applicate. E le piattaforme hanno dimostrato di essere in grado di migliorarsi rispetto ai risultati ottenuti in precedenza nell’ambito del codice. Le misure adottate hanno portato a risultati concreti e misurabili, costituiti dall’aumento dell’importanza attribuita a fonti di informazione autorevoli e dalla disponibilità di nuovi strumenti che consentono agli utenti di valutare criticamente i contenuti online e di segnalare eventuali abusi. Con la crisi si è inoltre assistito a un rafforzamento delle collaborazioni con i verificatori di fatti e i ricercatori e, in alcuni casi, al declassamento o alla rimozione di contenuti verificati e rivelatisi falsi o fuorvianti e potenzialmente dannosi per la salute pubblica”.
CRTV: si parla di informazione, ma i media non vengono considerati. Parallelamente alla valutazione del codice di buone pratiche, la Commissione ha pubblicato anche le prime relazioni di riferimento sulle misure adottate dai firmatari dello stesso. Ad un primo esame delle risultanze di questo primo anno, si segnala che fra le fonti autorevoli non risultano i media, nonostante il ruolo svolto durante la pandemia proprio per contrastare la disinformazione sul Covid. Per l’Italia si pensi ai due Osservatori AGCOM sulla disinformazione online “speciale coronavirus” , dai quali emerge il ruolo fondamentale dei media nell’arginare il fake durante l’emergenza. Risulta inoltre che le piattaforme hanno a disposizione gli strumenti per intervenire su account dubbi e comportamenti manipolativi. Per ora le piattaforme sono responsabilizzate solo per i contenuti “dannosi”, o su temi o aree specifiche – Covid, ma anche comunicazione politica, si pensi alla collaborazione richiesta “sempre su base volontaria (ndr)” a livello UE e nazionale. Ma qualche passo deve essere fatto anche per quelli illegali, e il ruolo della direttiva copyright e e-privacy sono importanti a tale riguardo. Sono questi temi che rientrano fra le considerazioni fatte in tema di responsabilizzazione delle piattaforme nelle consultazioni UE che si sono chiuse di recente dove CRTV non ha mancato di produrre il proprio contributo. Le piattaforme non garantiscono completamente l’accountability verso utenti e industria.
Procedere alla co-regolazione è necessario e urgente. In occasione della pubblicazione dell’assessment, Věra Jourová, vicepresidente per i Valori e la trasparenza ha dichiarato “Il codice di buone pratiche ha dimostrato che le piattaforme online e il settore pubblicitario possono fare molto per contrastare la disinformazione, quando sottoposti al controllo pubblico. Ma è necessario un aumento della responsabilizzazione e della responsabilità delle piattaforme, che devono diventare più trasparenti. È giunto il momento di andare oltre le misure di autoregolamentazione”.
Regolazione ex ante dell’ambiente online sui principi e co-regolazione effettiva in un’ottica di level playing field (condivisa con tutti gli stakeholder e monitorata per un suo costante aggiornamento), sono passi necessari e urgenti.